Diciottesimo secolo. Una nave pirata assalta l’imbarcazione su cui l’erede di una contea inglese si sta recando da Calcutta verso l’Inghilterra con la sua sposa…
Questo è l’incipit del romanzo d’avventura “Naslednik iz Kalkutty”(“Наследник из Калькутты”; ossia “L’erede di Calcutta”; non tradotto in italiano) scritto “alla luce di un lampada a cherosene in una povera baracca sperduta nella taiga, senza appunti, senza poter guardare una carta geografica o un libro”. Il suo autore, Robert Shtilmark lo scrisse in un gulag sovietico, contro la propria volontà.
Fu imprigionato nel 1945 in base all'articolo 58-10 – per “agitazione controrivoluzionaria” (ovvero, più comunemente, “per aver parlato troppo”) e inviato ai lavori forzati in un campo dell’Estremo Nord. Un recluso per reati penali, che distribuiva gli incarichi di lavoro, propose all’istruito Shtilmark uno “schema” reciprocamente vantaggioso: avrebbe sollevato il nuovo arrivato dai lavori più faticosi, e questi, in cambio, avrebbe scritto per lui un romanzo storico. Il “Capo” voleva inviare a suo nome questo libro in dono a Stalin, sperando, per qualche motivo, di guadagnarne un’amnistia o una riduzione della pena per meriti artistici.
Sulla copertina della prima edizione del libro “L’erede da Calcutta”, risalente al 1958, comparivano sia il nome di Shtilmark che quello di Vasilevskij
Detgiz, 1958 / RuDa, 2019Shtilmark leggeva ogni capitolo ai prigionieri, nel campo era rispettato e soprannominato “padre-romanziere”.
Alla fine, il manoscritto finì nelle mani dell’NKVD, ma anche le autorità ne furono entusiaste e lo restituirono all’autore. Nel 1958, dopo la morte di Stalin, “L’erede di Calcutta” fu pubblicato per la prima volta.
PER SAPERNE DI PIÙ: Come la stesura (sotto minaccia) di un romanzo d’avventura salvò la vita a uno scrittore nel gulag
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