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Per anni Sochi è stata meta di villeggiature per poeti e scrittori (Foto: Lori / Legion Media)

Per anni Sochi è stata meta di villeggiature per poeti e scrittori (Foto: Lori / Legion Media)

La letteratura, il teatro, il cinema. Sochi ha da sempre ispirato scrittori e registi. Che ne apprezzavano soprattutto il suo essere un perfetto buen retiro...

La bellezza della natura. Il clima mite. L'orizzonte che lega il mare al Caucaso. Sochi ha sempre rappresentato un buen retiro per gli scrittori russi. Fu qui, ad esempio, che il drammaturgo Isaac Babel e la futura moglie Antonina Pirozhkova trascorsero del tempo agli inizi della loro storia d’amore nel 1933. La città e i suoi dintorni venivano continuamente citati da poeti e novellisti nelle loro opere letterarie. Tra gli altri: la perla della riviera russa viene menzionata nei versi di Boris Pasternak, che visitò il Caucaso con la famiglia nel 1928, e nella prosa di un altro premio Nobel, Ivan Bunin. Nei pressi di Sochi, nelle fitte foreste di montagna, a pochi passi dalle sponde del mare tropicale, viveva il protagonista del suo racconto “Kavkaz” (“Caucaso”). Fu proprio qui, in questo “luogo primitivo, ricoperto da fitti boschi di platani, arbusti fioriti, sequoie, magnolie, melograni, e puntellato da palme nane e cipressi solitari”, che il protagonista condusse l’amata per ritrovare la felicità rubata.

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Un altro premio Nobel per la letteratura, il poeta Josif Brodsky, cita la città di Sochi nel suo poemetto “Albert Frolov”: “Il due gennaio, a tarda notte, / il mio piroscafo ormeggiò a Sochi. / Assetato, mi misi a vagare / per i vicoli che si addentravano / dal porto al centro, e nel cuore della notte / mi imbattei nel ristorante Kaskad”. Non a caso, il ristorante “Kaskad”, o meglio il “Kaskad-Prestizh”, situato in pieno centro a Sochi, è diventato successivamente un luogo di pellegrinaggio per gli appassionati di Brodsky. Inoltre, il nome della città viene citato anche nell’interessante romanzo autobiografico di Mikhail Zoshchenko “Prima che sorga il sole”. Lo scrittore lo considerava la sua opera principale; tuttavia, in epoca sovietica, la pubblicazione del romanzo venne sospesa ed esso venne pubblicato integralmente, per la prima volta, negli Stati Uniti, nel 1968.


Fra le opere prodotte a Sochi, quella più celebre è “Come fu temprato l’acciaio” di Nikolai Ostrovsky (Foto: Lori / Legion Media)

In “Prima che sorga il sole” Zoshchenko, scrittore conosciuto in tutta l'Unione Sovietica per i suoi feuilleton umoristici e sarcastici, analizza la malinconia nera che lo tormentava: cerca le cause della malattia, ricordando vari episodi della sua vita, e allo stesso tempo un modo per vincerla. Sochi diventa una località di cura, in cui lo scrittore si reca per sconfiggere l’angoscia con l’aiuto della medicina.

Il Caucaso e la letteratura

Il Caucaso fu un luogo davvero prolifico per gli scrittori russi. Fu proprio in questa regione che, durante il servizio militare, Lev Tolstoj compose i suoi primi scritti. Egli trascorse nel Caucaso due anni, dal 1851 al 1853, e da allora vi fece più volte ritorno grazie ai suoi libri. Anche dopo la crisi spirituale che portò lo scrittore a rinnegare le sue opere artistiche, Tolstoj continuò ad apprezzare in maniera incondizionata il poema “Il prigioniero del Caucaso” (che, ai nostri giorni, vanta già due versioni cinematografiche).

Trent’anni prima di Lev Tolstoj, anche il poeta Alexander Pushkin rimase folgorato dalla bellezza dei paesaggi del Caucaso. Anch’egli scrisse la sua versione de “Il prigioniero del Caucaso”, un’opera in versi che parla dell’amore di una giovane circassa per un affascinante soldato russo.

Un altro cantore del Caucaso è il poeta Mikhail Lermontov, che fece qui il servizio militare e fu ucciso in un duello a Pyatigorsk. La tematica caucasica fa da filo conduttore a molte delle sue opere, come il romanzo “Un eroe del nostro tempo”, i poemetti “Khadzhi-Abrek”, “Mtsyri”, “Ismail Bey” e via dicendo.

Se parliamo invece delle opere prodotte a Sochi, lo scritto più famoso è forse il romanzo eroico-galante “Come fu temprato l’acciaio” di Nikolai Ostrovsky. Lo scrittore era affetto da una grave forma di artrite. Egli decise di trasferirsi a Sochi, dopo essersi curato sulle sponde del Mar Nero ed essere rimasto folgorato dalla “straordinaria bellezza” di questi luoghi. Costretto a letto dalla malattia e dalla rapida perdita della vista, causata da una ferita alla testa riportata durante il servizio nell'Armata Rossa, Ostrovsky iniziò a lavorare al suo romanzo autobiografico nel 1930. “Come fu temprato l’acciaio” divenne un’opera culto dell’epoca sovietica. I personaggi e le immagini dell’opera erano la quintessenza degli ideali romantici della rivoluzione e del socialismo; e il nome del protagonista - Pavel Korchagin – venne subito usato come toponimo per designare le strade in diverse città russe, tra cui la stessa Sochi. Durante l’Urss, il romanzo fu ripetutamente adattato per lo schermo, e nel 2000, la Cina lanciò una propria serie televisiva, girata in studi di registrazione cinesi.

Sempre a Sochi il drammaturgo e favolista Evgeny Shvarts compose una delle sue pièce teatrali più celebri, “Un miracolo ordinario”. In epoca sovietica essa venne adattata al cinema per ben due volte: nel 1964 e nel 1978. Si tratta di una bella e commovente parabola sulla forza dell’amore, capace di miracoli. La pièce narra la storia di un mago che trasforma un orso in un ragazzo. Per tornare a essere un orso, il ragazzo deve far innamorare di sé una bellissima principessa. Dopo aver incontrato un’incantevole principessa, l’orso, tuttavia, si rende conto che la cosa che di più vuole al mondo è restare umano. La seconda versione cinematografica, diretta dal regista Mark Zakharov, fu un vero e proprio successo.

La città di Sochi e i suoi dintorni si possono scorgere anche nelle celebri commedie sovietiche dirette da Leonid Gaidai “Crociera di lusso per un matto” e “Una vergine da rubare”. Girata nel 1968, “Crociera di lusso per un matto” è una divertente commedia in cui un uomo qualunque - “un umile impiegato sovietico, padre di famiglia esemplare” - rimane invischiato in una storia di contrabbando ed è conteso tra polizia e criminali. Durante una crociera, che gli è stata regalata come premio per l’ottimo lavoro svolto, il protagonista scivola e si rompe un braccio. I contrabbandieri presenti sulla nave ne approfittano per nascondere nel gesso del malcapitato una partita di diamanti e introdurli così illegalmente nell’Urss.


La composizione teatrale “Un miracolo ordinario” di Evgeny Shvarts venne scritta a Sochi (Foto: Lori / Legion Media)

Secondo il portale "Kinopoisk.ru", la commedia occupa il terzo posto tra i film nazionali più visti nella storia della distribuzione cinematografica sovietica.

Al quarto posto di questa classifica troviamo l’altra commedia di Gaidai “Una vergine da rubare”, girata nel 1966. Le sorti di questa pellicola furono, al contrario dell’altra, un po’ più complicate: la storia del rapimento della bella Nina, una giovane atleta, membro del Komsomol, venne considerata da molti all’inizio troppo fantastica e poi troppo frivola. Il film venne così vietato. A quanto pare, le proiezioni vennero nuovamente autorizzate da Leonid Brezhnev in persona, che amava molto questo film. Nelle vicinanze di Sochi sono state girate le riprese e le vedute più estreme, come, ad esempio, l’abisso su cui si affaccia la finestra dell’affascinante prigioniera e la scena della caduta nel torrente di montagna del protagonista, salvato dalla coraggiosa ragazza.

Sochi ha fatto da sfondo anche a molte commedie sovietiche (Foto: Lori / Legion Media)

Sochi compare da sfondo anche in altri classici del cinema sovietico, come i film per bambini “Il vecchio Hottabych” (1956) e “Vnimanie, cherepakha” (“Attenzione, tartaruga!”) (1969), quando la località balneare era ormai già straordinariamente conosciuta. Infine, nel 1990, nel periodo della post-perestroika, il nome della città compare nel titolo di un’altra commedia-avventura “V gorode Sochi tyomnye nochi” (“A Sochi le notti sono buie”) di Vasili Pichul.

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