Pesa 4,8 chilogrammi ed è il frammento più grande, tra quelli ritrovati finora, del meteorite che il 15 febbraio 2013 esplose nei cieli russi della regione di Chelyabinsk: alcuni subacquei l’hanno scoperto il 26 settembre 2013 sul fondale del lago Chebarkul, poco distante dall’omonima cittadina uralica.
Cinque pezzi di roccia meteoritica sono stati ritrovati nel corso della stessa spedizione e consegnati agli scienziati per gli esami del caso: si pensa che la sezione più vasta del corpo celeste si trovi nel lago a una profondità di 16 metri.
Fino ad ora, la particella più grande, dal peso di 3,4 chilogrammi, era stata quella ritrovata da un residente alla fine di agosto 2013. Intanto, il 29 settembre 2013 è stato messo in commercio un altro grosso frammento del meteoroide KEF-2013: il proprietario, Alexei Usenkov, offre questa roccia dal peso di 3,6 kg per 2,1 milioni di rubli (quasi 48mila euro). L’uomo aveva pensato di regalarlo a un museo locale, ma ha rinunciato dopo aver saputo che erano in corso le ricerche per trovare esemplari di maggior dimensione: con il ricavato della vendita, Usenkov spera di riuscire a comprare un nuovo appartamento.
Da quando si è disintegrato il 15 febbraio 2013, causando fra l’altro l’esplosione dei vetri in centinaia di abitazioni e il ferimento di circa 1.500 persone, il meteorite da 10mila tonnellate non ha ancora smesso di far parlare di sé. Attorno all’oggetto si è addirittura formata a Chelyabinsk una setta di adoratori, convinti che il meteorite trasmetta messaggi di origine extraterrestre che annunciano l’avvento di una nuova era sulla Terra: non è chiaro se il gruppo, che ha già inscenato alcune proteste pacifiche contro le operazioni di recupero nel lago Cherbakul, sia interessato all’acquisto di frammenti del meteorite.
E non è tutto: nella notte del 27 settembre 2013 i ricercatori dell’Università di Mosca e dell’Istituto Astronomico Sternberg hanno avvistato da un loro osservatorio, situato nei pressi del Lago Bajkal, un asteroide di 15 metri in viaggio a 11.300 chilometri dalla superficie terrestre, al di sotto dell’orbita dei satelliti geostazionari. La notizia è stata resa nota dal team di scienziati, ma la scoperta, già notificata all’Unione Astronomica Internazionale, è da confermare.
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