La trentanovenne Tamara ha divorziato dal marito già agli inizi degli anni Duemila. Con lei sono rimasti i tre figli e la donna ha deciso risolutamente che li avrebbe cresciuti da sola. Ogni giorno Tamara rientrava dal lavoro, cucinava, faceva le pulizie, aiutava i bambini con i compiti, li metteva a dormire. E la notte, non appena era sola con se stessa, inondava il cuscino di lacrime.
“Non pensavo mai a una bella cenetta, a quale film fosse uscito al cinema, a cosa indossare con quella camicetta di jeans. Tutto quello di cui sentivo davvero bisogno era dormire e piangere”, racconta Tamara. Ma a un certo punto le lacrime sono finite e ad un tratto ha capito, non senza sorpresa, come stavano le cose: “Non mi cerco un altro uomo, non perché non do importanza a me stessa e ai miei desideri, ma perché non credo che possa venirmene niente di utile”.
Anzi, finalmente nessuno le diceva “Perché sei rientrata così tardi?”, “Perché non hai ancora preparato la cena?”, “Dove diavolo vai?”. E non doveva più dividere con un’altra persona il bagno, la camera da letto e il tempo, che voleva dedicare ai bambini. “Non mi disperavo più, e finalmente avevo capito che era proprio così che volevo vivere”.
Gli stereotipi sui chi resta da solo
In Russia il modo di rapportarsi con le persone che non vivono in coppia non è certo invidiabile. Se sei una donna sopra la trentina e non hai un marito accanto, allora sentirai continuamente frasi di compatimento da parte delle amiche. Se sei un uomo vicino ai quaranta e non hai moglie, allora evidentemente hai qualcosa che non va. Certo i tuoi colleghi sposati potranno di tanto in tanto segretamente invidiare la tua indipendenza da celibe, ma in pubblico brontoleranno soltanto che “È ora di sposarti”.
Tra la gente sono diffuse delle idee da macchietta: per cui le donne senza marito sono di sicuro delle gattare (e più gatti hanno, più grave è la situazione). L’uomo non sposato invece è un eterno bambinone che non sa staccarsi dai videogiochi e vive con la mamma. Ritenere che qualcuno possa scegliere di propria volontà la solitudine è semplicemente considerato un nonsenso. Alla solitudine si sono sempre associate tutte le stigmate della sfortuna e della sofferenza. E nessuno vorrebbe mai soffrire volontariamente.
Ma ecco che a un certo punto, la solitudine appare non più solo come una malattia e una maledizione. E si inizia a pensare che possa essere non solo conseguenza del destino avverso, ma anche di una libera scelta. Almeno così notano, anno dopo anno, dalle loro rilevazioni, gli esperti dell’Alta scuola di Economia, che studiano il fenomeno. Seppur molto lentamente, gli stereotipi diventano una cosa del passato, e questo accade per molte cause. E nel 2016 si è registrato il record negativo per quanto riguarda il numero di matrimoni celebrati: meno di un milione di nozze (la popolazione della Russia supera i 146 milioni di persone).
Uomini di dubbia utilità
Come nel caso di Tamara, le donne russe che scelgono volontariamente la solitudine, lo fanno perché non vogliono dividere con il partner tempo, appartamento e soldi. Quello che nel modello familiare del passato era territorio di responsabilità maschile, ovvero, in estrema sintesi, il portare i soldi a casa, la donna contemporanea può farlo da sola. Come ha riferito la vice premier russa Olga Golodets, in Russia nel 2005 le donne guadagnavano il 40 per cento meno degli uomini, mentre nel 2017 lo scarto era già sceso al 28 per cento, e la situazione continua a migliorare per quanto riguarda l’uguaglianza di genere.
E secondo l’analisi della Grant Thornton International, la Russia è, fin dal 2015, il Paese con più donne dirigenti al mondo: il 47 per cento delle posizioni di comando è infatti occupato da loro. Ma il vecchio modello resiste, e così quando tornano a casa, proprio come in passato, devono lavare i piatti e fare il bucato. Mentre agli uomini, come prima, tutto ciò non è richiesto.
Il risultato è che se nella relazione viene a mancare il fattore utilitaristico, la solitudine può rivelarsi preferibile. E anche la sopravvivenza delle divisioni dei doveri domestici va a favore dello starsene da soli. “Il candidato ideale per ogni lavoro è la donna sola con un bambino, guardato dalla nonna. Una simile dipendente sarà attaccata al posto di lavoro con le unghie e con i denti, non potendo contare sul salvagente economico del reddito del marito”, confessano diversi imprenditori.
La donna accalappiatrice
Ma anche gli uomini russi hanno iniziato ad assaporare il gusto della vita solitaria. Se è ormai chiaro che alle donne “forti e indipendenti” loro non sono più necessari perché sanno cavarsela da sole, è altresì vero che anche ai maschi le donne “deboli e non autonome” non servono più.
“La maggioranza delle donne contemporanee nelle relazioni sono abituate solo a prendere: tempo, attenzioni, premure, soldi e quant’altro… E non ritengono di dover dare altrettanto al loro uomo. Non cucinano, non puliscono, non vogliono sobbarcarsi il peso dei bambini e sono convinte che il loro corpo sia sufficiente a ripagare l’uomo di tutto. Se fanno qualcosa in casa, sembra che abbiano compiuto un eroismo. E vivono con in bocca la frase: ‘Beh, ma tu mi ami!’”, si lamenta Nikolaj, 37 anni, su Facebook.
Quanto ai ragazzi di oggi, preferiscono passare giornate intere alla console invece di farsi carico delle responsabilità coniugali “come dovrebbero”, sostengono tutte le mamme e le nonne conservatrici.
La famiglia e le relazioni non diminuiscono i bisogni, ma anzi li aumentano esponenzialmente. All’inizio paghi il ristorante, il cinema, compri fiori e regali. Poi ti prendi a carico il mutuo per la casa e i crediti per la macchina e i beni di consumo. Secondo i dati dell’Istituto di sviluppo territoriale socio economico Ran, sono proprio gli uomini sposati ad avere su di sé la gran parte dei debiti. Come risultato, secondo le informazioni delle organizzazioni di microcredito, proprio dalle loro file viene la maggioranza dei cattivi pagatori.
La Russia non è certo il primo Paese dove sono stati scoperti i vantaggi della libertà dalle relazioni fisse. In tutto il mondo cresce il numero di persone che scelgono la “solitudine volontaria” come strategia di vita. Ma su questo in Russia non sono ancora stati formulati miti “positivi” e fiabe con l’happy end.
La grande maggioranza dei russi, come in passato, reputa le relazioni fisse, il matrimonio e l’avere dei figli (spesso molto presto) un indicatore di successo e punti fondamentali del cammino della vita di ognuno.
“Tutte le fiabe riguardano la ricerca del partner, ma neanche una ci dice qualcosa di più concreto sull’‘e vissero tutti felici e contenti’. Magari Cenerentola ha fatto le corna al principe e non ha mai voluto bambini, e lui per la disperazione ha iniziato a bere e si è sputtanato mezzo regno. Ma questo cosa importa ai felici (al momento) sposini? Loro sono sicuri che anche tu un giorno convolerai a nozze. E che quello sarà il giorno più felice della tua vita”, dice Daria, 28 anni.
Può essere che la morale di questo mito sulla solitudine stia nel beneficio ottenuto dai soldi e dalle fatiche risparmiati. O forse si tratta di una rivolta ideologica contro le relazioni come forma di proprietà. In ogni caso, la domanda principale rimane senza risposta: perché a una donna serve un uomo e a un uomo una donna?
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