Mozzarella, parmigiano e grana: sono solamente alcuni dei prodotti italiani colpiti dall’embargo sul cibo (Foto: Alexey Danichev / RIA Novosti)
Pochi giorni fa ero a Kostroma e con mia grande sorpresa, nell’orto di un mio amico, ho trovato angurie e meloni. Erano piccoli, ma molto appetitosi. “Che cosa credi”, -mi ha detto Jurij: “Qui sotto Kostroma coltivano anche l’uva”. Per non parlare poi di mele, prugne e pere. Gli alberi si piegavano dal peso dei frutti e io ho potuto assaggiarne direttamente dal ramo. Erano già maturi, gustosi e succulenti. Allora era già attivo il divieto d’importazione di mele polacche ma -vi dirò la verità- le mele russe non avevano nulla da invidiare per sapore, senza l’aggiunta di additivi nocivi: sarebbero potute finire direttamente sugli scaffali dei negozi, come ha confermato anche il mio amico.
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Poi la Russia ha risposto col divieto di importazione di alcuni tipi di prodotti provenienti dall’Europa, dagli Stati Uniti e da altri paesi che avevano aderito alle sanzioni contro di lei, e così in Europa sono partiti i calcoli nevrotici del danno economico. Per primi si son fatti udire i polacchi, che volevano persino rivolgersi all’Unione Europea chiedendo la compensazione delle perdite, per un ammontare di circa mezzo miliardo di euro. Anche in altri paesi le perdite potrebbero raggiungere centinaia di milioni di euro.
In Italia quasi non parlano di queste sanzioni se non commentando che “Putin ha deciso di far morire di fame la sua popolazione”. Il ministro degli Affari Esteri italiano, Federica Mogherini ha dichiarato di recente che “l’italia ha sempre condiviso profondamente la stessa impostazione degli Stati Uniti, in particolare sull'approccio Nato e anche in relazione al rapporto con la Russia”. E che pertanto sarà necessario aumentare le sanzioni contro La Russia. Posizione questa, per nulla condivisa tanto dagli industriali italiani quanto dai piccoli imprenditori. La camera di commercio italo-russa (CCIR) il 7 agosto ha trasmesso una lettera aperta al presidente e al primo ministro del paese, nella quale veniva espressa grande preoccupazione per la situazione. Il presidente della CCIR, Rosario Alessandrello "deplora vivamente l'adozione da parte dell'Unione europea di sanzioni economiche dirette contro la Russia". E chiede a tutti gli attori della diplomazia italiana, europea e internazionale di concentrare le proprie forze sulla risoluzione della crisi in Ucraina. Ma senza "le dannose prese di posizione a livello economico".
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"Così sopravviveremo alle sanzioni" Ecco come si difenderanno dall'embargo i ristoratori di Mosca |
Il responsabile della CCIR a Mosca, Marisa Florio dice che “per noi si tratta di una tragedia. Il telefono è preso d’assalto, le compagnie italiane vogliono vederci chiaro a proposito delle sanzioni di Mosca”. Gli ultimi tre anni si è registrata una crescita sostenuta dell’export dei prodotti italiani in Russia. Ora è evidente che ci saranno delle frenate. Del resto, fortuna degli italiani, i principali articoli di commercio non sono stati toccati. Non sono finiti sotto embargo il vino e i prodotti alcolici, ne è stata esclusa la pasta con tutti i prodotti della farina, è ancora possibile introdurre olive e olio d’oliva. Ed esplorando più a fondo il codice degli articoli vietati, si scopre che persino l’italiano prosciutto può essere importato tranquillamente. Così che il Consorzio di Parma e San Daniele, dopo la notte insonne del 6 agosto, possono ora dormire sonni tranquilli.
Sotto il divieto ci son finiti tutti i formaggi e persino i tanto amati in Russia, mozzarella, parmigiano e grana. Anche qui però ci sono lacune. Si è scoperto che il prodotto congelato, la “mozzarella da cucina” per piatti caldi e al forno appartiene a “categorie diverse di generi alimentari” e non è pertanto vietato. Mentre per la mozzarella fresca, bisognerà probabilmente andare in Italia o cercare di avviarne una produzione locale. Simili tentativi s’erano fatti anche prima dell’embargo.
Rischiano guai i piccoli agricoltori che fornivano prodotti ai ristoranti italiani in Russia o alle boutique del cibo come ad esempio “Azbuka vkusa” (Alfabeto del gusto). Alcuni di loro spedivano in Russia fino alla metà della loro produzione. Individuare un ricco acquirente in Europa o in altre parti del mondo non sarà facile, specialmente nei tempi brevi. Anche la verdura e la frutta saranno semplici da rimpiazzare in Russia (si sono già offerti i paesi della C.S.I. e la Turchia), mentre trovare un compratore per le mele italiane non sarà affatto facile.
La Russia gioca la carta dell’imposta sulle vendite
L’Italia risulta essere nell’Unione Europea donatore netto: dà più soldi, cioè, di quanti non ne riceva. Per questo tutte le richieste di compensazione da parte di paesi come la Polonia o i Paesi Baltici, qualora venissero in parte soddisfatte, ricadranno sulle spalle anche dell’Italia. Oltre a ciò, le dotazioni sulla produzione agricola in Europa sono molto alte. E la perdita del mercato russo porterà a una grossa crisi del sistema agricoltura o ad un aumento delle sovvenzioni. Ma di soldi in eccesso l’Europa al momento non ne ha.
E risulta così che gli italiani in silenzio soffrano e altrettanto in silenzio sperino in un rapido annullamento delle sanzioni. Molti fornitori hanno già ricevuto la notifica di interruzione degli ordini anche se i contratti al momento non sono stati cancellati. Gli italiani sperano che l’Europa capisca che non c’è convenienza a litigare con la Russia e che ammorbidisca pertanto i provvedimenti. E così centinaia di varietà di formaggi dall’Italia (e dall’Europa) saranno nuovamente sugli scaffali dei negozi russi.
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