In primo piano, il ministro russo delle Finanze Anton Siluanov al G20 dei ministri delle Finanze e dei governatori delle banche centrali a Mosca a fine luglio 2013 (Foto: Reuters / Grigory Dukor)
Mentre le autorità cittadine di San Pietroburgo finiscono in tutta fretta di costruire l'autostrada per i partecipanti del summit e promettono di risolvere il problema degli immigranti illegali, e mentre i mass media si domandano se il presidente degli Usa Barack Obama cancellerà o meno la sua visita in Russia per via del caso Snowden, anche i leader politici mondiali si preparano agli incontri del G20.
Una fase assai importante dei preparativi, che ha contribuito a stabilire le priorità dell'agenda del summit di settembre 2013, è stata la riunione del G20 della finanza che si è tenuta alla fine di luglio 2013. I ministri delle Finanze, nel documento conclusivo dei lavori, hanno annunciato tre diversi piani d'azione: un piano per studiare le possibilità di incrementare gli investimenti a lungo termine, un piano per la lotta all'evasione fiscale, e - il più importante dei tre - il piano d'azione di San Pietroburgo.
Entro settembre 2013 quest'ultimo verrà completato e presentato all'esame dei partecipanti del summit. Il piano globale, si legge nel comunicato ufficiale, dovrà favorire una crescita equilibrata dell'economia mondiale per mezzo della creazione di nuovi posti di lavoro.
Il tema cruciale del forum sarà il rallentamento della crescita economica. Il problema preoccupa non solo l'Europa, colpita da una lunga recessione, e gli Stati Uniti, impegnati a lottare contro i bassi livelli di occupazione, ma anche i Paesi in via di sviluppo, i cui ritmi di crescita del Pil si sono sensibilmente ridotti.
"Al centro dell'attenzione del forum ci sarà il rallentamento delle economie dei principali Paesi in via di sviluppo che si osserva negli ultimi anni. Il fenomeno è dovuto in parte a dei processi ciclici, e in parte alla mancanza di riforme strutturali": è questa l'opinione di Nariman Behravesh, esperto di macroeconomia di IHS Global Insight.
A luglio 2013 il Fondo monetario internazionale ha ridimensionato le previsioni di crescita dell'economia mondiale per l'anno in corso portandole dal 3,3 per cento al 3,1 per cento. La previsione relativa ai Paesi sviluppati nel complesso non è stata modificata ed è rimasta al livello precedente, assai basso (+ 1,2 per cento).
Quanto ai Paesi in via di sviluppo, invece, l'Fmi traccia un quadro più cupo del previsto: il Pil della Cina crescerà non dell'8 per cento, ma del 7,8 per cento; quello del Brasile del 2,5 per cento (le precedenti stime indicavano un 3 per cento); quello dell'India avrà un incremento del 5,6 per cento (contro il 5,7 per cento ipotizzato in un primo tempo).
Anche per la Russia stanno suonando diversi campanelli di allarme: a luglio 2013 l'indice Pmi dell'industria manifatturiera è sceso per la prima volta dall'agosto 2011 sotto i 50 punti, toccando i valori minimi dal dicembre 2009. Ancor prima, l'Fmi e la Banca Mondiale avevano espresso il loro pessimismo riguardo all'economia della Russia, riducendo le previsioni di crescita del Pil per il 2013 rispettivamente al 2,5 e 2,3 per cento.
La Russia, in qualità di presidente del G20, ha concentrato la sua attenzione sulla necessità di una crescita degli investimenti per consentire la ripresa dell'economia globale. Come ha sottolineato il coordinatore del Gruppo degli esperti economici Evsej Gurvich, "il tema generale della ripresa dell'economia comprende due questioni fondamentali: come mettere in moto il motore dello sviluppo, vale a dire gli investimenti, e come ridurre i rischi costruendo un'architettura finanziaria internazionale e prevenendo quegli squilibri che potrebbero causare una nuova crisi".
G20, Mosca veglia al capezzale della crescita
Secondo il principale economista di Deutsche Bank, Yaroslav Lisovolik, un obiettivo di estrema importanza per i Paesi del G20 è la creazione di istituzioni in grado di attirare gli investimenti in maniera efficiente. Dmitri Polevoj, economista della banca ING, ritiene che sia indispensabile un rafforzamento dei controlli sull'efficacia degli investimenti, e un cambiamento delle politiche statali di sostegno agli investitori.
Un'altra questione assai significativa che il G20 dovrà affrontare è quella delle società offshore (la "de-offshorizzazione" dell'economia) e delle misure coordinate di lotta all'evasione fiscale. Secondo Lisovolik, "è di estrema importanza che alcuni Paesi non si tengano in disparte e non dirottino verso di sé una parte dei flussi finanziari".
La lotta all'evasione fiscale è strettamente legata alle misure anticorruzione, che saranno oggetto di discussione nel prossimo summit. L'elaborazione del piano d'azione per questo problema è iniziata sotto la presidenza della Russia e continuerà dopo il passaggio del testimone all'Australia: il piano prevede una serie di azioni coordinate per assicurare l'indipendenza delle agenzie anticorruzione, la lotta al riciclaggio del denaro sporco e dei proventi della corruzione, la limitazione della libertà di spostamento per i funzionari statali riconosciuti colpevoli di reati di corruzione. I politici ritengono che anche il mondo degli affari non debba restare in disparte nella lotta alla corruzione.
Tutta una serie di temi che non potranno essere trascurati dai leader politici mondiali, oltre a quelli già citati, sono stati "ereditati" dalla Russia dai Paesi che l'hanno preceduta alla presidenza del G20. Tra questi temi, in particolare, vi sono la continuazione della riforma dell'architettura finanziaria mondiale e la regolamentazione finanziaria. La revisione delle quote nel Fmi in favore dei Paesi in via di sviluppo era stata approvata dai Venti già nel 2010, ma per ora la riforma resta impantanata, cosa che preoccupa in primo luogo i Paesi Brics.
Il tema delle guerre monetarie invece, attivamente discusso negli incontri del G20 sia nel 2011 che nel 2012, ha già perso la sua attualità. Prima del turno di presidenza di Mosca al G20, a suscitare la preoccupazione generale erano stati il conflitto tra Cina e Stati Uniti, ma anche gli interventi valutari del Brasile.
L'ammorbidimento della politica monetaria e creditizia del Giappone, che ha condotto a un sostanziale indebolimento dello yen, non ha suscitato invece forti critiche da parte dei politici nei summit precedenti; il che di fatto equivale ad autorizzare i Paesi a mettere in atto una politica monetaria più morbida per raggiungere l'obiettivo principale: stimolare la crescita economica.
Tutti i diritti riservati da Rossiyskaya Gazeta
Iscriviti
alla nostra newsletter!
Ricevi il meglio delle nostre storie ogni settimana direttamente sulla tua email