Il tragico destino del Pelé russo: dove sarebbe arrivato senza vodka e scandali sessuali?

Albert Pushkarev, Igor Utkin/TASS
Eduard Streltsov, leggendario attaccante del Torpedo Mosca tra gli anni Cinquanta e Sessanta, aveva un talento infinito ma un carattere difficile. Al vertice della carriera fu accusato di stupro in una storia mai chiarita fino in fondo, e finì in un campo di lavoro

I fan del Torpedo Mosca erano soliti scherzare: “Se Pelé bevesse caffè, tanto quanto Eduard Streltsov beve vodka, sarebbe già morto.” Streltsov era spesso paragonato a Pelé, ma non ha mai avuto la possibilità di affrontarlo sul campo.

La ragione è molto triste: pochi mesi prima della sua prima apparizione in una Coppa del Mondo, quella del 1958 in Svezia in cui l’Urss debuttò, Streltsov fu arrestato con l’accusa di stupro e condannato a 12 anni di prigione. Anche dopo aver scontato la pena (ridotta a cinque anni) a Streltsov fu vietato di giocare in nazionale. Ma perché questo grande talento finì nei guai?

Un carattere tormentato

Alla fine degli anni Cinquanta Streltsov era considerato un supereroe. “La chiave del successo era semplice: un grande talento sportivo unito a un grande fascino da ragazzo della porta accanto; un volto onesto, un sorriso caloroso… Era un miracolo sul campo”, ha scritto l’editorialista sportivo Svjatoslav Vasylyk.

Nel 1954, a soli 16 anni, Streltsov debuttò con il Torpedo Mosca (oggi una nobile decaduta, che milita nella serie C russa), e nella stagione successiva trascinò la squadra dal nono al quarto posto, segnando 15 gol in 22 partite. Nel 1956, Streltsov, insieme alla squadra olimpica sovietica, andò a Melbourne e contribuì a vincere il torneo.

Cresciuto senza padre, il giovane attaccante non fu mai un calciatore disciplinato. “Una volta arrivò in ritardo per la trasferta di un’importante partita internazionale e dovette inseguire il treno in auto”, ha ricordato il giornalista sportivo Petr Spektor.

Un’altra volta, nel febbraio del 1958, l’attaccante passò diversi giorni in una stazione di polizia per una rissa tra ubriachi. “Ma fu perdonato, e lo lasciarono tornare in nazionale”, ha scritto Spektor. Due mesi dopo, tuttavia, Streltsov si trovò in guai ben più gravi.

“Mi ha trascinata a letto”

Il 25 aprile 1958, Streltsov e due compagni calciatori andarono alla dacia di un amico con quattro ragazze. Una di loro, Maria Lebedeva, secondo i testimoni oculari, mostrava interesse per Streltsov. Mentre tutti si ubriacavano sempre di più, i due si baciavano appassionatamente, ma poi la situazione divenne sinistra perché tutti andarono a dormire.

“Streltsov ha iniziato a trascinarmi a letto… Abbiamo combattuto, ho resistito più forte che potevo, dicendo che avrei urlato, ma mi stava soffocando”, ricordò la Lebedeva più tardi. Affermò che l’ubriaco Streltsov l’aveva violentata e poi si era addormentato.

Un ministro della cultura vendicativo?

Il giorno dopo, Lebedeva sporse denuncia e Streltsov fu arrestato. Il leader sovietico Nikita Khrushchev fu informato del caso, e si dice che abbia detto: “Punitelo severamente; che resti a lungo dietro le sbarre”.

Questo è ciò che fece la corte, condannando Streltsov a 12 anni di detenzione in un campo di lavoro. I tifosi hanno sempre sostenuto che il sensazionale attaccante sia stato incastrato; che lui e Lebedeva abbiano avuto rapporti sessuali consenzienti e che lei lo abbia accusato falsamente.

“Sostengono che la cosa sia stata organizzata per rovinarlo su ordine di Ekaterina Furtseva, il potente ministro della Cultura vicina a Krushchev”, ha scritto il giornalista Kevin O’Flynn sul Guardian. A quanto pare, il carattere indisciplinato di Streltsov giocò contro di lui: aveva in precedenza insultato la figlia della Furtseva a un ballo al Cremlino.

Anatolij Nilin, biografo e amico di Streltsov, giudica la sentenza molto dura, ma ammette la colpa. “Non puoi incolpare Furtseva, Krushchev o Stalin se non sei in grado di comportarti da ubriaco.”

Redenzione (ma non in nazionale)

Anche se la pena detentiva fu poi ridotta a cinque anni, il tempo trascorso in galera fu difficile per Streltsov. Durante i primi giorni dietro le sbarre fu picchiato selvaggiamente dai detenuti e trascorse quattro mesi in ospedale.

Scrisse a sua madre: “Non incolpare te stessa, è solo colpa mia. Mi hai detto mille volte che amici, ragazze e vodka mi avrebbero portato dei problemi. Non ti ho ascoltato, ed eccomi qua… Sarò una persona diversa quando tornerò libero.”

Nel 1963, uscì di prigione e lavorò nello stabilimento automobilistico Zil. Due anni dopo, il nuovo leader dell’Urss, Leonid Brezhnev, annullò il divieto per lui di giocare nel calcio professionistico, dicendo: “Un idraulico può lavorare come idraulico dopo la prigione, perché un calciatore non può giocare?”

E così Streltsov tornò in campo, ancora con la maglia del Torpedo Mosca. Non aveva perso le sue abilità durante quegli anni di stop forzato. Due volte, nel 1967 e nel 1968, vinse il premio come miglior calciatore dell’Unione Sovietica e giocò fino al 1970 per il suo club. Tuttavia, non indossò più la maglia della nazionale. Nel 1990 è morto per un cancro alla gola. In italiano potete leggere il libro “Donne, vodka e gulag. La vita spezzata di Eduard Streltsov, il campione” di Marco Iaria (edizioni Ultra, 2018, 172 pagine, 15 euro).

Oggi, Eduard Streltsov è una leggenda, annoverato tra i giocatori sovietici più di talento di sempre. Ma avrebbe potuto ottenere molto di più, se non fosse stato per quel maledetto giorno alla dacia.  “Sul campo di calcio, era il più forte”, ha detto il suo amico Valentin Ivanov, “Ma nella vita era il più debole.”

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