Secondo le stime del Wall Street Journal, le prime forniture dagli Stati Uniti potrebbero partire già nell’agosto 2014 (Foto: Getty Images/Fotobank)
Il ministero del Commercio degli Stati Uniti ha messo a punto nuove regole che equipareranno il petrolio greggio ultraleggero (o gas condensato), che richiede un processo minimo di raffinazione, al carburante. Ciò consentirebbe di revocare i divieti sui limiti di forniture per le esportazioni dato che le compagnie americane saranno autorizzate a esportare solo petrolio raffinato (benzina e diesel). Di fatto l’export di petrolio ultraleggero verrà consentito a due società americane, Pioneer Natural Resources ed Enterprise Product Partners, che sono riusciti a ottenere un greggio ultraraffinato che non sottostà ai limiti di legge.
Questo nuovo tipo di raffinazione che gli esperti definiscono “finalizzata all’export” segna, a loro avviso, una svolta del tutto prevedibile nella politica degli Usa. Il fatto è che il gas condensato, estratto in eccesso negli ultimi anni in America, si vende sul mercato locale a basso prezzo, assicurando a malapena l’autosufficienza finanziaria. La sua esportazione consentirebbe di equilibrare i prezzi interni, garantendo la reddittività dell’estrazione dello shale gas. Ma in tal modo i prezzi del petrolio nel mercato interno potrebbero aumentare.
Il petrolio americano farà concorrenza a quello russo?
Secondo le stime del Wall Street Journal, le prime forniture dagli Stati Uniti potrebbero partire già nell’agosto 2014. Sulle ripercussioni che questa novità potrebbe avere sul mercato petrolifero mondiale gli esperti per ora non fanno previsioni. Tutto dipenderà dai volumi esportati. “Per il momento i volumi delle forniture esportate dagli Stati Uniti non dovrebbero essere ingenti, ma in prospettiva - vale a dire tra circa 10 anni - i partner americani promettono di arrivare a 3 milioni di barili al giorno, una quantità decisamente significativa” spiega Ivan Kapitonov, vice titolare della cattedra di Regolamentazione statale dell’economia dell’Accademia russa delle scienze agrarie e del Servizio federale presso la Presidenza della Federazione Russa.
“Se gli Stati Uniti cominceranno a immettere sul mercato mondiale 3 milioni di barili al giorno, i volumi di forniture annuali arriveranno a 153,3 milioni di tonnellate; una quantità analoga a quella del volume annuale di forniture di greggio dalla Russia all’Europa. Secondo i dati del 2013 la Russia avrebbe esportato sul mercato europeo una quantità leggermente superiore, vale a dire 164 milioni di tonnellate di greggio. Tuttavia, se gli Stati Uniti dovessero aggiungere questi 3 milioni “in più” di barili al giorno, la pietra del contendere dovrebbe essere rappresentata dalla capacità di raffinazione. Secondo le stime dell’agenzia di consulting Turner, Mason&Co, entro il 2020 il volume di estrazione del petrolio ultraleggero negli Stati Uniti dovrebbe raggiungere i 9 milioni di barili al giorno (rispetto ai 4,6 milioni di barili del 2011). Tuttavia, la capacità di raffinazione degli stabilimenti petroliferi, valutata su questo tipo di petrolio, aumenterebbe in modo non considerevole, passando dai 7,7 milioni di barili attuali al giorno a 8 milioni.
Inoltre, gli analisti non escludono che il prezzo finale potrebbe essere concorrenziale. “Il costo di estrazione del petrolio superleggero destinato all’esportazione supererebbe sensibilmente quello del petrolio tradizionale, e aggiungendo le perdite legate al trasporto, non risulterebbe più concorrenziale in Europa e Asia; inoltre, il petrolio superleggero ha bisogno di essere maggiormente sviluppato” afferma Aleksej Kozlov, analista capo della società di investimenti Ufs. “Persino se si verificasse, questa remota prospettiva non dovrebbe avere alcun effetto sull’andamento dei prezzi mondiali” sostiene Ivan Kapitonov. A suo avviso, non risulterebbe vantaggioso né per gli Stati Uniti, come consumatore principale, né per i produttori. “L’America non avrebbe nulla da guadagnare da una diminuzione del prezzo mondiale perché i progetti di estrazione dello shale gas non risulterebbero più redditizi. Inoltre, un prezzo basso del petrolio rafforzerebbe la posizione della Cina e dell’Unione Europea, ossia dei concorrenti degli Stati Uniti” afferma Kapitonov.
In tal modo, in un immediato futuro gli Stati Uniti non potrebbero “estendersi” fino alla Russia con il loro petrolio e competere con essa per il mercato europeo. “Tuttavia, occorre comprendere che in prospettiva gli Stati Uniti potranno esercitare un ruolo sempre più importante nel mercato petrolifero mondiale. Perciò è opportuno che la Russia monitori attentamente la situazione ed elabori delle misure preventive” sostiene il capo del Dipartimento di analisi del Fondo nazionale russo per la sicurezza energetica, Aleksandr Pasechnik. La Russia riduce progressivamente l’esportazione di greggio nell’Unione Europea, aumentando le forniture di prodotti petroliferi, mentre, a giudicare dai dati statistici, i volumi di greggio si vendono con successo in Cina.
Lo scorso anno l’esportazione di petrolio russo nei paesi limitrofi si è ridotto del 2,2% raggiungendo 207 milioni di tonnellate, rispetto ai 211 milioni del 2012. Perdipiù i volumi di forniture destinati all’Europa sarebbero diminuiti considerevolmente fino al 6%, , raggiungendo 164 milioni di tonnellate. Al tempo stesso l’esportazione di petrolio russo verso i mercati dell’Oriente, attraverso l’oleodotto Espo e il porto di Kozmino, sarebbe, al contrario, aumentata fino al 17%, ossia a 43 milioni di tonnellate. "Se pensiamo a mercati alternativi per l’export russo, non è un segreto per nessuno come oggi la Russia stia attivamente incrementando la sua collaborazione con Cina e India che appaiono immensi mercati potenziali di sbocco del petrolio russo", afferma Aleksej Kozlov di Ufs Ic, a conferma di tali dati.
Tutti i diritti riservati da Rossiyskaya Gazeta
Iscriviti
alla nostra newsletter!
Ricevi il meglio delle nostre storie ogni settimana direttamente sulla tua email