A Davos la Russia traccia il suo futuro

Il premier russo Dmitri Medvedev durante il suo intervento al World Economic Forum di Davos, in Svizzera (Foto: RIA Novosti / Dmitry Astakhov)

Il premier russo Dmitri Medvedev durante il suo intervento al World Economic Forum di Davos, in Svizzera (Foto: RIA Novosti / Dmitry Astakhov)

Nella cittadina svizzera per il World Economic Forum, gruppi di esperti hanno studiato le prospettive di sviluppo del Paese. Il premier russo Medvedev: "Ci aspetta un domani meno grigio di quello che appare". E intanto sogna le presidenziali del 2018

La Russia non intraprenderà nessuna delle vie di sviluppo tra quelle prospettate il 23 gennaio 2013 al World Economic Forum (Wef). Questa la dichiarazione rilasciata a Davos (Svizzera) dal premier russo Dmitri Medvedev. Durante la discussione legata al futuro dell’economia della Federazione, gli esperti del Wef, presentando la relazione “Le strategie di sviluppo della Russia”, hanno infatti ipotizzato tre possibili piani di sviluppo del Paese. Tre ipotesi che sono state però tutte scartate.

Il primo scenario si basa sulla caduta sostanziale del prezzo del petrolio fino a 60 dollari al barile. Una supposizione che presume un rallentamento nello sviluppo di tutte le sfere dell’economia, cui farebbe seguito la nascita nel Paese di una sola compagnia petrolifera statale. Un’idea comunque poco probabile, secondo l’ex ministro russo delle Finanze, Alexei Kudrin.

La seconda ipotesi, al contrario, prevede un forte aumento del prezzo dell’energia. In questo caso solo in apparenza la situazione potrebbe far credere che il Paese stia rafforzando la propria posizione. Grossi profitti derivanti dal petrolio potrebbero, al contrario, sviluppare la classe media, che con il tempo potrebbe assumere un ruolo sempre più chiave in campo politico. Dando il via a cambiamenti nella sfera della società che rischierebbero di portare a una destabilizzazione interna al Paese.

"Ma ciò che potrà accadere per il momento non è affatto chiaro", ha detto il rettore della Scuola russa di Economia, Sergei Guriev. Guriev è infatti convinto che non ci siano nella storia precedenti paragonabili a quello russo, e per questo risulta molto difficile immaginare come potrà svilupparsi la situazione in simili scenari.

La terza opzione si basa sul fatto che i prezzi del petrolio potrebbero risultare un po’ più bassi rispetto a quelli attuali, con il conseguente rafforzamento economico delle regioni. All’interno del Paese si delineerebbero regioni-leader, che imparerebbero ad attrarre investimenti con il risultato di diventare praticamente indipendenti: una minaccia per l’integrità del Paese. Un’ipotesi altrettanto inverosimile per il numero uno di Sberbank, German Gref. “Tutti questi scenari, compreso l’ultimo, fanno credere che non succederà niente”, ha detto il banchiere.

Il premier russo Dmitri Medvedev, intervenuto dopo la presentazione della relazione, ha affermato che la Russia non ne intraprenderà nemmeno uno, fra quelli ipotizzati. Ne troverà un quarto, ha detto, dai contorni assai meno pessimistici. Anzi, secondo Medvedev, una quarta ipotesi sarebbe già in fase di realizzazione. In particolare, alcune regioni hanno iniziato ad attrarre investimenti e a lavorare con i capitali in maniera per niente peggiore rispetto ad altri leader mondiali. E la dipendenza economica dal prezzo del petrolio inizia a diminuire.

Allo stesso modo Medvedev durante il forum a Davos ha sottolineato che lo Stato sta riducendo il proprio coinvolgimento nell’economia del Paese. Inoltre, sostiene Medvedev, non è possibile prendere in considerazione l’affare relativo all’acquisizione da parte di Rosneft della compagnia TNK-BP. Il premier ha spiegato che si tratta di una fusione forzata. E visto che una parte di Rosneft in breve tempo sarà privatizzata, l’aumento della quota statale nel settore del petrolio in questo caso diventa convenzionale.

Ad ogni modo, ha sottolineato, la domanda principale oggi per gli investitori è legata alla capacità dell’economia russa di attrarre investimenti. “Sarebbe molto interessante sapere in che modo Medvedev immagina di poter aumentare la competitività delle nostre imprese - ha commentato Stanislav Radkevich, dottore in scienze politiche -. Se mi trovassi al posto di un investitore straniero, cosa farei? Cercherei un mercato che si sviluppa in maniera stabile, settori che si dimostrano fermi, e imprese importanti. Solo allora investirei i miei soldi in questa direzione”.

Oltre alle strategie, il premier ha portato all’attenzione della platea anche altre iniziative e nuove decisioni.

Innanzitutto, Medvedev ha annunciato che potrebbe prendere parte alle elezioni presidenziali del 2018.

In realtà, ha precisato, non è intenzionato a fare concorrenza all’attuale capo del governo Vladimir Putin. Anche se il leader del fondo “Effektivnaya politika”, Gleb Pavlovskij, è sicuro che Medvedev non parteciperà alle presidenziali: “Sta perdendo popolarità – ha detto -. E allo stesso tempo Putin sta dimostrando nei suoi confronti una chiara mancanza di fiducia”. Medvedev ha inoltre parlato della possibilità che Gazprom perda il monopolio sull’export del gas, visto che sul mercato si stanno affacciando nuovi protagonisti. Secondo gli esperti in primo luogo si tratterebbe di Novatek.

“Concedendo a Novatek il diritto di esportare autonomamente il gas, aumenterebbe la domanda di combustibile russo”, sostiene Vitaly Kryukov, del gruppo Kapital. Lui è convinto che l’Europa non sia contraria ad acquistare gas russo: gli europei vorrebbero semplicemente una maggiore diversificazione dei fornitori e l’eliminazione del monopolio di Gazprom. 

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