Tutti i colori del sacro. Le icone russe svelate a Firenze

Una delle icone in mostra (Foto: ufficio stampa / www.clponline.it)

Una delle icone in mostra (Foto: ufficio stampa / www.clponline.it)

Si tratta della più antica collezione al di fuori del mondo ortodosso, le cui origini sono ancora incerte. L’esposizione, inserita nel ciclo “I mai visti”, resterà aperta nella Sala delle Reali Poste degli Uffizi fino al 1° febbraio 2015

Nel cuore degli Uffizi di Firenze si nasconde un tesoro dell’arte russa: è la più antica collezione di icone esistente al di fuori del mondo ortodosso, di nuovo visibile al pubblico per un breve periodo grazie all’esposizione promossa dall’Associazione Amici degli Uffizi.

La rassegna “Collezione delle icone russe agli Uffizi” è ospitata dal 20 dicembre 2014 al 1 febbraio 2015 nella Sala delle Reali Poste del Museo fiorentino, in un allestimento suddiviso in tre sezioni che raggruppano le tavole dipinte per temi. La mostra fa parte del ciclo “I mai visti”, che ogni anno offre ai visitatori la possibilità di ammirare opere poco note del patrimonio museale.

I due esemplari più antichi, un’icona mariana e una rappresentazione della Decollazione del Battista, sono databili tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo e conservano ancora la caratteristica coperta d’argento, detta okdel: la loro presenza, tra le suppellettili della cappella di Palazzo Pitti, è attestata già dal Seicento.

Le altre opere risalgono perlopiù alla prima metà del XVIII secolo: “Si tratta di un nucleo molto più antico rispetto alle raccolte di icone normalmente circolanti in Europa, la cui importanza è riconosciuta anche dagli studiosi russi”, spiega Daniela Parenti, che ha curato l’allestimento della mostra insieme a Valentina Conticelli e Vincenzo Gobbo.

Le origini della collezione, composta da ottantuno immagini sacre, sono avvolte dal mistero. I tratti stilistici lasciano supporre che le icone provengano dalle botteghe della Russia centrale, ma non si conosce nulla di certo su come siano giunte in Toscana, nel periodo della dominazione lorenese sul granducato.

Una possibile spiegazione, basata su una scritta presente sul retro dell’icona con le Storie del Cristo, chiama in causa la chiesa ortodossa della Santissima Trinità di Livorno, eretta alla fine del sesto decennio del XVIII secolo con il favore del granduca Francesco Stefano di Lorena.

Secondo questa affascinante ipotesi, le icone toscane potrebbero essere uno dei vari doni votivi tributati dalla zarina Caterina II di Russia alle comunità ortodosse d’Occidente, sulla base di un preciso disegno politico: è da ricordare infatti che durante la guerra russo-turca (1768-1774) le navi della flotta zarista stabilirono una base d’appoggio proprio a Livorno.

Dopo un’iniziale collocazione a Palazzo Pitti, le icone “greco-mosche” furono ospitate per un ventennio nel “Gabinetto di pitture antiche” degli Uffizi, in seguito alla risistemazione voluta dal granduca Pietro Leopoldo che comportò lo spostamento di numerosi capolavori dalle regge medicee alla Galleria.

Una delle icone in mostra (Foto: ufficio stampa / www.clponline.it)

Il Gabinetto comprendeva un originale insieme di antichità e opere d’arte precedenti alla “maniera moderna”, tra cui una serie di dipinti toscani a fondo oro, capolavori del Primo Rinascimento di Angelico, Paolo Uccello e Botticelli, coppe paleocristiane, smalti e mosaici.

Nel 1796, questo nucleo di opere “primitive” venne smantellato e la raccolta di arte sacra russa venne trasferita nella villa medicea di Castello, più tardi residenza reale dei Savoia, dove rimarrà fino al XX secolo. Depositate a Palazzo Pitti e poi alla Galleria dell’Accademia, le icone sono infine tornate agli Uffizi.

Al termine dell’allestimento temporaneo, la collezione potrà finalmente trovare lo spazio che merita grazie al progetto Nuovi Uffizi, il cui completamento è previsto entro i prossimi due anni.

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