Petrolio, sì al congelamento della produzione

Un pozzo petrolifero nel distretto autonomo dello Yamalo-Nenets Fonte: Evgenij Biyatov / RIA Novosti

Un pozzo petrolifero nel distretto autonomo dello Yamalo-Nenets Fonte: Evgenij Biyatov / RIA Novosti

Le maggiori compagnie petrolifere russe si impegnano a mantenere i livelli di gennaio 2016. Un provvedimento discusso con il Presidente Vladimir Putin e che dovrebbe portare a una stabilizzazione dei prezzi. Ma gli analisti si dicono scettici

Durante un incontro con il Presidente russo Vladimir Putin, i capi delle più grandi compagnie petrolifere del Paese hanno deciso di congelare la produzione ai livelli di gennaio 2016, in cambio di benefici fiscali da parte del governo. Al meeting a porte chiuse ha partecipato anche il ministro russo dell’Energia Aleksandr Novak. Ed è stato proprio lui ad annunciare la decisione. Secondo Novak, l'atteggiamento dei vari interlocutori “è stato positivo”. Ad ogni modo, il congelamento della produzione ai livelli di gennaio 2016 non implica necessariamente il taglio della produzione. 

Il governo russo spera che in questo modo i prezzi del petrolio possano aumentare o almeno stabilizzarsi. Ma gli esperti sostengono che il prezzo degli idrocarburi dipende da molti fattori. 

“In Russia il congelamento della produzione ai livelli attuali è possibile. Sarebbe inoltre molto vantaggioso nel caso in cui i membri dell’Opec e i produttori di petrolio degli altri Paesi fossero d’accordo sulla riduzione della produzione”, spiega Ivan Kapitonov, professore all’Istituto economico RANEPA, vicino al governo. Dal suo punto di vista, il vantaggio per le compagnie petrolifere russe sta nel fatto che con l’attuale livello di tassazione non è vantaggioso lo sviluppo di nuovi giacimenti e a queste condizioni il programma di investimenti può essere ridotto.

L’accordo

L’incontro tra il capo di Stato e i dirigenti delle compagnie petrolifere si è svolto nella sala del Consiglio di Sicurezza del Cremlino, che ospita i meeting più importanti e riservati. Secondo il giornale RBC Daily, le compagnie petrolifere temevano di essere costrette a ridurre le estrazioni o l’export di petrolio. Provvedimenti ai quali non sarebbero state preparate. Simili decisioni avrebbero significato perdere una parte del mercato, vedendo andare in fumo anche un ritorno degli investimenti. Vladimir Putin ha osservato che nel 2015 le compagnie petrolifere russe hanno prodotto un record di 534 milioni di tonnellate di petrolio, l’1,4% in più rispetto all’anno precedente. 

“Il nostro obiettivo è quello di mantenere stabile il settore petrolifero, garantendone lo sviluppo”, ha detto il Presidente. 

In cambio, ha detto Novak a Ria Novosti, nonostante le difficoltà a livello di bilancio le società potranno ricevere benefici fiscali o almeno ottenere una riduzione dell’attuale pressione. Ad ogni modo, ha aggiunto il ministro, la questione della normativa fiscale relativa all’industria petrolifera dovrà prima essere discussa con il governo. 

L’influenza sui prezzi

Nel febbraio 2016 Russia, Arabia Saudita, Qatar e Venezuela avevano raggiunto un accordo per mantenere inalterata la produzione di petrolio sulla base dei livelli di gennaio 2016, a condizione che anche altri Paesi aderissero all’iniziativa. Equador, Algeria, Nigeria, Oman, Kuwait ed Emirati Arabi hanno annunciato la loro disponibilità a congelare la produzione, ma non è ancora stato firmato alcun accordo formale. Inoltre l’Iran, nel dopo-sanzioni, rischia di aumentare la produzione. 

“Il livello di congelamento della produzione di petrolio accordata da Russia e Arabia Saudita è più un ‘intervento verbale’ che un reale fattore che potrebbe influenzare i prezzi”, commenta Aleksej Kalachev, di Finam Holdings. Kalachev ha quindi aggiunto che il livello stabilito è uno dei più alti nella storia. 

Inoltre il prezzo del petrolio non dipende solo dai produttori ma anche dalla domanda dei consumatori, in primo luogo dalla Cina, spiega Dmitrij Bedenkov, capo analista di Russ Invest. Secondo lui, la domanda di petrolio proveniente dai Paesi in via di sviluppo sta diminuendo. “Lo squilibrio tra domanda e offerta è attualmente pari a 1,5 milioni di barili al giorno e questo bloccherà il prezzo fino alla fine dell’anno”, conclude Georgij Vaschenko, direttore delle operazioni sul mercato russi dei capitali di Freedom Finance. 

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