La scalata dei Brics

I Brics occupano più di un quarto del territorio del pianeta, ospitano più del 40 per cento della popolazione mondiale e dispongono di circa il 35 per cento delle riserve globali di valute estere (Foto: Eduard Pesov / RIA Novosti)

I Brics occupano più di un quarto del territorio del pianeta, ospitano più del 40 per cento della popolazione mondiale e dispongono di circa il 35 per cento delle riserve globali di valute estere (Foto: Eduard Pesov / RIA Novosti)

Le cinque nazioni in via di sviluppo non formano più un gruppo “emergente”, ma rappresentano ormai un potente agglomerato che si prepara a ridefinire gli equilibri dell’economia globale per i prossimi decenni

Nel 1983 l’economista belga Paul Bairoch produsse un’analisi dettagliata dell’economia mondiale che suscitò grande scalpore nelle cerchie accademiche e politiche dell’Occidente. In “Economia e storia mondiale: miti e paradossi” Bairoch scrisse che nel 1750 India e Cina detenevano, rispettivamente, il 24,5 e il 33 per cento del pil globale, mentre Gran Bretagna e Usa ne detenevano complessivamente solo il due percento. Sconvolta da questi dati, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo, un ente prevalentemente occidentale, volle affidare al professor Angus Maddisson dell’università di Groningen il compito di indagare sulle affermazioni di Bairoch. Dai dati raccolti da Maddison emerse che per quasi la totalità dei precedenti duemila anni India e Cina erano state le maggiori economie mondiali – un fatto noto a quasi tutti gli studenti indiani, che tuttavia è misteriosamente ignorato in Occidente.

Le cifre

Ad oggi i Paesi del Brics occupano più di un quarto del territorio del pianeta, ospitano più del 40 per cento della popolazione mondiale e dispongono di circa il 35 per cento delle riserve globali di valute estere. Le economie dei Paesi Brics valgono nel complesso circa 12 trilioni di dollari, e nel 2015 supereranno in volume l’economia Usa, che ammonta approssimativamente a 15 trilioni di dollari. Jim O’Neill, ex economista di Goldman Sachs, stima che nel 2020 il pil complessivo dei quattro membri originali del Brics ammonterà circa a 25 trilioni di dollari.

Le ricerche compiute da Maddison dimostravano che a partire dal primo anno del primo millennio e sino al 1700 – ovvero per diciotto degli ultimi venti secoli – l’India era stata la principale potenza economica al mondo. Nei primi mille anni l’India aveva infatti detenuto il 32 per cento del pil mondiale, mentre nel secondo millennio, sino al 1700, ne aveva detenuto tra il 28 e il 24 per cento. Da quando Bairoch e Maddison presentarono questi dati sconvolgenti, la situazione è andata rapidamente cambiando. Stando al Fondo monetario internazionale, il 2013 è stato il primo anno in cui i mercati emergenti hanno prodotto più della metà del pil mondiale, calcolato in base al potere d’acquisto. Oggi le uniche economie da un trilione di dollari esterne all’Ocse appartengono a quattro grandi Paesi del gruppo dei Brics: Brasile, Russia, India e Cina, che sono anche quattro delle dieci maggiori economie nazionali al mondo.

Le previsioni

Stando alla PwC nel 2017 la Cina prenderà il posto degli Usa come maggiore economia mondiale in termini di parità di poteri di acquisto (Ppp), ed entro il 2027 anche in termini di tasso di cambio del mercato. L’India dovrebbe diventare il terzo “gigante dell’economia mondiale” nel 2050, ovvero molto prima del Brasile, che si prevede raggiungerà la quarta posizione, di fronte al Giappone. La Russia potrebbe prendere il posto della Germania come maggiore economia europea in termini di ppp prima del 2020, e attorno al 2035 anche in base ai tassi di cambio del mercato. Nei decenni a venire, Cina e India svolgeranno un ruolo vieppiù importante in settori come Ict, biotecnologie e nanotecnologie, e ciò permetterà loro di raggiungere con maggiore rapidità le economie avanzate, che progrediscono a ritmo più lento.

Un’agenzia di rating per i Brics

Il declino del dollaro

Venti anni fa un viaggiatore che desiderasse cambiare rubli o rupie avrebbe potuto riuscirvi solo negli aeroporti internazionali dei Paesi che emettevano quelle valute, mentre oggi le rupie indiane possono essere cambiate anche nelle piccole banche dell’Australia e della Nuova Zelanda. L’accettazione di una valuta non è che un indice della fiducia nell’economia e nel commercio del Paese dove questa viene stampata.

In un articolo intitolato “Il blocco del Renminbi è qui”, Arvind Subramanian e Martin Kessler, del Peterson Institute for International Economics, con sede negli Usa, descrivono con toni eloquenti l’affermarsi del Rmb e l’indebolimento del dollaro Usa. I due affermano che a partire dalla metà del 2010 il Rmb, che è già la principale valuta di riferimento in India e in Sud Africa, ha compiuto passi da gigante come valuta di riferimento rispetto al dollaro e all’euro. “Il Rmb è ormai diventato la principale valuta di riferimento nell’Asia orientale, dove ha eclissato il dollaro e l’euro. Oggi le valute di Corea del Sud, Indonesia, Malesia, Filippine, Taiwan, Singapore e Tailandia seguono più da vicino il Rmb che il dollaro. Nell’Asia orientale la supremazia del dollaro in quanto valuta di riferimento si limita solo ad Hong Kong (per via del peg), Vietnam e Mongolia”.

Subramanian e Kessler aggiungono inoltre un’agghiacciante considerazione: “Dollaro ed euro continuano a esercitare oltre le rispettive sfere di influenza un ruolo maggiore di quello del Rmb, ma la situazione sta cambiando a favore di quest’ultimo”. Perché “agghiacciante”? Il commercio tra India e Iran in rupie e tra Russia e Iran in rubli e l’accettazione mondiale del Rmb eroderanno lentamente il prestigio del dollaro Usa, e ciò produrrà conseguenze devastanti sulla prosperità americana. Gli Usa hanno tratto grandi vantaggi – e sfruttato – il ruolo del dollaro come valuta di riserva, e la fine dell’egemonia del dollaro si tradurrà nel severo declino dei redditi americani e dell’“onnipotenza” degli Usa. 

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