La Russia potrà influire sui prezzi del petrolio?

La Russia è uno dei più importanti produttori al mondo di petrolio. La sua produzione giornaliera è equiparabile soltanto a quella di Arabia Saudita e Stati Uniti (Foto: Tass)

La Russia è uno dei più importanti produttori al mondo di petrolio. La sua produzione giornaliera è equiparabile soltanto a quella di Arabia Saudita e Stati Uniti (Foto: Tass)

Il governo russo sta prendendo in considerazione l’idea di ridurre la produzione di oro nero alla vigilia del prossimo meeting dell’Opec

I prezzi in caduta del petrolio hanno costretto la Russia a prendere in considerazione l’idea di ridurre la sua produzione della preziosa risorsa naturale. Malgrado la Russia assicuri circa il 14 per cento di tutta la produzione globale di petrolio, gli esperti dubitano che una decisione unilaterale di tagliare la produzione possa determinare un aumento tangibile nei prezzi del petrolio. Questa situazione potrebbe cambiare qualora altri produttori di petrolio si alleassero con la Russia per diminuire la produzione.

I prezzi del petrolio sono in calo dalla metà di quest’anno. I prezzi dei principali benchmark petroliferi (l’americano WTI, West Texas Intermediate, e il Brent del Mar del Nord) sono precipitati da 105-110 dollari al barile a meno di 80 a barile, fenomeno al quale non si assisteva dal 2010. Il 24 novembre il ministro russo delle Finanze, Anton Siluanov, ha detto che questo calo del 30 per cento dei prezzi potrebbe avere come conseguenza una perdita per l’economia russa nell’ordine dei 90-100 miliardi di dollari. Il governo russo ha iniziato a prendere in considerazione varie modalità per puntellare i prezzi petroliferi. Una mossa possibile, proposta dal ministro dell’Energia Aleksandr Novak, potrebbe essere quella di tagliare la produzione. In ogni caso, egli ha fatto sapere che le autorità devono ancora prendere una decisione in materia

“La questione richiede uno studio approfondito. Il nostro budget dipende moltissimo dai pagamenti del settore petrolifero. Non disponiamo della tecnologia necessaria a ridurre o espandere rapidamente la produzione come avviene in Arabia Saudita”, ha detto il ministro.

La Russia è uno dei più importanti produttori al mondo di petrolio. La sua produzione giornaliera è equiparabile soltanto a quella di altri due protagonisti del mercato globale del petrolio, l’Arabia Saudita e gli Stati Uniti. Nel 2013 i sauditi hanno estratto 11,5 milioni di barili di greggio al giorno, i russi 10,8 milioni e gli americani 10. La produzione giornaliera in tutti gli altri paesi produttori di petrolio è di gran lunga inferiore e si aggira intorno ai 3,1 – 4,2 milioni di barili. Tuttavia, a differenza dell’Arabia Saudita che produce in concorso con altri 11 paesi del cartello Opec, la Russia sul mercato è un attore indipendente.

All’Opec si deve circa il 43 per cento della produzione globale complessiva di petrolio, e i paesi che ne fanno parte concertano sempre le loro azioni. Quando si rende necessario far risalire i prezzi riducono le forniture e viceversa. La Russia produce fino a tre volte meno petrolio di tutti i paesi dell’Opec considerati insieme. La Russia produce da sola “Da soli i russi non hanno chance nella partita contro i sauditi, che non vogliono ridurre la produzione” ha detto Nikolai Isain, esperto dell’Istituto per la strategia energetica. Prima di tutto, la Russia produce tanto petrolio quanto le sue capacità tecniche le consentono, mentre l’Arabia Saudita ha la possibilità a sua discrezione di aumentare la produzione di almeno tre milioni di barili al giorno. Se vuole influire sui prezzi globali del petrolio, quindi, la Russia dovrebbe abbattere la produzione di almeno quattro milioni di barili al giorno, equivalenti a oltre un terzo della sua produzione. In teoria, ciò farebbe aumentare i prezzi del petrolio di circa 15-25 dollari al barile, ha detto Valery Polkhovsky del Forex Club. In questo modo la Russia potrebbe dunque riportare i prezzi più o meno intorno ai 100 dollari ai barile, il prezzo che Mosca ritiene vantaggioso e quello che ha utilizzato per il suo budget del 2015.

In ogni caso, la Russia ha molto da perdere a produrre meno. Per esempio, i produttori russi di petrolio vedrebbero diminuire i loro introiti, e questo vorrebbe dire versare meno tasse e contribuire in minor misura al budget. Oltre a ciò, la Russia rischia di perdere i suoi mercati commerciali tradizionali. “Un ritiro della Russia dal mercato rallegrerebbe Iran, Arabia Saudita e altri produttori. Prima di tutto i prezzi salirebbero, e in secondo luogo quei paesi sarebbero in grado di espandere i volumi delle loro esportazioni a questi prezzi più alti” ha detto Polkhovsky.

Infine, la Russia dovrebbe anche dire addio al suo status di fornitore affidabile, perché il petrolio è consegnato in base a contratti a lungo termine. E, cosa ancora più importante, sarebbe estremamente difficile riportare il petrolio russo sul mercato.

Secondo fonti del giornale Vzglyad, se intende opporre resistenza all’Opec Mosca farebbe bene a unire le proprie forze con altri produttori petroliferi. Insieme è meglio Il modo più facile per farlo sarebbe quello di coinvolgere i paesi CIS (le ex repubbliche sovietiche). Questi paesi, però, producono non più di un quarto della quantità totale di petrolio che produce la Russia, quindi secondo Isain dell’Istituto per la strategia energetica, i CIS di fatto non avrebbero alcuna influenza di rilievo sul mercato mondiale. Tentativi di creare un’alternativa all’Opec ci sono già stati. Per esempio, ha cercato di farlo l’Organizzazione di Shanghai per la cooperazione, che comprende Kazakistan, Kirghizistan, Russia, Tagikistan, Uzbekistan e Cina.

In ogni caso, però, questi paesi non possono competere con l’Opec in termini di volume di produzione petrolifera. In definitiva, se intende iniziare a influire sui prezzi petroliferi globali, la Russia dovrà instaurare rapporti con l’Opec e diventare membro del cartello oppure sfruttare al momento giusto e nel modo giusto qualsiasi spaccatura si dovesse venire a creare in seno all’Opec stesso. Vari membri dell’Opec, come Iran, Iraq, Nigeria, Venezuela ed Ecuador sono favorevoli a ridurre prima possibile la produzione, mentre gli Emirati Arabi Uniti e il Kuwait sono contrari, e la posizione dell’Arabia Saudita – il membro più influente dell’Opec – per il momento non è chiara. Nel frattempo, “secondo informazioni ufficiose, Russia e Arabia Saudita starebbero conducendo al momento negoziati tra di loro al riguardo di un’azione comune finalizzata ad aumentare i prezzi del petrolio” ha detto l’analista di FK Uralsib, Alexei Kokin. Secondo il ministro russo degli Esteri, Sergey Lavror, Russia e Arabia Saudita concordano sul fatto che i prezzi dovrebbero essere basati sul mercato.

“Sia i nostri partner sauditi sia noi siamo contrari al fatto che il mercato risenta fortemente di taluni progetti messi a punto a tavolino dalla politica” ha detto Lavrov ai giornalisti dopo aver incontrato il 21 novembre il ministro saudita degli esteri Saud al-Faisal. Il prossimo meeting dell’Opec è fissato per il 27 novembre.

Articolo redatto sulla base di informazioni fornite da Vzglyad e Gazeta.ru

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