Nel 2012 è stata pubblicata la prima Guida dei vini di Russia, che raccoglie 55 etichette di 13 cantine (Foto: Ufficio stampa Abrau-Durso)
Russia e vodka, d'accordo. Ma Russia e buon vino? Fino a poco tempo fa, la Federazione non avrebbe mai scomodato grandi intenditori enologici, per via dei vini di scarsa qualità prodotti in epoca sovietica. Ma la situazione sta cambiando.
In Russia, fino a pochi anni fa, quando un turista ordinava del vino, gli veniva servita una bottiglia importata o vini dolci e semidolci di dubbia qualità, in stile sovietico. Quattro quinti dei vini prodotti oggi in Russia sono ancora varietà semidolci di scarsa qualità, a base di concentrato.
Fortunatamente, è in aumento anche il numero di vini russi di qualità superiore, con uve coltivate in casa o prodotti con uve francesi e d’importazione, mediante tecnologie enologiche moderne.
Alla fine del 1950, secondo l'Istituto internazionale del vino, l'Urss occupava il quinto posto mondiale per espansione dei vitigni e il settimo in volume di produzione di vino (Foto: Mikhail Mordasov)
Mentre la maggior parte del territorio russo non è adatto alla coltivazione della vite, i climi più caldi delle regioni di Krasnodar e Rostov, vicino al Mar Nero, sono ideali per la produzione di vini che potrebbero benissimo competere con le migliori etichette europee.
La coltivazione della vite nella regione del Caucaso, nel Sud della Russia, risale a prima dell’Antica Grecia. L’industria del vino iniziò a svilupparsi seriamente in Russia nel tardo XIX secolo, quando lo zar Alessandro II e i nobili, amanti della bevanda, importarono alcune tecniche di vinificazione francesi.
Questa tradizione subì tuttavia una battuta d’arresto in epoca sovietica, quando i russi iniziarono a consumare e a prediligere vini semidolci e frizzanti. Attualmente, molti russi non amano i vini secchi perché li considerano troppo acidi. Stalin, di etnia georgiana, fece il possibile per promuovere questa tradizione.
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A metà del XX secolo, l’Unione Sovietica occupava il quinto posto, nel mondo, per numero di vigneti e il settimo per produzione di vino. L’industria vinicola sovietica godeva dell’appoggio entusiasta di Stalin e del suo ministro per la Produzione alimentare, Anastas Mikoyan.
La Georgia e l’Armenia, con i loro terreni fertili e il clima pseudo mediterraneo, che caratterizza la regione del Caucaso meridionale, hanno una ricca tradizione vitivinicola, che è antecedente persino a quella dell’Antica Grecia.
Prima della Rivoluzione del 1917, in Russia, il vino era bevuto solo dall’aristocrazia. Tutto cambiò con Stalin, il quale sosteneva che il vino dovesse essere accessibile a tutti i cittadini sovietici.
Gli scienziati che vennero reclutati per risolvere il problema, riuscirono a produrre varietà di uva resistenti al gelo e ad alto rendimento. L’unico difetto era la qualità: i vini prodotti con queste uve erano a malapena bevibili, a causa della loro elevata acidità e mancanza di sapore.
Per porre rimedio a questo difetto, si iniziò ad aggiungere ai vini zucchero d’uva e spesso alcol etilico, una pratica che è ampiamente diffusa, ancora oggi, nell’industria vinicola russa.
“Alcuni stabilimenti in Iran o in Italia utilizzano uve cattive o gli scarti dei succhi per produrre un concentrato che è essenzialmente zucchero d’uva poco raffinato”, spiega Yelena Denisova, presidentessa del consiglio di amministrazione di Chateau le Grand Vostock, una delle poche aziende russe produttrici di vino di buona qualità.
“Si tratta di un ottimo camuffamento. Il concentrato viene aggiunto al vino acido di bassa qualità in fase di fermentazione o miscelato con materiale vinicolo già fermentato, nel tentativo di correggere il suo terribile sapore. Vengono poi aggiunti aromi e coloranti artificiali”.
In epoca sovietica, gli operai brindavano alla salute di Stalin con vini che oggi farebbero inorridire un nativo di Bordeaux. Negli anni ‘80, sotto la direzione di Mikhail Gorbaciov, la maggior parte dei vigneti furono chiusi o riconvertiti ad altri usi.
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Ciononostante, a partire dal 2000, sono emerse un paio di cantine che producono vini di buona qualità, come ad esempio la Abrau-Durso vicino al porto di Novorossijsk, sul Mar Nero, e la Chateau le Grand Vostock.
Pavel Titov, proprietario della Abrau-Durso, ha dichiarato: “Un vino frizzante, con il quale un tempo banchettavano gli zar di Russia, può ora essere degustato in tutta Londra. Abbiamo voluto dare, fin dall’inizio, ai nostri clienti britannici più esigenti, un vino diverso e originale”.
Nell'industria del vino russo spicca la cantina Abrau-Durso, sulle colline alle spalle del porto di Novorossiysk, sul Mar Nero (Foto: Mikhail Mordasov)
Nel 2012, è stata pubblicata la prima Guida dei vini russi, in cui vengono descritti 55 vini prodotti da 13 cantine russe della regione di Krasnodar, tra cui Fangoria, Lefkadia e Chateau du Talus. I sommelier russi che hanno contribuito alla stesura della guida confidano che la comparsa sul mercato di “grandi vini russi” non sia troppo lontana.
I produttori di vini russi di qualità hanno a lungo spinto per prezzi di vendita al dettaglio minimi. “Perché mantenere i posti di lavoro di vignaioli pessimi o produttori iraniani di concentrato?, - afferma Elena Denisova. - Perché non creare invece posti di lavoro per i produttori di buon vino, nel Sud della Russia?”.
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