Amarsi un giorno a Mosca

Il riflesso della Cattedrale di San Basilio a Mosca.

Il riflesso della Cattedrale di San Basilio a Mosca.

: Oscar W. Rasson
La capitale vive nei suoi vicoli, nei suoi cortili, tra i parchi. Ed è proprio in questi luoghi che scaturisce il carattere più intimo della città, il suo fascino erotico. Nel nuovo libro “Mosca, luogo d’incontri”, una raccolta di memorie nostalgiche nata dalla collaborazione tra i più grandi scrittori russi contemporanei tra cui Bykov e Ulitskaya, la città e i suoi quartieri vengono messi a nudo. E privati di tutti i loro segreti

Sono quasi 870 anni che Mosca, come un’entità viva, accoglie in sé la molteplicità delle epoche storiche, passando dalla Rus imperiale a una confortevole provincialità fino alla grandiosità staliniana dei suoi viali e dei suoi grattacieli. In ogni epoca Mosca è sempre stata la Musa di molti scrittori russi, continuando a essere tuttora una fonte d’ispirazione per gli artisti contemporanei.

Nel mese di agosto è uscita una raccolta di racconti nostalgici dal titolo “Mosca, luogo d’incontri” (a cura di Elena Shubina, Ast, 2016). A narrare le trasformazioni subite dalla città nel corso delle diverse epoche storiche e la vita segreta dei suoi quartieri sono, tra gli altri, Lyudmila Ulitskaya, Dmitrij Bykov, Dmitrij Glukhovskij, il musicista Andrej Makarevich, l’artista Alena Dergileva e il regista Rolan Bykov.

Rbth propone alcuni brani della nuova raccolta dedicata alla capitale russa.

Rolan Bykov (1929-1999), attore, regista, scrittore e sceneggiatore

Non posso trasmettervi il sentimento profondo per Mosca che si è andato sviluppando in me a partire dai sei-otto anni. Questa città la sentivo talmente mia che per me stendermi da qualunque parte e sonnecchiare – quando crollavo di stanchezza  – era un fatto naturale. Conoscevo degli angoli dove ci si poteva appartare e vedere cose che a un bambino piccolo di solito non è consentito vedere. Ci orientavamo molto facilmente nella città. Mio fratello maggiore usava dire: “Su, facciamo un bel viaggio per Mosca”. E per qualche ragione doveva trascinarmi sempre con sé d’inverno. Dopo mezz’ora ero già tutto intirizzito e lui, maledicendomi, mi portava in giro per musei oppure a zonzo per la città, facendomi fare un’infinità di scoperte. Era incredibilmente interessante accompagnarlo in questi vagabondaggi e lui vedeva cose che a me sfuggivano. Ho imparato molto da mio fratello e oggi la gente trova interessante passeggiare con me per la città.

Mosca è il mio amore, il mio sangue, la mia essenza e forse è per questo che quando sono arrivato a New York la prima volta mi sono detto: “Questa è la mia città!”. Ha lo stesso ritmo di Mosca. Non prestiamo mai attenzione al ritmo di vita delle persone, eppure è importante.

Serbo nella memoria alcuni segreti moscoviti che riguardano, per esempio, San Basilio e il monumento a Gogol. Da giovane una volta che mi ero innamorato ho attraversato la Piazza Rossa verso le tre del mattino per tornare a casa in via Zatsepa. Era estate. Arrivavo dal Museo Storico e mi dirigevo verso la Via Balchug. San Basilio si erge su un punto elevato e al chiarore del crepuscolo la chiesa si distingue confusamente. Ma a ogni passo, come nell’immagine riprodotta da una fotografia, si materializza in tutta la sua folle bellezza. Quel mattino lo notai per la prima volta. Il magico segreto di questo stupefacente monumento dell’architettura russa è una sintesi armoniosa dei suoi ibridi elementi, così come Mosca stessa.

La Cattedrale di San Basilio. Fonte: Vladimir Astapkovich / TASSLa Cattedrale di San Basilio. Fonte: Vladimir Astapkovich / TASS

Dmitrij Bykov, poeta, scrittore, giornalista

Mosca vive nei suoi vicoli, nei suoi cortili e il suo fiume non scorre diritto, ma scorre a zigzag. Ed è proprio da questo andamento del fiume che scaturisce il carattere della città. È qui che risiede il vero volto di Mosca: nelle acque tiepide della Moscova, invasa dai pollini dei pioppi, coi suoi candidi baffi spumeggianti, che si dipana dietro le linee dei tram e il Neskuchnyj sad (il Giardino allegro), anch’esso misterioso e quasi sempre deserto. Sta qui il suo vero volto e non nella pomposità delle parate o nel Gum. Il tempo scorre come l’acqua in uno stagno, immoto.

E da qui scaturisce il suo fascino erotico. Le Colline Lenin (oggi Colline dei Passeri, ndr) non sono soltanto la corona di Mosca, ma come dire… il suo “poggio dell’amore”, come le definisce Aksenov, ricordate? Sono il luogo più erotico della città poiché nei suoi dintorni si trovano gli studenti e l’Mgu e tutti quelli che non hanno un posto dove andare d’estate vengono qui tra questi cespugli con intenzioni ben determinate. O perlomeno io facevo così. Lì, proprio nel punto dove la Moscova forma un anello, il bosco comincia a estendersi fin quasi dalla riva. Basta risalire un po’ e si trovano degli splendidi prati ombrosi, quasi inaccessibili alla vista. Nelle calde serate estive non c’è luogo migliore. Per far cosa, mi chiederete. Per tutto. Un’infinità di volte sono andato lì allo scopo di baciarmi con qualcuna, impossibile contarle, e una decina di volte non mi sono limitato solo ai baci. Chi l’avrebbe mai pensato di poter scovare così facilmente a Mosca un luogo dove poter fare tutto questo all’aria aperta? Certo, bisogna saper trovare i posti giusti, ma io dopo tutto sono cresciuto in questa città.

Uno scorcio di Mosca dalle Colline dei Passeri. Fonte: Panthermedia / Vostock-photoUno scorcio di Mosca dalle Colline dei Passeri. Fonte: Panthermedia / Vostock-photo

Ed è proprio lì che una volta ho portato una ragazza con l’intenzione di baciarla, quella stessa che ho amato forse più d’ogni altra in tutta la mia vita, ormai non più così breve. Non ho mai più amato e odiato nessun’altra così. Siamo stati insieme per diciassette anni, e posso dire che ne è valsa la pena.

Dmitrij Glukhovskij, scrittore di narrativa fantastica, autore del romanzo “Metro 2033”

Quando ci siamo trasferiti a Ostankino avevo forse tredici anni. Doveva essere il '92, l’Unione Sovietica era appena crollata e davanti alle stazioni del metro cominciavano a manifestarsi i primi focolai di libero commercio, si vendeva di tutto, dalle manette alle pellicce di visone. Dopo le nove di sera era pericoloso girare per le strade e tutta l’infrastruttura imperiale, compresi i suoi attributi culturali, si metteva in vendita e cominciava a decomporsi.

È successo così anche con VDNKh.

Ma se il vostro Arbatik e tutte le Tverskaya-Yamskaya della città, degradandosi, erano diventati il ricettacolo di accattoni e veterani senza gambe, VDNKh, per merito dell’incuria statale, ora appariva anche più bella.

Il mio primo contatto con questo quartiere risale alla mia soleggiata infanzia di cemento dell’era sovietica, non avevo provato una vera infatuazione, ma solo un sentimento di infantile stupore. Neanche a farlo apposta di VDNKh mi sono innamorato davvero solo nell’adolescenza. A quel tempo avevamo preso un cane e bisognava portarlo a passeggio. È vero, lì nei dintorni c’erano anche il parco Dzerzhinskij e il Giardino botanico, ma come avrebbero potuto competere con VDNKh? Da nessuna parte mi è mai capitato di trascorrere tanto tempo quanto a VDNKh, da solo e in compagnia di mio fratello e degli amici.

VDNkh. Fonte: Panthermedia / Vostock-photoVDNkh. Fonte: Panthermedia / Vostock-photo

Non entravamo dall’ingresso principale, ma da quello laterale della Khovanskaya, dopo aver lasciato le nostre case prefabbricate e avere oltrepassato le townhouse ultraborghesi del Viale dei Cosmonauti, perfettamente visibili dalla strada. Ci immergevamo subito nei fiumicelli d’asfalto delle viuzze secondarie che serpeggiavano sotto gli alberi frondosi e girovagamo dove capitava.

Vagabondare così, senza una meta definita, per VDNKh era la cosa migliore: ogni volta c’era di che stupirsi, scoprivamo sempre qualcosa di nuovo.

Cosa conoscete di VDNKh? Il padiglione del “Cosmo”, probabilmente, o la fontana dell’“Amicizia dei popoli”. Vale a dire niente.

Anch’io non conoscevo niente.

E ho scoperto, come Colombo, in un mare arboreo e frusciante, isole incredibili perché tutta VDNKh è piena di costruzioni inspiegabili e bizzarre che non potrebbero esistere in nessun altro angolo della Terra se non in questo territorio.

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