Ratmansky risveglia la Bella addormentata alla Scala

All centro, l'étoile russa Svetlana Zakharova

All centro, l'étoile russa Svetlana Zakharova

Brescia e Amisano / Teatro alla Scala
Fino al 23 ottobre il teatro scaligero ospita una rappresentazione unica, firmata da Alexei Ratmansky e interpretata dalla regina del balletto russo Svetlana Zakharova. Realizzato in coproduzione con l'American Ballet Theater, lo spettacolo propone una nuova interpretazione, frutto di anni di studi degli appunti di Nikolay Sergeev, assistente di Petipa

“La bella addormentata” è una sfida persino per le compagnie più distinte. Riconosciuta come “enciclopedia del balletto classico”, l'opera esige la più alta maestria non solo da parte degli esecutori dei ruoli principali, ma anche da parte del più marginale partecipante del corpo di ballo che compare in scena al seguito della regina.

A Milano è stata presentata la prima del nuovo spettacolo di Petipa, scritto all'epoca del trionfo del virtuosismo italiano per la prima ballerina italiana Carlotta Brianza (1867-1930) e oggi riportato in scena fino al 23 ottobre 2015 da Svetlana Zakharova con la coreografia di quel genio di Alexei Ratmansky, in coproduzione con l’American Ballet Theater.

 

Svetlana Zakharova e Jacopo Tissi (Foto: Brescia e Amisano / Teatro alla Scala)

Il direttore artistico della troupe, Makhar Vaziev di San Pietroburgo, ha dedicato sei anni del proprio lavoro a Milano e alla creazione di un vero e proprio corpo di ballo accademico e di coro, senza il contributo dei quali il “grande balletto” di Petipa sarebbe impensabile e per le cui abilità vengono apprezzate le compagnie di balletto classiche. Dopo aver già tentato, quasi vent’anni fa, di ripristinare il leggendario balletto attenendosi agli appunti degli assistenti di Petipa, Vaziev, anche questa volta ha voluto dare la sua preferenza non alla versione “ufficiale” della redazione (così si chiama la versione sovietica standard del 1952 di Konstantin Sergeev), bensì a una rappresentazione con dettagli storici.

La Scala è intervenuta nella co-produzione insieme al potente American Ballet Theater facendosi carico delle scenografie e dei costumi. Lo spettacolo, la cui prima messa in scena è avvenuta a Costa Mesa (California, Stati Uniti d’America) nel marzo di quest'anno, per poi essere rappresentato a New York e in seguito a Milano, è opera di Alexei Ratmansky. Uno dei principali coreografi della contemporaneità, Ratmansky negli ultimi tempi si è immerso profondamente nello studio dell'eredità di Petipa, portando in scena “Le corsaire” al Bolshoy Teatr, “Paquita” al balletto bavarese e quindi preparandosi al ritorno alla Scala (co-produzione con il balletto di Zurigo) con “Il lago dei cigni”.

Un momento della rappresentazione (Foto: Brescia e Amisano / Teatro alla Scala)

Ratmansky ha fatto ricerche negli archivi dell'università di Harvard, dove sono conservati gli appunti di Nikolay Sergeev, assistente di Petipa. Il suo obiettivo è quello di cercare di ritornare a quella concezione del virtuosismo dei tempi della prima de “La bella addormentata”, quando la morbida scuola francese si scontrò con l'irruenza della scuola italiana “dalle punte di acciaio”, quando cioè restava un solo passo al grandioso fouetté dimostrato a San Pietroburgo due anni più tardi, dopo la famosa prima di Pierina Legnani.

Ratmansky aggiusta le angolature delle posizioni delle ballerine rispetto alla sala, cerca di insegnare ai danzatori contemporanei l'antica arte del controllo dei movimenti del torso, che deve essere più flessibile ed espressivo, nonché la mimica, che non necessita di alcuna sottolineatura nel libretto. E anche se per ottenere questi risultati in Russia i ballerini hanno dovuto infrangere i canoni abituali, la giovane troupe della Scala riproduce con entusiasmo queste lezioni.

Massimo Murru (Foto: Brescia e Amisano / Teatro alla Scala)

Definire questa messa in scena “scientifica” per via della profondità dell'approccio storico con cui è stata affrontata è possibile solo in parte. Il coreografo ha dovuto tagliare una parte della musica e delle danze, compreso l'intervallo per violino di Chaikovsky, dal momento che lo spettatore contemporaneo (e insieme ad esso i sindacati) non sono preparati a quattro ore di féerie. La scenografia e i costumi sono stati prodotti dall'americano Richard Hudson su modello della messa in scena di Diagilev del 1921. Ma anche i tessuti per i costumi, le scarpette a punta e la luce non obbediscono ad una ricostruzione fedele dell'originale, sono stati usati modelli e metodi contemporanei. Come avrebbero voluto i creatori dell'originale Chaikovsky, Vsevolozhsky e Petipa, la féerie milanese è risultata essere complessa e multistrato. Per coloro il cui cuore è rimasto sordo alle mani dolcemente arrotondate e alle pose a freccia dei ballerini, rimangono la classe di Svetlana Zakharova nel ruolo di Aurora e di Massimo Murru nel ruolo del satiro Carabosse, oltre all'arte dei giovani ballerini della Scala Jacopo Tissi (Principe Désiré), Nicoletta Manni (fata dei lillà e Aurora), Claudio Coviello (l'Uccello Blu).

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