Per la prima volta l’euro ha superato la soglia di 50 rubli (Foto: Maksim Blinov / Ria Novosti)
La crisi ucraina ha già causato un forte calo dei titoli azionari di diverse società russe e un considerevole deprezzamento del rublo. Le minacce di Europa e Stati Uniti contro Mosca non fanno che rendere ancora più incandescente la situazione sulle Borse. Gli analisti, nel frattempo, si astengono dal fare previsioni. L’autorizzazione all’utilizzo delle forze armate russe in Ucraina, concessa lo scorso fine settimana dal Consiglio della Federazione al Presidente Vladimir Putin, ha colpito i mercati globali. Gli investitori sottovalutavano gli effetti che avrebbe potuto causare un inasprimento del conflitto, al quale partecipano gradualmente sempre più potenze occidentali.
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La crisi ucraina e i timori per l'economia |
Come risultato, nel pomeriggio di ieri, lunedì 3 marzo, a Francoforte il DAX è sceso del 2,5%, mentre il Nikkei a Tokyo è scivolato dell’1,27%. Ma le reazioni principali si sono registrate, naturalmente, proprio a Mosca, dove i due principali indici, il Micex e l’Rts, hanno ceduto, alle 16.30 ora locale, il 12,5% e il 14% rispettivamente.
Crollo del rublo. Le ripercussioni si sono viste chiaramente anche sul mercato valutario, con il rublo che si è deprezzato in apertura di contrattazioni e ha portato l'euro a superare per la prima volta la soglia di 50 rubli. Il tasso di cambio ufficiale del dollaro sul rublo, stabilito dalla Banca centrale russa per il 4 marzo 2014, è salito invece di quasi 20 copechi fermandosi a quota 36,38 rubli, oltrepassando il record registrato il 7 febbraio del 2009 di 36,3 rubli. Una delle prime misure di protezione attuate della Banca centrale della Russia è stato l’aumento "temporaneo" del tasso di interesse dal 5% al 7%, per evitare, secondo quanto è stato dichiarato, “il manifestarsi di rischi per l'inflazione e la stabilità finanziaria”. Secondo Konstantin Bushuyev, responsabile del dipartimento di analisi dei mercati dell’agenzia di brokeraggio "Otkrytie", tale misura "permette di salvare il mercato dal collasso e di evitare una pericolosa fuga di capitali”.
La Banca Centrale. È difficile prevedere quanto durerà lo “scudo” imposto sul mercato dalla Banca centrale della Russia. Lo scorso fine settimana si sono susseguiti così tanti eventi legati all'Ucraina, che la maggior parte degli analisti non si azzarda a fare previsioni su quali saranno le dinamiche dei mercati nel prossimo futuro. Molti esperti paragonano la situazione attuale con ciò che avvenne nell’agosto del 2008 quando la Russia intraprese un'operazione militare per imporre la pace in Ossezia del Sud. La mattina successiva all’introduzione delle truppe russe nella regione, l’indice Micex scese di oltre il 5%, mentre l’Rts del 6,5%.
Gli aiuti finanziari. Gli analisti paragonano con la guerra georgiana anche l’attuale situazione in Crimea. Come ha raccontato a Rbc il presidente del Centro per le previsioni militari, Anatoly Tsyganok, le spese per le operazioni militari nella penisola saranno paragonabili a quelle sostenute nei cinque giorni di conflitto con la Georgia, dall’8 al 12 agosto 2008. Secondo il Centro per l'analisi di strategie e tecnologie, la pace in Ossezia del Sud costò alla Russia 12,5 miliardi di rubli (circa 400 milioni di dollari, in base al tasso di cambio di allora). Tale paragone sarebbe corretto, tuttavia, solo qualora le ostilità si sviluppassero su vasta scala, e le probabilità che ciò avvenga sono basse. Oltre alle spese militari, Mosca è pronta a fornire aiuti finanziari alla Crimea, che necessita di fondi per il pagamento dei dipendenti statali.
Le pressioni su Mosca. Un altro fattore che rende gli investitori nervosi è la pressione esercitata sulla Russia da Unione europea e Stati Uniti, che minacciano Mosca sia con sanzioni politiche (esclusione dal G8) che economiche (peggioramento delle relazioni commerciali). Tuttavia, l'Europa non è così categorica nelle sue dichiarazioni come Washington e non vuole rovinare le relazioni commerciali con uno dei suoi partner più importanti. Dopotutto, la Russia si colloca, per volume di esportazioni, al terzo posto tra i partner commerciali dell'Ue, dopo Stati Uniti e Cina. Inoltre, la Russia rimane il principale fornitore di energia dell'Europa. La crisi attuale rende dunque particolarmente nervosi gli europei, che temono una possibile interruzione delle forniture di gas.
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