Festa del cinema di Roma

IL FUTURO
IN SALITA

Giovane e visionario.
Il regista Vladimir Beck
rappresenta quella nuova gioventù moscovita.
Brillante e audace



di Polina Kortina
...Un giorno sarai abbastanza vecchio da ricominciare a leggere le fiabe
Clive Staples Lewis, "Le cronache di Narnia"
Il 16 ottobre s'inaugura la decima edizione della Festa del Cinema di Roma. La Russia sarà presente con il film di un giovane regista, Vladimir Beck: "Ptichka" (Little bird). Un racconto che mostra lo scontro con i sentimenti, l'abbandono dell'infanzia, la fine dell'età della spensieratezza.
IL REGISTA
Dopo aver frequentato la Scuola d'Arte, Vladimir Beck a 16 anni si è iscritto al VGIK - l'Università cinematografica statale russa - e ha studiato con i registi Vladimir Khotinenko e Vladimir Fenchenko. Oltre a "Little bird" ha girato anche un altro lungometraggio, "SenzaPelle". Ha vinto per due volte il Festival dei debuttanti, "Dvizhenie" - Movimento. Il 21 ottobre si terrà la prima mondiale del suo film alla Festa del cinema di Roma
L'INCONTRO
Mosca. Nove del mattino, un sabato. L'appartamento di Vladimir Beck è in un palazzo d'epoca, nel centro di Mosca. Vive da solo e lo spazio è luminoso, inondato di luce, quasi un regalo nel settembre moscovita. Luminoso e personale: un segnale stradale preso chissà dove, un palloncino a forma di tucano a mezz'aria, tazze per il the, la ceneriera ricolma di cicche di sigaretta. Lo spazio in cui vive un ragazzo di ventidue anni che ha deciso di lavorare trasformando il suo flusso di pensieri, le sue emozioni, i suoi sentimenti in immagini da regalare agli altri.
Dalla finestra si alternano tetti quasi pietroburghesi e le strade quasi vuote. Il riverbero del sole nelle pozzanghere. La Moscova in lontananza.
"Little bird" è nato da un suggerimento dei suoi professori. "Era una prova: ho messo in piedi una troupe di non professionisti, molti ragazzini, difficili da gestire. Ma c'è l'ho fatta e sono contento di poter presentare il mio film all'estero".
IL FILM
Il film è ambientato in un campo estivo per bambini. Ogni protagonista vive con i propri tormenti, e ognuno affronta in maniera diversa i sentimenti e le situazioni che la vita gli presenta. Una storia commuovente su come una mattina ci si sveglia senza riuscire a togliersi dalla testa una persona. Non importa se si ha 14 anni, 26 e 70: tutto in questo film ruota attorno ai sentimenti che irrompono nel mondo dei protagonisti. In maniera indefinita. In modo ruvido o elevato, si attaccano e li assorbono, conducendoli lontano dalla realtà. Il campo estivo è una gabbia. Un mondo serrato.
Che non offre alcuna via di fuga
25
giorni

90
minuti
11mila
euro
Come hai cominciato a girare "Little bird"?
Il mio maestro, Vladimir Fenchenko, mi ha messo in contatto con alcune persone. Le riprese sono state realizzate in un campo scuola insieme ai ragazzi lì in vacanza, che hanno imparato cos'è il cinema girando le scene. Poi ho chiamato degli attori professionisti con i quali avevo già lavorato in passato. I finanziatori non avevano esigenze concrete e io potevo raccontare la storia così come me la immaginavo. Quasi undicimila euro. Un film da festival. Consenso unanime.

Ci sono anche "scene di massa" con molti ragazzi. È stato difficile girarle?
All'inizio ho spiegato che il cinema è un lavoro e non uno svago che si poteva girare con i ragazzini, provare, abbiamo fatto venire sul set dei maestri di recitazione. Abbiamo dialogato insieme, gli abbiamo mostrato dei film.


LA RASSEGNA
Perché proprio alla Festa del cinema di Roma?
Inizialmente avevamo la possibilità di essere inclusi in una delle sezioni di Cannes. Ma poi non è andata così. Quando è arrivato l'invito da Roma, sono stato io a decidere, d'impulso. E mi lusinga molto l'idea di essere lì per la prima. È il mio primo festival internazionale importante.

Le edizioni passate

Vincitori

2013 - Aliona Polunina - "Nepal Forever", Premio CinemaXXI
Andrei Silvestrov e Yury Leiderman "Birmingham Ornament II", Premio Speciale della Giuria – CinemaXXI
2006 - Kirill Serebrennikov - "Izobrazhaya Zhertvy", Premio Marco Aurelio al miglior film

Partecipanti

2014 - Aleksei Fedorchenko "Angely revolucii", Cinema d'Oggi
2013 - Fuori concorso: Fedor Bondarchuk "Stalingrad"; Aleksei German "Trudno byt Bogom"
2012 - Aleksei Fedorchenko "Nebesnye zheny lugovykh mari";
Fuori concorso: Bakhtiar Khudojnazarov "V ozhidanii morja",
In concorso: Ivan Vyrypaev "Tanets Deli", CinemaXXI
2011 - Documentario in concorso: Vitaly Manskiy "Patria o Muerte"
2007 - Sergei Bodrov "Mongol" (Kazakistan, Russia, Germania)
"So che per poter creare occorre darsi un limite perché l'atto creativo è una scelta: quando dici di sì, dici di no a qualcos'altro. Ho osservato che se sottrai qualcosa a te stesso sul piano tecnico e pratico riesci a scoprire qualcosa di te entro determinati limiti. Se senti esattamente che per rappresentare la morte occorre solo una luce bianca e niente di più, questo ti fornirà un potente impulso all'autorealizzazione"
L'ITALIA
Qual è la tua idea dell'Italia?
È molto legata alla pittura. Mi viene da dire che per me l'Italia è in primo luogo Michelangelo. La prima volta che ci sono stato avevo dieci anni e sono rimasto folgorato.

Quali registi italiani ti hanno influenzato di più?
Innanzitutto Visconti. Poi Antonioni. E ritengo fondamentale la lezione del neorealismo: ha liberato il cinema dalla stessa patologia che aveva afflitto la pittura nel XIX secolo. Ovvero la dittatura dei salotti e dell'elitarismo. Ha cominciato a raccontare le persone alle persona. E poi c'è Fellini…

Ce ne parli?

Fellini sovrasta tutto e tutti. Puro cinema. Difficile da definire: per me non è solo un cineasta ma un'artista completo, uno dei più importanti del '900.

"Amo l'Italia, è scontato. Mi addolora ciò che succede lì. Una mia amica italiana dice: "Hanno distrutto il mio Paese". Io non saprei dirlo, so solo che è il luogo più bello che esiste in Europa. E se anche qualcuno lo distrugge, non esiste comunque niente di più bello di queste rovine"
LA PARTICOLARITÀ
A cosa vorresti fosse correlato il tuo tipo di cinema?
Esiste un cinema della contemplazione e un cinema dell'attesa. Non credo alla prevalenza del racconto, della trama, per me non ha senso. Spesso osservo il cinema cadere nella trappola dell'aspettativa: accade quando lo spettatore, per tutto il tempo, vorrebbe correre in avanti, conoscere in anticipo quello che accade. Ma così facendo si perde di vista la cosa più essenziale: il mondo in cui la storia si sviluppa. È proprio questo mondo la cosa essenziale. Solo così il cinema può arrivare al suo obbiettivo: costruire immagini.

Non c'è un messaggio nel tuo cinema? Solo immagini?
Certo che c'è. E inizia proprio rispettando lo specific cinematografico. L'arte deve rispondere alla domanda "che cosa c'è"? E come nella prefazione al "Dottor Zhivago" di Pasternak: "L'artista deve ricercare il senso di quelle parole, il cui significato abbiamo smarrito nel XX secolo: amore, tenerezza, amicizia sono tutti quei concetti astratti di cui ci serviamo ogni giorno senza comprenderne il significato". L'arte deve tenere insieme ogni secondo questi significati.

Come definiresti il tuo cinema?
Non lo so fare. Immagini di voler disegnare la Cappella Sistina e di avere a disposizione solo un foglio nero e moltissimi colori. Ho 22 anni e non so a quale cinema sto andando incontro.

È corretto dire che hai trovato la tua squadra, un gruppo di persone che condividono la tua idea?
Sì, assolutamente. Io non ho l'ambizione di filmare da solo. Il mio operatore, Ksenia Sereda, è il mio cuore e i miei occhi. Io non riesco a immaginare, come potrebbe esistere il mio cinema senza di lei. Il nostro strano legame trascendente è emerso sin dal primo film "SenzaPelle". Se trovi l'operatore che è come un prolungamento di te, è una grande vittoria. Nel mondo attuale è una rarità. Con l'artista Nina Vasenina abbiamo lavorato sin dal primo film. Lei è una persona senza compromessi che mi dice che necessario non è essere compresi, bensì essere se stessi. Mi è sempre piaciuto il suo gusto per il cinema, per il mondo, per tutto quanto la circonda. Sento che finché non manda gli schizzi dei costumi dei personaggi, io sono senza personaggi, vedo il personaggio solo attraverso lei.

"Se è felice, l'uomo riuscirà sempre a compiere passi avanti, superando la catastrofe delle delusioni. Siamo ostaggio dei nostri sentimenti, delle nostre percezioni, solo così possiamo essere felici, in nessun altro modo, tutto il resto è illusione. Continueremo a coltivare le nostre aspirazioni, malgrado tutto. Qualche volta ciò crea dei conflitti, per esempio, una persona che ti è cara muore e ti sei innamorato di un'altra e hai l'impulso di vivere ed essere felice, ma questo non significa che non soffri per la sua perdita. Non ci si deve colpevolizzare per questo anche se è terribile e immorale sul piano sociale, come ogni felicità"
Poi c'è l'attore… Petr Skvortsov (protagonista principale di due film) me lo ha presentato una mia amica e quando l'ho visto per la prima volta, per poco non sono svenuto. Me ne sono innamorato subito. E questo non è mai passato, lui cambiava e a me è sempre sembrato che fosse il mio eroe inesauribile, in lui c'è quanto io non ho ancora scoperto, quello che io non vedo. Con Rita Tolstoganova (protagonista principale del film "Little bird") ci siamo conosciuti sul set del film. E anche qui è stato amore a prima vista. Ho visto tutto con gli occhi e basta. Il mio compositore è Dima Evgrafov. Lui è autodidatta e vive come un'asceta a 150 chilometri da Mosca. Lui è un po' islandese.



Quando realizzo un film la prima cosa che faccio è mettere i Sigur Rós e la cosa più terribile è che sento il bisogno di riprodurli e loro sono irriproducibili perché non c'è niente di più tosto
IL PRIMO FILM
È estate. Frequentando il corso di recitazione, Liza conosce un ragazzo e decide di accompagnarlo nel laboratorio di scultura di suo padre, dove i due trascorrono insieme alcuni giorni. In questo spazio serrato la loro relazione si tramuta in un gioco.
Senza barriere. Senza tempo. Sensibile.
Come fossero "senza pelle"
10
giorni
72
minuti
420
euro
Come hai girato "SenzaPelle"? C'era dell'imbarazzo?
Gli attori sapevano fin dall'inizio che sarebbero stati nudi. Se nei primi giorni un po' di imbarazzo si percepiva, poi ci si è abituati. Mi piacciono le persone nude. In questo film la nudità non è percepita come qualcosa di vergognoso. Perché siamo noi stessi che ci rapportiamo così.

In questo film l'attrice principale è il tuo riflesso, vero?
Sì. Lei è esattamente il mio alterego. In lei c'è molto di me. Lei è in totale disconnessione con sé stessa. Sono io questa esaltazione, questa signorina inventata che si confronta con qualcosa reale fino a tal punto che la rovescia come un guanto.

Li hai fatti volontariamente androgini?
Ho cercato di renderli così. La difficoltà iniziale era quella di trovare un punto in cui venisse meno la barriera tra "te ed io", tra il "reale e il non reale" e, forse, anche tra il "maschile e il femminile".

La sensazione che non è possibile preservare niente quando ci si scontra con la realtà?
Preservare qualcosa è possibile, ma ciò non è compatibile con la realtà. Come dire, quello che accade, per esempio, all'interno di questo appartamento non sarà mai lo stesso quando esce da qua. Per me, il più alto grado di vicinanza si è mantenuto proprio nell'ermeticità di questa vicinanza, nell'assoluto perdersi del tempo.
IL FUTURO
Il tuo cinema è piuttosto un cinema delle domande, che non delle risposte?
Aleksandr Mitta, il mio pedagogo, ha detto una cosa sconvolgente: "Noi non siamo il farmaco, noi siamo il dolore". Questa è una cosa molto importante. Noi non siamo il farmaco. Non siamo qui per rallegrare e raccontare come tutto vada bene. Niente va bene finché non sentite, non scegliete, non pensate, non vi arrabbiate, non vi opponete, non cercate. Noi qui serviamo per costringere la gente a porsi queste domande. Se noi gli fornissimo, al contrario, le risposte, sarebbe un balsamo.

In condizioni ideali, di produzione e di finanziamenti, su che cosa faresti un film?
Sono tante le cose su cui vorrei girare un film, ma adesso sono due i temi principali che mi interessano e che non richiedono un grande budget. Il primo: l'unica via dell'uomo verso la felicità è l'assenza di ogni sistema collettivo. Il secondo: l'inadeguatezza dell'uomo nei confronti della vita. C'è un libro che mi piacerebbe molto trasporre: "I quasi adatti" di Peter Hoeg e "Il cardellino" di Donna Tartt. La disperazione fornita dall'inadeguatezza e l'incapacità di vivere spontaneamente sono per me argomenti importanti.

I FINANZIAMENTI
Lo Stato sostiene il cinema giovane?
È difficile girare per i giovani registi appena usciti dall'istituto. Io dallo Stato non ho ricevuto soldi né per il primo, né per il secondo film.

Come farai a vivere così?
Ci sono due vie: continuare a lavorare con il mio produttore o diventare un cliente del festival. Anche se io ormai non lo sono diventato. Voglio dire, io non sono Xavier Dolan. Ancora tre anni, e non sarò neppure Steven Soderbergh. Devi capire che l'attuale situazione nell'ambiente del cinema è difficile. Adesso è molto dura con i soldi, hanno paura di distribuirli. Lo Stato limita il suo finanziamento e ciò che è peggio ha cominciato a dare spazio ad una censura nascosta. Nell'URSS dicevano che la censura era buona cosa. Ed è così infatti, perché impari a scrivere fra le righe. Ma non mi scoraggio: io, nella mia testa, dipingo sempre un quadro impossibile. Questo deve fare il cinema, no?

I nostri approfondimenti

Storia di Polina Kortina
Realizzato da Polina Kortina, Oleg Krasnov,
Lucia Bellinello, Ludmila Petukhova, Vladimir Zavialov
Foto di Mark Boyarsky
Video di Ruslan Faisulin, Vladimir Beck
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