La linea di produzione Fiat nella fabbrica Sollers in Russia (Foto: Itar-Tass)
I tre grandi centri del potere economico italiano, Unicredit, Intesa SanPaolo e Generali, cercano in Russia, primo mercato delle auto in Europa, le potenzialità di crescita che la Penisola non è più in grado di offrire. Ma il successo non è scontato.
“Unicredit è molto focalizzata sul corporate. Siamo tra le prime cinque banche del Paese, la prima internazionale. Ma sul retail non siamo così forti: questa operazione nei prossimi quattro-cinque anni ci porterà mezzo milione di clienti in più”. Il direttore generale di Unicredit, Roberto Nicastro
L’ultimo passo in ordine di tempo è stato compiuto da Unicredit, che, a metà febbraio 2013, ha concluso un accordo con Renault-Nissan per creare una banca specializzata nell’offerta di servizi finanziari dedicati ai clienti russi della multinazionale dell’automotive (che può contare anche sui marchi Infiniti, Dacia e Lada-Vaz). L’intesa porterà alla nascita di una joint venture, con il 60 per cento in capo a Renaul-Nissan e il 40 nelle mani dell’istituto di credito italiano.
L’obiettivo è cavalcare il boom del mercato automobilistico russo (+12 per cento le immatricolazioni nel 2012 per un ammontare di 2,9 milioni di unità), destinato a conquistare la leadership europea entro il 2020. Al di là dei numeri, l’operazione ha un valore strategico per Unicredit, impegnata a sviluppare le attività di retail banking nella Federazione, considerato che l’attuale presenza è concentrata soprattutto sul fronte corporate, con circa 1,2 milioni di clienti, che ne fanno la quinta banca nel Paese, la prima tra quelle straniere.
La direzione è chiara: a fronte delle debolezze che caratterizzano l’economia del Belpaese, la banca italiana ha deciso di puntare con vigore su un Paese in forte crescita e con un elevato potere di influenza anche sugli Stati vicini. Del resto, l’attuale numero uno della banca di Piazza Cordusio, Federico Ghizzoni, in passato, è stato responsabile del business nell’Europa Centro-Orientale, per cui conosce bene le potenzialità di quei mercati.
Dodici per cento: la crescita delle immatricolazioni di auto nel corso del 2012 in Russia, per un totale di 2,9 milioni di unità vendute. Si tratta del secondo mercato europeo
Non è da meno Intesa SanPaolo, che nel primo semestre 2012 ha visto balzare del 122 per cento l’utile netto generato da Banca Intesa Zao. Ca’ de Sass negli ultimi anni è stata protagonista di grandi investimenti nel Paese, dal finanziamento per il gasdotto Blue Stream, costruito con la partecipazione di Eni, a operazioni di trade finance e project financing con Gazprom, Rusal, Rosneft ed Evraz Group, Mechel, solo per citare i nomi più noti.
Per entrambe le banche, il target di riferimento non è costituito solo dalla clientela russa, ma anche dalle imprese italiane che sempre più spesso puntano sulla Federazione proprio per ritrovare le potenzialità di crescita perdute in patria.
Grande interesse verso la Russia viene mostrato anche da Generali. Il primo gruppo assicurativo italiano (terzo in Europa) ha raggiunto un accordo per rilevare entro il prossimo anno il restante 49 per cento della joint venture Generali Ppf Holding, attiva nel mercato assicurativo dell’Europa Centro-Orientale. A vendere è stato il finanziere ceco Petr Kellner, nell’ambito di un’operazione che ha portato sotto il diretto controllo del gruppo triestino anche il 38,46 per cento della compagnia russa Ingosstrakh, una delle più importanti del mercato.
Contestualmente, Generali Ppf Holding cederà a PPF Group le attività assicurative focalizzate sul credito al consumo in Russia, Ucraina, Bielorussia e Kazakhstan. La Russia è un mercato assicurativo che cresce al ritmo del 6-7 per cento annuo, il doppio rispetto all’Europa Occidentale.
Resta il fatto che non sono solo i big italiani del credito a muoversi con decisione nel mercato russo: anche i francesi e i tedeschi stanno seguendo la stessa strada, senza dimenticare il peso crescente assunto negli ultimi anni dagli operatori locali. Ma già il fatto di esserci, a fronte della debolezza mostrata dagli imprenditori italiani in altri settori strategici, è un segnale positivo.
L'articolo è stato pubblicato nel numero cartaceo di "Russia Oggi" del 28 febbraio 2013
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