Uno dei pezzi in mostra (Foto: Olesya Kurpyaeva / RG)
Alcuni reperti sono rimasti chiusi per oltre vent’anni nei depositi statali. Nella maggior parte dei casi, non erano mai stati mostrati prima d’oggi. Il cappello di Lenin, la pipa di Stalin. Oggetti che hanno ispirato film, canzoni e poesie. E proprio a questi oggetti è dedicata la mostra “Il mito dell’amato leader”, inaugurata presso il Museo statale di Storia, in Piazza Rossa.
Alcuni di questi oggetti erano stati mostrati in Svezia, in Germania e in altri Paesi, ma in Russia no. Perché? “Le immagini che raffiguravano i leader - spiega lo storico Lyubov Lushina, fra gli ideatori della mostra -, dovevano rispondere a determinati canoni. Le opere che non soddisfacevano questi parametri venivano scartate. Stalin, ad esempio, era sempre ritratto con uno sguardo fisso, che comunicava sicurezza e serenità”, mentre egli nella realtà – piccolo di statura e con il volto segnato dal vaiolo – non ispirava la dovuta riverenza.
Il fatto è che le biografie dei leader non erano eroiche quanto a questi sarebbe piaciuto. Ecco perché tutti questi oggetti non furono mai mostrati al pubblico. Come ad esempio i cartoncini che si usano a scuola per insegnare le lettere e i numeri ai bambini, e che Krupskaya, moglie di Lenin, aveva impiegato per aiutare il marito a tornare a leggere e fare di conto dopo che questi era stato colpito da un ictus. O l’immagine che Stalin aveva ritagliato dalla sua rivista preferita, “Ogonyok”, che ritraeva una ragazza intenta a sfamare un agnello con un biberon. Si tratta di testimonianze che non corrispondevano all’immagine pubblica del leader e non contribuivano certo alla sua rappresentazione eroica. I leader dovevano essere considerati delle icone. Icone della nuova religione, inventata dalle autorità sovietiche.
Uno dei pezzi in mostra (Foto: Olesya Kurpyaeva / RG)
La nuova religione
Vedendo nella fede ortodossa una sorta di rivale, i bolscevichi vi si opposero in ogni modo, demolendo i templi e reprimendo i sacerdoti. Tuttavia, poiché “il luogo sacro non è mai vuoto”, dopo aver messo al bando croci e icone essi furono costretti a inventarsi qualcosa di nuovo, attingendo alla simbologia sovietica. La stella rossa a cinque punte divenne così la nuova “croce”, e Lenin e Stalin presero il posto delle icone. I padri della Chiesa erano tradizionalmente ritratti con un libro chiuso, che simboleggiava il sacramento, o un libro aperto, che indicava il sentiero che porta alla verità. Analogamente, in occasione del settantesimo anniversario della nascita di Stalin fu realizzato un poster nel quale il leader appare con un libro aperto nella mano sinistra, a indicare il suo ruolo di “torcia del comunismo”. Tra i doni presentati a Stalin vi è persino un’iconostasi portatile, che raffigura il leader in sei diverse fasi della vita.
La “religione sovietica” aveva sempre assegnato a Lenin il ruolo di un santo: era considerato immortale (“Lenin vivrà per sempre”, recitava un popolare slogan), e si credeva che le sue spoglie, conservate nel Mausoleo, non si sarebbero mai deteriorate (grazie all’aiuto di un intero laboratorio chimico!). Al pari dei santi, Lenin (a differenza di Stalin) non fu mai ritratto mentre rideva. Ed è forse questo il motivo per cui il busto ligneo che lo ritrae ridendo, oggi esposto, non fu mai esibito.
Lenin e Stalin nel mondo
Lenin ricevette doni da ogni parte del mondo: dal Giappone (un suo busto ligneo lo ritrae con gli zigomi marcati e gli occhi a fessura, come fosse egli stesso un giapponese) al Madagascar (nero, con tratti negroidi). C’è persino un busto realizzato da Clare Sheridan, nipote di Winston Churchill. Anche questo fu messo al bando, perché “troppo naturalistico”. C’è anche la leggenda ciukca dell’eroe Lenin, incisa su una zanna di tricheco, e innumerevoli ritratti realizzati con semi, piume di uccello, pelle di puledro, lanugine di pioppo, filo metallico, ambra, zucchero e perline. Vi è persino un ritratto composto dai testi delle citazioni di Lenin, creato da un carcerato mentre scontava una condanna per aver falsificato del denaro. Lenin godeva anche del suo rispetto. O forse, con un simile dono, il falsario sperava di essere scarcerato anzitempo. Stalin ricevette una quantità di doni tale che nel 1949, per il settantesimo anniversario della sua nascita, per esporli ci fu bisogno di tre diversi musei. I regali provenivano tra l’altro dall’Italia, dalla Francia, dalla Germania e dall’Argentina.
Uno dei pezzi in mostra (Foto: Olesya Kurpyaeva / RG)
Oltre agli splendidi pannelli di seta inviati da Mao, che Stalin appese alle pareti della sua casa estiva, vi sono una valigetta realizzata con la pelle di un intero coccodrillo brasiliano e una raccolta di pipe d’epoca. A proposito di pipe: anche il fatto che Stalin fumasse la pipa era una leggenda. “Nel privato, Stalin fumava sigarette - spiega Lushina -. Ricorreva alla pipa solo durante i negoziati e gli incontri ufficiali, perché gli consentiva quelle intense pause staliniste e gli conferiva un aspetto più autorevole”. Stalin non visitò la mostra dei suoi regali, perché di persona non avrebbe retto al confronto con tutte quelle rappresentazioni idealizzate della sua persona. Tuttavia incoraggiò, per motivi ideologici, la falsa rappresentazione delle proprie fattezze. Una volta, mentre partecipava a una mostra dedicata al quindicesimo anniversario dell’Armata Rossa, Stalin si fermò di fronte a un quadro che lo mostrava intento a ispezionare un reggimento di cavalleria nel 1919. “Di certo Stalin sapeva di non aver mai assistito a quell’evento - afferma Lyubov Lushina . Tuttavia, nel vedere quel quadro egli sorrise, e durante la sua visita tornò più volte ad ammirarlo”.
I visitatori della mostra
I visitatori della mostra hanno scritto sull’apposito libro messo loro a disposizione frasi come “Del genio di Lenin ci sarà ancora bisogno” o “Gli attuali occupanti del Cremlino non sono nulla rispetto alla grandezza di Lenin e Stalin”. Alcuni giovani comunisti hanno scritto: “Noi, appartenenti alla nuova generazione di marxisti e leninisti, siamo grati al museo: il vostro lavoro ci esorta a continuare a seguire l’esempio di Lenin. Pur essendo pochi, i nostri cuori ardono e le nostre menti sono assetate di conoscenza”. I miti continuano dunque ad esercitare fascino e ad attrarre una varietà di persone. Alla mostra ha partecipato lo stesso Lenin, intervenuto per ammirare i suoi ritratti: un sosia del leader si è infatti presentato al museo dopo l’orario di lavoro, e ha posato per i turisti sulla Piazza Rossa. La mostra “Il mito dell’amato leader” è stata allestita presso il Museo statale di storia, 2/3 Piazza della Rivoluzione, Mosca, e rimarrà aperta sino al 13 gennaio 2015. Sono disponibili audioguide in lingua.
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