Riscoprire l'egemonia della cultura

La scrittrice russa Ludmila Ulitskaya (Foto: East News)

La scrittrice russa Ludmila Ulitskaya (Foto: East News)

Ludmila Ulitskaya, una delle più famose scrittrici russe, parla con Rbth di letteratura, del suo successo all'estero e di politica

La vincitrice del “Russkij Booker”, nonché una delle voci più lucide del panorama culturale russo, Ludmila Ulitskaya, ha conversato con RBTH sulla sua popolarità in patria e all'estero.

Lei è una delle scrittrici russe più lette all'estero. A cosa si deve il suo successo?

A rigor di logica, questa non è una domanda da fare a noi autori, bensì agli studiosi del marketing: sono loro ad analizzare il consumo delle varie merci e a promuoverne la vendita sul mercato. Sì, mi leggono. Mi leggono tanto in Russia quanto all'estero. Ma nessuno ha mai spiegato perché i miei libri godono di molto successo in Ungheria, mentre di ben poco successo in Olanda. O perché in Germania e in Francia la tiratura sia maggiore che negli Stati Uniti e in Spagna. La gente vive in tutto il mondo nello stesso modo: ama, odia, fa vittime, compie crimini e atti eroici... E perché a volte siano i cattivi libri a conquistare il lettore mentre quelli buoni passano inosservati, nessuno lo sa. E come dovrei rapportarmi io al discreto successo dei miei libri all'estero, non lo so. Forse sono buoni? O, al contrario, cattivi? Lo scrittore più venduto al mondo, tra l'altro, è Coelho. E io non lo definirei in nessun modo buono. Al di sotto della media.

 
Ludmila Ulitskaya:
Io, scrittrice femminista?

Ma a che cosa attribuirebbe la sua popolarità in Germania? Là i suoi libri vengono tradotti quasi subito dopo la loro pubblicazione in Russia...

Anche questa è una domanda da rivolgere agli studiosi di marketing. Benché di recente nella Literaturnaja Gazeta, così mi ha detto uno dei miei lettori, vi fosse scritto che il mio successo in Occidente fosse da attribuirsi ai miei buoni rapporti con l'Istituto di traduzione. Questo mi ha divertito. Ecco una delle risposte, alcuni ritengono che il tutto avvenga tramite conoscenze...

Il libro “Poveri parenti” (“Bednye rodstvenniki”) è uscito nel 1993 dapprima in Francia e solo in un secondo momento in Russia. Perchè proprio in Francia?

Per puro caso. Un colpo di fortuna. Ho dato da leggere il mio manoscritto a un'amica traduttrice e lei, a sua volta, lo ha dato ad un'amica francese che lavorava per Gallimard. Quest'ultima lo ha trasmesso alla casa editrice, dove lo hanno letto e apprezzato. Così nel '91, mi pare, per posta ho ricevuto il contratto da Gallimard. E nel 1993 è uscita la raccolta “Poveri parenti” in francese. Questo è stato il mio primo libro di racconti. Nel 1994 il libro è uscito anche in russo per la casa editrice “Slovo”. Di nessun successo si poteva parlare in Russia: metà degli esemplari li ho comprati io stessa e continuo a conservarne alcune copie a casa. Mentre per Gallimard ho pubblicato in questi anni 19 libri.

Lei comunque si considera scrittrice europea o russa?

Russa. Anche se questo non piace a tutti.

Non posso fare a meno di farle domande legate alla politica: lei distingue la politica dall'impegno sociale e dalla letteratura?

Ma davvero esiste chi nel mondo non distingue queste tre sfere della vita? La gerarchia è evidente: al vertice vi sta la cultura in tutte le sue manifestazioni, più in basso, la vita sociale, mentre la politica, che pretende di coordinare il creato, si trova al livello più infimo. Aleksandr Sergeevich Pushkin è vissuto nell'epoca di Alessandro I e non il contrario e nessuno ricorda se Dante fosse guelfo o ghibellino, o chi occupasse il trono papale ai tempi in cui Leonardo da Vinci eseguiva le commissioni del papa... I politici esagerano fortemente il loro ruolo ma sono ben in grado di rovinare la vita di altre persone.

Cosa ne pensa lei della libertà di parola nel nostro paese? È presente in qualche modo? 

Durante il periodo sovietico era decisamente peggio. Per quanto riguarda la letteratura, la censura è praticamente assente. Oggi regna un altro tipo di controllo ideologico: quello commerciale. Che è comunque migliore. Ma oggi prevale il rumore informativo, che copre la parola libera. Benché chi voglia sentirla questa parola non sia privato della possibilità di farlo. Per ora. E la tendenza non dà molto a sperare, ma bisogna ricordare che nessuno rovista più nelle valige alla ricerca di testi proibiti. E questa è una fortuna.

Ovviamente tutti i lettori stranieri hanno seguito la vicenda di Mikhail Khodorkovsky. Sono stati pubblicati i vostri dialoghi, la corrispondenza. Ci dica, lei ritiene che la liberazione di Khodorkovsky abbia rappresentato un passo in avanti per la Russia? Di recente, Khodorkovsky ha dichiarato di essere pronto a diventare Presidente, all'occorrenza. Lei lo sosterrebbe nel caso in cui lui decidesse di farsi avanti?

Io sono molto contenta che abbiano liberato Khodorkovsky, sarebbe fantastico se liberassero un altro paio di persone i cui crimini non sono stati provati. In nessun modo mi viene in mente di considerare la liberazione di Khodorkovsky un passo indietro o un passo avanti. Il processo è stato fantasmagorico, dall'inizio alla fine. Su questo tema verranno scritti (e già ci sono) molti libri interessanti. Il discorso sul futuro Presidente mi sembra del tutto inutile, quando la questione è già stata risolta, in anticipo.

Di quali progetti si sta occupando ora il fondo di Ludmila Ulitskaya?

Il lavoro del fondo si è fermato per una serie di ragioni: innanzitutto, io ho finito i soldi; in secondo luogo c'è un ammasso spropositato di resoconti cartacei che bisogna presentare agli ispettori o ad altre organizzazioni ancora e tenere un dipendente apposta perché si occupi di tutte queste carte costa più del fondo stesso. Risulta assurdo.

Lei ha partecipato al Congresso “Ucraina-Russia: dialogo” ad aprile di quest'anno a Kiev. Che cosa ne pensa, quando e come si concluderà questo conflitto? Lei sta facendo qualcosa nella sfera sociale o culturale per contribuire alla sua risoluzione?

Siamo in una situazione di stallo che durerà a lungo. Entrambe le parti si son date da fare non poco affinché il processo diventasse irreversibile. Nello spazio culturale io non ho avvertito alcuna contraddizione sanguinosa: con gli scrittori, gli artisti, i musicisti e gli altri partecipanti del mondo della cultura è possibile condurre colloqui intelligenti e fruttuosi. Mentre a livello di propaganda è una catastrofe: escalation dell'odio, pretese reciproche, sospetto, ipocondria. Evidentemente c'è una parte della società che ha molta voglia di fare la guerra. Noi cerchiamo di costruire ponti, che vengono però distrutti con tanta efficacia dalle nostre autorità. Ci sono alcuni progetti letterari congiunti che stiamo tentando di realizzare. Ma è tutto molto difficile, occorre superare le barriere. Né il governo russo, né quello ucraino sono interessati a questi collegamenti culturali. E la cosa è molto triste. Per colmare questa lacuna dovrà passare ancora molto tempo. Temo si tratti più di una generazione.

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