Il 16 dicembre 2014, nel cosiddetto “Martedì nero”, l’euro e il dollaro sono aumentati di un terzo rispetto al valore del rublo (Foto: Tass)
Alla fine del 2014, i russi si sono trovati alle prese con un drammatico crollo del rublo e il conseguente aumento dei prezzi dei prodotti di importazione. Secondo varie agenzie di informazione, molti commercianti al dettaglio, come i venditori di elettrodomestici, hanno cambiato i loro prezzi più volte in una stessa giornata. Nel frattempo, altri commercianti hanno deciso di dare invece maggior rilievo ai prezzi fissati al vecchio tasso di cambio. Alcune boutique che vendono pellicce e i negozi di telefonia mobile l’hanno avuta vinta sul rublo in caduta facendo pubblicità con i prezzi di un tempo. I negozi del lusso e le autoconcessionarie sono stati tra i primi a scegliere questo approccio marketing.
Uno dei negozi che ha fatto réclame per il tasso fisso di cambio è il negozio di lusso "Bosco dei Ciliegi", che commercia in Russia marchi quali Alberta Feretti, Kenzo, Max Mara, La Perla, Jean Paul Gaultier, e Barbara Bui. Questa promozione speciale nei piani originari era prevista fino a Capodanno, ma il negozio ha deciso di prorogarla. Secondo Darya Yadernaya, managing director della società di consulenze di moda Esper Group, i marchi Chanel, Longines, e Richemont non hanno rivalutato i prezzi dei loro prodotti per allinearli al nuovo tasso di cambio. “Questi marchi vendono i loro prodotti al tasso che c’era al momento delle forniture. La maggior parte dei loro prodotti è arrivata a luglio e agosto, quindi in quei negozi è possibile trovare merce con prezzi calcolati in base al tasso di cambio estivo nei confronti del dollaro” ha spiegato Yadernaya. “Di solito gli articoli nelle boutique russe costano il 16-18 per cento in più rispetto all’Europa. Ma a causa del tasso di cambio, i negozi russi sono stati costretti a vendere con un ribasso del 30 per cento in meno rispetto ai prezzi europei originari” ha detto a RBTH una fonte del personale vendita di un marchio del lusso. In particolare gli stranieri cercano di fare affari comprando in Russia articoli al vecchio tasso di cambio.
Secondo i calcoli dell’Esper Group, mentre i turisti in Russia erano soliti rappresentare il 4 per cento del totale dei consumatori, nel periodo novembre-dicembre sono triplicati, arrivando al 12 per cento degli acquirenti. Per ridurre al minimo le loro perdite, alcuni marchi sono stati costretti a imporre qualche limite, offrendo agli acquirenti ai prezzi di prima soltanto gli articoli più economici. Cartier, per esempio, secondo alcune indiscrezioni avrebbe smesso di vendere articoli che costano più di un milione di rubli. Hermes si astiene dal vendere i suoi prodotti più costosi, le borsette, e gli articoli manufatti con pelli esotiche. Yadernaya dell’Esper Group ha detto che a prescindere dal fatto che si utilizzi o meno il tasso di cambio fisso, le vendite dei prodotti di lusso hanno infranto tutti i record in Russia. Tutti i brand infatti nel 2014 hanno avuto un giro d’affari superiore al loro piano vendite del 120-140 per cento.
“La domanda ha iniziato a crescere in maniera esorbitante più o meno una settimana prima del Martedì Nero, ed è rimasta ai massimi fino al sabato successivo. È stata seguita poi da una seconda ondata, di poco inferiore”, ha detto l’esperta di moda. Yadernaya attribuisce l’impatto degli acquirenti al desiderio di comperare articoli al vecchio prezzo, prima che il dollaro risalisse, ma anche al desiderio di investire in beni tangibili.
Il drastico crollo del rublo ha raggiunto il suo picco massimo il 16 dicembre, diventato noto come il “Martedì Nero”: l’euro e il dollaro sono aumentati di un terzo rispetto al valore del rublo. Secondo la Borsa di Mosca, nel 2014 il rublo è crollato del 41 per cento rispetto al dollaro e del 34 per cento rispetto all’euro.
Il mercato dell’auto
La frenesia caratterizza anche il mercato dell’auto. Una fonte nel settore ha riferito a RBTH che lo scorso autunno, non appena il tasso di cambio ha iniziato a fluttuare, molti importatori hanno messo a punto un programma per sostenere le vendite che permetteva di fissare un tasso di cambio a patto di versare un determinato acconto. Volkswagen, per esempio, ha promesso di fissare il tasso di cambio previo acconto pari al 20 per cento della spesa complessiva.
Ma le promozioni speciali sono state immediatamente cancellate quando il dollaro è crollato. “Oltre tutto, la maggior parte delle autoconcessionarie non ha potuto garantire il prezzo finale neppure ricevendo l’intero importo”, ha detto la fonte. In molti casi, i commercianti informano gli acquirenti che il prezzo della loro auto è aumentato da quando il dollaro è sensibilmente salito. Alcuni clienti hanno acconsentito a pagare la cifra extra, ma adesso va aumentando una nuova categoria di clienti, quelli che abbandonano il progetto di acquistare un’automobile a causa del prezzo in continuo aumento.
Secondo una fonte di RBTH, adesso i concessionari comprano le auto dalla casa madre dopo la firma del contratto col cliente, ed è per questo motivo che il cliente finale si trova a dover pagare l’auto al tasso di cambio del giorno della firma del contratto. Il panico nel mercato si è trasformato in una domanda senza precedenti. Secondo una fonte, le sole vendite della Subaru a novembre sono aumentate del 35 per cento. “Automobili che erano rimaste parcheggiate nelle autoconcessionarie regionali per più di otto mesi, all’improvviso sono andate a ruba nel giro di pochi giorni. In un caso, cinque clienti si sono accapigliati per una sola vettura. Un altro cliente, che non è riuscito a comperare la Tuareg che voleva da un autoconcessionario di Sochi perché il suo prezzo di listino era aumentato del 150 per cento, si è fatto prendere dalla rabbia e ha scaraventato il monitor di un computer addosso al manager”, ha detto la fonte.
Alcuni commercianti sono stati costretti a sospendere del tutto le vendite. Secondo gli esperti, alcuni di loro hanno deciso di mettere da parte alcune automobili per rivenderle nel 2015. Avialon, un’importante holding con sede a Mosca, è stata tra le prime a congelare le vendite. Molti altri marchi hanno immediatamente seguito il suo esempio, tra i quali i più grossi importatori come Land Rover, BMW, e Audi, e anche i più importanti stabilimenti di montaggio quali quelli di Peugeot, Citroen, Volkswagen, e Renault.
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