Secondo la Camera di Commercio Italo-Russa si rischia un crollo del 20% dell'interscambio commerciale. Uno scenario che potrebbe peggiorare ulteriormente nel 2015 (Foto: Reuters)
Il Presidente della Camera di Commercio Italo-Russa, Rosario Alessandrello, invita alla riflessione e traccia le conseguenze delle sanzioni reciproche Ue-Russia sul tessuto produttivo delle pmi italiane.
Presidente Alessandrello, è passato circa un mese dall'attivazione dell'embargo russo sui prodotti alimentari europei. Qual è il sentimento delle imprese italiane socie della CCIR? E di quelle russe?
Noi continuiamo ad avere tutti i giorni delle proteste da parte delle imprese. Il motivo del nostro comunicato di inizio agosto è stato proprio questo. Ci sono adesso dei danni economici enormi perché rischiamo un crollo del 20% dell'interscambio commerciale che continuerebbe ancora di più nel 2015. Questo è un lusso che l'Italia non può permettersi.
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Può farci una stima delle ricadute economiche sul tessuto imprenditoriale italiano? Quali settori sono maggiormente a rischio?
Il più colpito è il settore alimentare e subito dopo quello tessile e la produzione di scarpe e pellame. Tutto ciò che è prevalentemente italiano viene colpito da queste reciproche sanzioni perché il tessuto produttivo italiano è fondamentalmente composto da aziende alimentari, tessili e di pellame. È in gioco tutta l'eccellenza Made in Italy.
Un altro settore che già viene colpito in qualche modo è quello della meccanica e delle macchine per automazioni. C'è un boicot europeo contro l'innovazione e le tecnologia che riguardano il settore energetico e petrolchimico e questi macchinari non possono essere facilmente esportati, con rischi sempre maggiori nel breve e medio periodo.
Sapendo che l'Italia è il secondo paese europeo per esportazioni verso la Russia e il terzo per interscambio, quali sono le conseguenze per la bilancia economica nazionale?
Già nei primi 4 mesi del 2014 l'interscambio è calato tra il 10 e l'11%, ma ora è destinato a crollare anche fino al 20% entro la fine dell'anno. Il calo dell'11% c'è stato nella prima parte dell'anno solo per la crisi in Ucraina e non c'erano ancora le sanzioni che ora invece accentuano il danno.
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L'Europa ha parlato di risarcire le imprese con un fondo agricolo da 400 milioni di euro, ma è ridicolo perché i danni toccano già un miliardo e mezzo. L'Europa perderà almeno 2 miliardi tra il 2014 e il 2015 e di questi l'Italia occupava la posizione prevalente quindi sarà colpita per il 30%-40%.
Il tessuto imprenditoriale italiano è costituito in maggioranza da piccole e medie imprese. Hanno la forza di resistere a questa battuta d'arresto nell'export verso la Federazione? Ci sono aziende che possono rischiare la chiusura?
Certo. Già le piccole aziende agricole che avevano un settore specifico, come la distribuzione del vino o dell'olio, e che avevano stretto dei rapporti di distribuzione con aziende russe hanno dovuto chiudere queste attività perché non riescono a sopportarne i costi. Sappiamo che il mercato italiano non è molto florido, alcuni troveranno altri sbocchi ma non tutti. Quelli che avevano puntato sulla Russia come mercato preminente, che avevano investito e creato società in Russia hanno danni enormi. Alcune non sopravvivono, altre forse riusciranno a creare nuovi mercati di sbocco.
Il ministro italiano degli Affari Esteri Federica Mogherini ha affermato ieri che la Russia non è più un partner strategico per l'Europa. Come commenta questa affermazione?
Lei ha detto delle cose diverse, innanzitutto che la soluzione non è militare e si rende conto anche lei che non si può occupare militarmente una minoranza. Non si può pensare a una soluzione militare. Bisogna rispettare le minoranze e creare delle forme di convivenza. Lo abbiamo fatto anche noi in Italia con regioni come il Trentino Alto Adige e la Val D'Aosta. Il bilinguismo è riconosciuto nella pubblica amministrazione e nelle scuole e c'è una grande autonomia di governo. Sul piano politico è assurdo non riconoscere queste necessità.
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Subito dopo l'annuncio dell'embargo russo sui prodotti alimentari europei, la CCIR ha diffuso un appello per porre fine alle tensioni. Prevedete nuovi interventi e sollecitazioni in questo senso?
Quello che ci colpisce in questo periodo è che il comportamento della stampa europea e italiana è quello di non capire che le conseguenze economiche delle sanzioni non sono di poco conto. Al contrario, la Russia è per noi un mercato di sopravvivenza. Quindi colpire questo è come farsi dispetto. La CCIR continua la difesa sul piano economico e politico di una soluzione equa che possa permettere la convivenza delle minoranze in Ucraina.
Se dovesse dare un messaggio alle pmi italiane che devono far fronte a questo stop all'export, cosa direbbe? Quali consigli?
L'appello è di resistere. Fare tutti gli sforzi possibili per restare attivi. Il problema è talmente grosso che non può non essere risolto a livello politico-istituzionale nei prossimi mesi. Le aziende devono riuscire a difendere il loro mercato per poter rilanciare le attività quando la situazione sarà risolta, perché se nel frattempo si rafforzano linee di interscambio con altri Paesi sarà poi molto difficile recuperarle.
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