Nel buco nero della tirannia

Lo scrittore Martin Amis (Foto: Alamy / Legion Media)

Lo scrittore Martin Amis (Foto: Alamy / Legion Media)

Lo scrittore Martin Amis visita per la prima volta la Russia. E racconta dei suoi due libri dedicati a Stalin e agli orrori del '900

Un classico vivente della letteratura inglese. E nei suoi libri, Martin Amis, si è occupato molto anche della Russia sovietica: del 2002 il suo romanzo sui crimini staliniani dal titolo Koba il Terribile, mentre il romanzo successivo, La casa degli incontri, è ambientato in un gulag. Di recente è venuto per la prima volta in visita in Russia e ha raccontato come nel XX secolo l’ideologia abbia sostituito la religione, spiegando perché Hitler continui a restare un mistero, mentre Stalin no.

Lei ha scritto molto su Stalin e sui gulag ed è in Russia per la prima volta. Che impressione le fa?

Esotica e affascinante. Sono in Russia solo da 24 ore, ma anche ora durante il tragitto fin qui in auto ho avvertito tutta l’imponenza dello Stato russo. E non mi riferisco solo all’immensità della terra russa, è come un enorme moloch che può anche soffocarti. Questo si riflette sia nel tempo che nell’architettura con i suoi monumentali edifici che incarnano il peso dello Stato.

Che cosa pensa della Russia attuale? A suo avviso, la si può confrontare con l’impero sovietico?

Come è già stato osservato, qualcuno doveva pur sperimentare il comunismo sulla propria pelle e così si è creato il più grande Stato della Terra. A Cuba mi son sentito dire che quella del comunismo di per sé avrebbe potuto essere anche una bella idea, ma che qualcosa non ha funzionato. Ma il fatto è che si tratta di una cattiva idea. Qui in Russia avete fatto tutto il possibile per riuscire a ottenere dei risultati. Gorbacev, prima che tutto crollasse, di notte leggeva e rileggeva Lenin cercando di capire che cosa fosse andato storto. Quella comunista però era un’idea terribile fin dalle origini, un’idea contro natura e si ha sempre bisogno del terrore quando si è fuori dalla norma. Sono entusiasta dei russi, solidarizzo con loro e sono certo che ce la faranno.

Quello sovietico era uno Stato terribile, ma esistevano degli ideali, un sogno. Ora invece abbiamo perduto tutti i nostri ideali, non è forse meglio così?

La mia ideologia è non avere ideologie e non farsi condizionare dalle regole, ma ho sentito parlare di una ripresa fenomenale della religione dopo la dissoluzione dell’Urss. Ecco, questo è un tentativo concreto di sostituire i valori del comunismo, ma si potrebbe dire anche il contrario e cioè che l’ideologia del XX secolo non è stato che un tentativo di sostituire la religione. Dio è morto, che cosa accadrà dunque? Si può rifiutare la religione e sostituirla con l’ideologia che poi è la stessa identica cosa, solo in una forma più sfumata. È come smettere con l’eroina e passare al metadone; sì, in fondo col metadone la vita è un po’ più semplice. Ma nel XX secolo abbiamo assistito a un ritorno della barbarie come non si vedeva da molti secoli, l’ideologia politica si è rivelata assai più nociva della religione. Quando qualcosa scompare è però necessario trovare come rimpiazzarlo, è inevitabile.

Il suo libro su Stalin, Koba il Terribile, non è ancora stato tradotto in russo. Può aggiungere qualcosa di nuovo sul personaggio Stalin?

Potrei dire che avrebbe più senso tradurre La casa degli incontri, il mio libro sul gulag, ma ho appena concluso un nuovo romanzo sull’Olocausto e sul Terzo Reich, La zona di interesse. Così ora ho due libri sul Terzo Reich e due sull’Unione Sovietica. È la parte più consistente della mia produzione. Mi piacerebbe un giorno o l’altro scrivere un terzo libro sulla Germania nazista per arrivare a una trilogia. Alla fine de La zona di interesse vi è una tabula gratulatoria e un saggio sull’anomalia dell’Olocausto e su come nessuno, neppure gli storici, sia in grado di comprendere il fenomeno Hitler. Lo dicono esplicitamente: “non capisco Hitler”. Nessuno farebbe mai affermazioni simili su Stalin. Stalin come personaggio non sfugge alla mia comprensione di scrittore. È molto importante che sia un montanaro caucasico, permaloso e con il dente avvelenato nei confronti dei suoi nemici. E che aspirasse a essere dialettico; Bukharin sostiene che Stalin moriva dal desiderio di diventare un autorevole teorico del marxismo dialettico e il suo Breve corso di storia del Partito comunista bolscevico è assolutamente chiaro, comprensibile, ma sul piano intellettuale estremamente modesto. Bukharin fu, al contrario, un teorico straordinario.

Scrivendo di Stalin, il suo approccio è stato identico a quello che ha avuto con altri personaggi dei suoi romanzi?

Non ho nessun problema a trattare Stalin come un qualunque personaggio letterario. Certo, Stalin è incredibilmente vendicativo e spietato, ma afferrabile, mentre Hitler non lo è, Hitler è un buco nero.

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