Nella miniera più profonda d’Europa: viaggio a Gaj, 1.075 metri sotto terra

Roman Bajkalov/ufficio stampa UGMK
Ai tempi dell’Unione Sovietica il lavoro di minatore era mitizzato e le imprese eroiche degli stacanovisti riempivano le prime pagine dei giornali. Ma ancora oggi, chi scende nel sottosuolo lo fa con passione e spesso con l’orgoglio della tradizione familiare

L’ambiente della miniera ricorda un po’ i tunnel della metropolitana, con l’unica differenza che là i passeggeri ci trascorrono qualche minuto abbastanza confortevole, mentre qui i minatori devono faticare, in un ambiente buio e umido, per l’intera giornata lavorativa. La piccola città di Gaj, 1.750 chilometri a sudest di Mosca, nella Regione di Orenburg, vive solo di questo: è cresciuta alla fine degli anni Cinquanta attorno alla locale miniera, dove ancora oggi è impegnata un terzo della forza lavoro locale: 7.500 persone (in totale, gli abitanti sono poco più di 35 mila).

In ucraino e in bielorusso “gaj” è l’equivalente della parola russa “roshcha”; ovvero “boschetto”. E proprio in un boschetto di betulle scavarono il primo pozzo di sondaggio e decisero poi di fondare il complesso estrattivo-industriale che avrebbe dato vita alla città. L’azienda comprende una miniera sotterranea, una a cielo aperto, la direzione delle attività estrattive e l’impianto dove i minerali estratti vengono fratturati e separati dalle impurità. Qui si estraggono rame, zinco, oro e argento. Ma i minatori lavorano con la roccia nel suo aspetto iniziale, e i futuri metalli, quando ci hanno a che fare loro, appaiono come un ammasso polveroso di pietre grigio scure.

L’equipaggiamento del minatore

Il turno lavorativo del minatore dura circa sette ore e inizia dallo spogliatoio. Dell’equipaggiamento in dotazione fanno parte biancheria intima di cotone, calzini di lana, giacca, pantaloni, alti stivali di gomma e, ovviamente il casco. In una speciale sala, chiamata lampovàja, i minatori vengono poi dotati della luce da mettere sul casco e del kit di salvataggio. In caso di incidente questo bidoncino metallico dà una riserva di ossigeno. Al suo interno si trovano infatti un sacchetto con un reagente chimico che trasforma l’anidride carbonica, un morsetto per il naso e un tubo attraverso il quale inspirare ed espirare.

“Se usato correttamente, questo sistema dà un’autonomia di 60 minuti. L’importante è non farsi prendere dal panico”, consigliano gli istruttori. Ma la cosa più importante, a quanto pare, è all’inizio riuscire ad aprire il tappo che lo chiude, che è durissimo.

Dopo che il fanale frontale è stato fissato sul casco, bisogna imparare a parlare con i colleghi senza guardarli in faccia, se no li si acceca, con quel fascio di luce. Proprio il fanale è un elemento chiave per salvarsi la vita in caso di problemi. Al suo interno c’è infatti un geolocalizzatore, grazie al quale in tempo reale si può sapere dove si trova il lavoratore e quindi dove mandare le squadre di soccorso, in caso di bisogno.

Per la comunicazione con le squadre che si trovano in superficie è stato pensato tutto un sistema di segnali. Per esempio, se il minatore lampeggia due volte con il fanale, significa che deve mettersi in contatto. Per far questo, sotto terra ci sono dei telefoni fissi.

I semafori sotterranei

La miniera di Gaj è considerata una delle più profonde in assoluto d’Europa tra quelle dove si estrae minerale contenente rame. Qui si lavora a una profondità di 1.075 metri. Al punto necessario si scende con uno speciale ascensore simile a una gabbia, privo di porte, che va a una velocità di otto metri al secondo e frena progressivamente, quando si avvicina al “piano”. Alla fine si esce in un labirinto di vie malamente illuminate e, camminando a fatica nel fango per raggiungere il mezzo di trasporto di servizio, si capisce perché siano necessari gli stivali di gomma.

Gli spostamenti all’interno della miniera sono lenti e non diretti: nei 220 chilometri di strade sotterranee ci sono circa mille incroci. Così, proprio come nella vita in superficie, il traffico è regolato da semafori. “Sono automatici e reagiscono agli ultrasuoni emessi dai trasmettitori che si trovano nelle lampade dei minatori”, spiega Vladislav Savelev, elettricista capo della miniera sotterranea.

Quando il semaforo è rosso, il guidatore deve fermarsi in una piazzola di manovra e lasciar passare chi arriva in senso opposto”. Per la riparazione e la manutenzione delle macchine della miniera, alla profondità di 990 metri operano un autolavaggio e un’officina meccanica.

Alla stessa profondità, i minatori hanno una mensa simile a una caverna: proprio sotto l’arco del tunnel della miniera ci sono un lungo tavolo e due lunghe panche, forni a microonde e rudimentali armadietti di metallo per oggetti personali. Il “tormozòk”, come è chiamata nello slang dei minatori la gavetta con il cibo, se lo portano da casa.

Non è un mestiere per donne

Secondo le stime, le riserve di minerali nel sottosuolo di Gaj dovrebbero essere sufficienti per almeno altri 40 anni di attività. La procedura di estrazione ha diverse tappe: inizialmente vengono fatti dei buchi nella roccia, poi vi vengono inserite delle cariche esplosive che sono fatte saltare. Quindi la massa di pietre risultante è raccolta da una sorta di escavatore: una speciale macchina lunga e stretta che porta il tutto fino a un congegno di trasporto, per mezzo del quale finisce su un convogliatore e da lì va in superficie o, come dicono i minatori “su in montagna”.

A ogni turno di lavoro sotto terra partecipano circa 500 lavoratori. La stragrande maggioranza di loro sono uomini. Questo deriva dal fatto che la lista delle professioni vietate alle donne per legge comprende anche il lavoro sotto terra. Quindi, tra i minatori, donne non ce ne sono. Eppure nella miniera ci sono delle lavoratrici: ad esempio nel magazzino dei materiali esplosivi, che pur si trova alla profondità di 685 metri.

“Io sono in un certo qual senso un’avventuriera, e quando quattro anni fa mi hanno offerto un lavoro sotto terra, l’ho accettato, in gran parte per curiosità”, dice Tatjana Baeva. “Da noi nel magazzino tutto è automatizzato e per questo il nostro lavoro non è certo pesante come quello degli uomini. Il magazzino è poi molto esteso e dovendo correre di qua e di là tutto il giorno, certo non soffriamo il freddo”. Lo soffrono invece i “turisti” che partecipano al tour di due ore sotto terra: dopo essere stati un po’ alla temperatura di +14 ºC si ha voglia di riscaldarsi, ed è probabilmente per questo che negli spogliatoi ci sono la banja e i pavimenti riscaldati.

Le gare per produrre di più

Il turno del minatore finisce ogni giorno nella sala di controllo del complesso estrattivo. Là c’è un grande schermo con sopra i risultati di produzione di ogni squadra di lavoratori. I minatori lavorano in gruppi, detti brigate, e tra queste brigate c’è una sorta di competizione: per chi produce più di tutti e supera di più gran lunga le quantità minime stabilite dal piano. L’obiettivo da qui al 2021 è far aumentare la quantità di minerale estratto da 8 a 9 milioni di tonnellate all’anno. 

I migliori qui sono conosciuti e chiamati con il nome del capo nella “squadra”: la Brigata Khristoforov o la Brigata Letov, per esempio. Questa tradizione risale al periodo sovietico, quando le imprese eroiche dei lavoratori del sottosuolo riempivano spesso le pagine dei giornali. 

Oggi questi temi sono molto meno appetibili per i mass media, ma la competizione continua ad essere un elemento di motivazione molto importante sul lavoro. La miniera di Gaj rifornisce di materiale una delle più grandi holding del settore del rame, la Ural Mining and Metallurgical Company, e ricopre il secondo posto in Russia per estrazione di questo metallo, dopo la miniera di Norilsk. Ma il fatto non sta solo nel voler diventare primi, e nemmeno nel salario dei minatori, che per il costo della vita in questa regione della Russia è considerato alto. “La maggior parte delle persone viene a lavorare qui per calcare i passi dei genitori”, dice il vicedirettore per gli Affari generali Aleksandr Mikhin. “In ogni famiglia, qui, c’è almeno una persona legata a questa industria. Nelle miniere nessuno scende per caso”.

Queste coloratissime miniere di sale degli Urali sembrano un trip di acidi 

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