Il tavolo dei relatori seminario “L’Unione doganale tra Russia, Kazakhstan e Bielorussia”, a Milano il 21 marzo 2013 (Foto: Ufficio stampa)
Un Pil complessivo da due trilioni di dollari e 180 milioni di abitanti. Sono questi i numeri dell’Unione eurasiatica fra Russia, Kazakhstan e Bielorussia (che assieme rappresentano l’83 per cento del potenziale economico dell’ex Urss), possibile nuovo eldorado per l’export italiano. Se solo le nostre imprese sapranno coglierne le potenzialità.
Del tema si è discusso in occasione del seminario “L’Unione doganale tra Russia, Kazakhstan e Bielorussia”, organizzato il 21 marzo 2013 a Milano dall’Associazione Conoscere Eurasia, insieme, fra gli altri, a Promos-Camera di Commercio di Milano e a Intesa Sanpaolo.
“Le aziende italiane devono fare i conti con una rivoluzione culturale e creativa per uscire dalla crisi e l’Unione eurasiatica fa parte di questa rivoluzione”, sintetizza così il suo pensiero Antonio Fallico, presidente di Banca Intesa Russia e dell’Associazione Conoscere Eurasia.
Soprattutto considerando che “lo spazio eurasiatico ha sempre suscitato un grande interesse, in particolare per la Russia che viene vista come una sorta di potenziale ‘corridoio’ tra Occidente e Oriente”, osserva Alexey Paramonov, console generale della Federazione a Milano. Grazie all’unione fra i tre Paesi, dove dal 2010 è attivo il regime tariffario comune e da circa un anno il libero scambio di merci e persone, infatti, la Russia, dove le imprese italiane sono ben inserite (sono circa 500 quelle che operano stabilmente sul territorio, in gran parte Pmi) può diventare un ponte strategico a costo zero verso il promettente Kazakistan e la ancora poco conosciuta Bielorussia. “Sono circa 20mila gli esportatori italiani nella Federazione e potrebbero beneficiare della possibilità di trasferire a costo zero le merci negli altri due Paesi”, sottolinea Giuseppe Castelli, vice presidente del Comitato Tecnico per l’internazionalizzazione di Promos – Camera di Commercio di Milano.
E ancora molti sono i vantaggi (a partire dalla semplificazione delle transazioni internazionali) che potrebbero arrivare alla aziende italiane con la piena realizzazione del processo che punta ad arrivare nel 2015 all’attesa Unione economica eurasiatica. “Si tratta di un passo fondamentale che ci consentirà di far avanzare ulteriormente il processo di integrazione fra i nostri tre Paesi, attraverso la libera circolazione di persone, servizi, merci e capitale”, spiega Tatiana Valovaya, ministro dell’Integrazione e della Macroeconomia della Commissione economica eurasiatica.
Le nostre imprese, però, sembrano ancora non del tutto pronte a cogliere la sfida. Nel 2012 l’interscambio commerciale dello Stivale con i tre Paesi si è attestato a 34,4 miliardi di euro (in crescita del 10% rispetto al 2011 e del 70% sul 2005).
L’interscambio con l’Italia rappresenta, però, solo il 3,5% di quello totale dell’area, a fronte del 9% della Germania. “Le nostre aziende devono rendersi conto che questi tre Paesi rappresentano un mercato strategico non solo dal punto di vista petrolifero o energetico, ma soprattutto in ambito tecnologico, di fonti rinnovabili e di design industriale, solo per citare alcuni settori che presentano grandi prospettive di business per l’Italia”, specifica Walter Ambrogi, responsabile direzione internazionale Intesa Sanpaolo. Occorre dunque “aprirsi a partnership con player che operano in questi mercati e puntare su iniziative comuni, il che significa imparare a collaborare con gli imprenditori russi, kazaki e bielorussi”, conclude.
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