La ratifica della Convenzione, secondo il governo, dovrebbe contribuire a far rientrare in patria i patrimoni delle attività offshore (Foto: Getty Images / Fotobank)
Tutto è pronto. Mosca si sta preparando a ratificare la Convenzione multilaterale sulla mutua assistenza amministrativa in materia fiscale dell’Ocse. Secondo gli esperti, se il trattato darà buoni esiti l’erario russo potrebbe ricevere un ulteriore gettito fiscale pari, potenzialmente, a cinque-sei miliardi di dollari. La procedura di ratifica permetterà alle agenzie fiscali russe di incrementare lo scambio di informazioni con le loro controparti estere, prendere parte a ispezioni fiscali internazionali e imporre alle imprese russe con beni all’estero il pagamento di imposte arretrate. Secondo il governo, la ratifica della Convenzione dovrebbe contribuire a far rientrare in patria i patrimoni delle attività offshore.
I vantaggi della convenzione
Per inasprire i controlli sulle società offshore, il governo russo sta mettendo a punto un approccio che si articola su tre fronti, e prevede di: imporre una tassazione alle società offshore controllate dall’interno del territorio russo, eliminare qualsiasi forma di sostegno statale per le imprese che gestiscono attività offshore, ed escludere tali imprese dall’assegnazione di appalti governativi. Tuttavia, simili misure − e in particolare quelle associate ai tentativi di risalire ai titolari delle imprese russe offshore − non possono essere implementate in assenza di informazioni affidabili provenienti dalle autorità fiscali straniere. Ed è a questo punto che la convenzione si rende indispensabile.
Roustam Vakhitov, che dirige l’ufficio tributi della Baker Tilly, spiega che la convenzione vieta esplicitamente ai propri firmatari di rifiutarsi di fornire informazioni sulla base del segreto bancario o di vincoli imposti da categorie professionali o di altra natura. L’entusiasmo del ministero delle Finanze è dovuto al fatto che le stesse imprese offshore − in seguito alla pressione esercitata su di loro da parte di nazioni economicamente forti − hanno iniziato a unirsi all’iniziativa. Lo scorso maggio, alcuni protettorati britannici (tra cui le Isole Vergini, ben note al mondo imprenditoriale russo) si sono impegnati a rendere note le informazioni relative alle operazioni bancarie effettuate dai residenti dei Paesi del G5 (Germania, Francia, Italia, Spagna e Regno Unito). “Le offshore ci forniranno le informazioni di cui abbiamo bisogno, comprese quelle relative ai dati, alle strutture e ai conti posti sotto la loro giurisdizione”, ha dichiarato tempo fa il vice ministro delle Finanze russo Sergey Shuvalov.
Il ministero non ha reso note le stime relative alla somma di denaro che, nel caso in cui le nuove misure si rivelassero efficaci, l’erario russo potrebbe incassare grazie alla riscossione dei debiti fiscali. Tuttavia, secondo una recente stima di Bank of America Merrill Lynch, tale somma dovrebbe aggirarsi attorno ai cinque-sei milioni di dollari, derivanti principalmente da imposte e dividenti sui tassi di interesse offshore, che al momento non vengono riscossi. La convenzione, inoltre, fornisce ai Paesi firmatari la possibilità di partecipare a delle ispezioni fiscali internazionali (nel giugno del 2013, il ministro delle Finanze russo aveva presentato una proposta di legge sull’introduzione di un importante emendamento al Codice Fiscale). Stando a Alexey Overchuk, vice direttore del Servizio fiscale federale, simili ispezioni si sono già dimostrate efficaci: “Una volta ratificata, la convenzione consentirà di ampliare il ricorso a questa pratica”.
La convenzione consente anche la cosiddetta riscossione di debiti oltreconfine: se un’impresa ha debiti fiscali arretrati verso un Paese e detiene beni in un altro, i servizi fiscali potranno confiscare quei beni. Ad oggi, tuttavia, i vantaggi che la Russia potrebbe trarre da questa specifica disposizione non sono del tutto evidenti. La Russia vanta verso le imprese registrate in Paesi che hanno firmato la convenzione un credito complessivo pari a 6,24 miliardi di rubli (190 milioni di dollari). I maggiori debitori si trovano, cumulativamente, in Canada (1,38 miliardi di rubli) e in Turchia (1,23 miliardi di rubli). Sino ad oggi le agenzie fiscali russe non hanno potuto accedere a queste somme, “a causa dell’assenza di proprietà confiscabili, o dell’assenza fisica dei debitori sul suolo russo”.
Ratifica con riserva
La Russia è pronta a unirsi alla convenzione, facendo salve alcune riserve legate in particolare al fatto che la legislazione russa non è ancora pronta ad aderire appieno al modello di riscossione dei debiti all’estero. Per il momento dunque Mosca non può fornire assistenza nella riscossione dell’Iva, delle tasse sull’estrazione mineraria e di dazi arretrati. Nei primi tempi, inoltre, la Russia non darà informazioni sull’apertura o la chiusura di conti bancari da parte di individui. Per limitare il numero di richieste di informazioni, Mosca sta anche pensando di imporre un limite temporale massimo di tre anni “all’assistenza legale nei casi che prevedono procedimento penali”. Vakhitov, di Baker Tilly, fa notare che molti dei Paesi che hanno già firmato la convenzione hanno applicato riserve analoghe riguardo alle tasse locali o indirette.
Non è ancora dato sapere se nella pratica le opzioni più avanzate, come le ispezioni internazionali e la riscossione di debiti arretrati, funzioneranno. “Tuttavia”, sostiene Vakhitov, “riguardo alle funzioni fondamentali della convenzione, come lo scambio di dati, le agenzie fiscali russe potranno ottenere informazioni su luoghi come il Belize, Gibilterra, le ex Antille olandesi (Sint Maarten, Curaçao e Aruba) e molti altri che attualmente sono fuori della loro portata. E ciò basta, da solo, a giustificare pienamente la ratifica della convenzione”.
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