L'ingresso della Russia nel Wto, dopo anni di trattative, non ha portato ai consumatori i vantaggi sperati, come, per esempio, la diminuzione del prezzo dei prodotti al dettaglio (Foto: Ap)
Ai russi, una volta che il Paese fosse entrato a far parte dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, erano stati promessi prezzi più contenuti. Ma è già trascorso un anno e i prezzi continuano a salire, almeno per i consumatori.
L’inasprirsi della concorrenza tra i membri del Wto sta provocando un calo dei prezzi all’ingrosso, determinando una conseguente, enorme, pressione sui produttori domestici. Eppure, a causa dei monopoli detenuti dai rivenditori nei rispettivi segmenti di mercato, i consumatori continuano a pagare. Sono queste le conclusioni contenute nel rapporto annuale di monitoraggio presentato da Camera Pubblica, un gruppo di cittadini eletti che mira a influenzare le politiche statali.
“Una delle ragioni per entrare a fare parte del Wto era di ridurre i prezzi per i consumatori. Ciò però non è accaduto, - ha detto Mikhail Popov, direttore del gruppo di lavoro di Camera Pubblica sull’agricoltura. - Vi è un’unica spiegazione per questo: un’insufficiente concorrenza al dettaglio”.
Stando al rapporto, dal maggio del 2010 i prezzi per i prodotti alimentari, i medicinali, la manutenzione dell’automobile e le utenze domestiche sono aumentati del 43 per cento. Nell’ultimo anno il prezzo del pane è aumentato del 20 per cento, quello dei prodotti caseari del 12 per cento e quello delle patate del 55 per cento.
Il rapporto mette poi in risalto una tendenza generale: quando i prezzi all’ingrosso aumentano, ciò si riflette sui prezzi al dettaglio, ma quando i primi calano, i secondi rimangono inalterati o continuano a crescere.
E mentre i consumatori non traggono alcun vantaggio dall’aumento della concorrenza, l’appartenenza al Wto sta mettendo i produttori russi con le spalle al muro.
Nell’ultimo anno, ad esempio, il prezzo all’ingrosso della carne di maiale è sceso del 26 per cento, ma il suo prezzo al dettaglio è calato solo del 6 per cento. Contemporaneamente, stando a Camera Pubblica, l’aumento delle importazioni previsto dal Wto costerà ogni anno ai produttori di carne di maiale sino a quaranta miliardi di rubli (pari a 1,2 miliardi di dollari).
Anche i produttori di latte hanno subito delle ripercussioni negative. Nel 2012 le importazioni di prodotti caseari sono aumentate del 20 per cento, sino a sfiorare le nove tonnellate di merce e generando per i produttori russi una perdita pari a trenta miliardi di rubli, riconducibile in gran parte all’ingresso nel Wto.
“[I nostri produttori di latte] non sono competitivi all’interno dell’Unione doganale, e tanto meno del Wto, - afferma Andrei Danilenko, presidente dell’Unione nazionale dei produttori caseari. - Solo quest’anno le nostre perdite nella produzione di latte sono state tali che nel 2014 saremo nuovamente ai livelli del 2005”.
Danilenko aveva previsto che entro la fine del 2013 i consumatori avrebbero pagato il 10 per cento in più per i prodotti caseari. Secondo Danilenko, saranno sempre più numerosi i produttori che, non volendo spaventare i consumatori con un aumento dei prezzi, decideranno di supplementare i loro prodotti con dei sostituiti a buon mercato, come l’olio di palma. Un’adulterazione che già riguarda tra il 10 e il 30 per cento dei prodotti attualmente in vendita.
La discrepanza tra le dinamiche dei prezzi all’ingrosso e al dettaglio appare evidente anche nel settore dei cereali. "Da febbraio alla fine di luglio 2013 i prezzi sono scesi da 11.500 a 6.500 rubli alla tonnellata, eppure il costo del pane ha continuato ad aumentare", ha detto Arkady Zlochevsky, presidente dell’Unione cereali russa.
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