Fonte: Ufficio Stampa

Gli incontri al Maneggio

Artisti che non avevano mai collaborato tra loro prima d'ora si sono ritrovati fianco a fianco: al piano -2 una parete di 150 metri quadri è stata riempita dai disegni di tre artisti. L'americano Mark Licari e l'uruguaiano Ricardo Lanzarini hanno affermato: "Noi due abbiamo un cognome italiano, vorremmo che il terzo artista fosse un italiano a tutti gli effetti". La curatrice della Biennale, Catherine de Zegher, ha invitato allora Andrea Bianconi e i tre artisti insieme hanno ideato una composizione sul tema della rotazione e della trasformazione delle cose. Alcuni elementi della composizione sono inquietanti, altri sono pieni di humour; un cane si trasforma in uno spazzolone per pavimenti e altri personaggi fantastici si inseguono, incalzandosi a vicenda.  

Foto: Aleksandra Sopova

L'installazione dei filippini Alfredo e Isabel Aquilizan (Foto: Aleksandra Sopova)

L'installazione dei filippini Alfredo e Isabel Aquilizan, in cui slitte, sci e scarponcini si inseguono vorticosamente, è chiaramente rivolta, tesa in direzione del Cremlino, e sembra quasi che voglia attraversare la parete della sala. Alcune slitte sono pezzi da museo, vecchie di secoli; altre furono realizzate a mano alla fine del XX secolo; quelle più semplici, di fabbricazione industriale, sono state donate da comuni cittadini che hanno risposto a un appello su Internet.  

L'arte che parla della quotidianità

L'installazione dell'artista cinese Song Dong occupa uno spazio enorme. Egli ha diviso per categorie migliaia di oggetti appartenuti a suo padre: scarpe consumate, tubetti di dentifricio spremuti, stoviglie, vecchie riviste legate in fasci, biancheria e, persino, pezzi di polistirolo provenienti dalle confezioni di elettrodomestici. La madre di Song Dong ha raccolto questi oggetti per tutta la vita. Esponendoli in un museo, l'artista vuole aiutare la madre a superare il grave lutto causato dalla morte del padre.

Foto: Aleksandra Sopova

L'installazione di Song Dong (Foto: Aleksandra Sopova)

"L'opera di Song Dong è di una forza incredibile: è una metafora delle circostanze della vita quotidiana che fagocitano l'uomo e gli impediscono di opporre resistenza e pensare per grandi categorie; è uno sguardo sul mondo attraverso il prisma della quotidianità", ha dichiarato a Russia Oggi Iosif Bakshtejn, da sempre tra i curatori della Biennale. "Dall'altra parte, essa rappresenta un tentativo di tracciare un nuovo confine tra ciò che è arte e ciò che non lo è".  

L'arte sulla discriminazione e sull'ecologia

Catherine de Zegher (la prima donna curatrice della Biennale di Mosca) afferma che non ritiene degni di partecipare all'esposizione i progetti dedicati ai cataclismi politici dell'attualità. Ciò non significa però un'assoluta apoliticità.

"La Biennale è politicizzata e riflette le intenzioni femministe della curatrice: ad esempio, è stata invitata a partecipare l'artista uzbeca Umida Akhmedova, che nelle sue fotografie ritrae delle ragazze mediorientali insieme alle rispettive suocere; da ciascuno scatto si può intuire qual è il rapporto tra le due generazioni di donne nella famiglia", spiega Iosif Bakshtejn.   

A tale proposito, quest'anno, per la prima volta, alla Biennale è stata rispettata la percentuale del 50 per cento: la metà dei partecipanti è di sesso femminile.

Nella manifestazione hanno trovato posto anche dei progetti dedicati ai problemi degli aborigeni. L'artista australiano Richard Bell ha presentato un'opera della famosa serie intitolata "Il teorema di Bell". Sopra al quadro astratto si legge la scritta: "I primi devono diventare gli ultimi, e gli ultimi devono diventare i primi". Ai problemi degli aborigeni è dedicata anche l'opera "I tre fiumi" dell'australiana Lorraine Connelly-Northey. Questa installazione, fatta di pezzi di ferro arrugginiti, ricorda quanti non hanno accesso nemmeno all'acqua potabile.

Il lavoro dell'irlandese Tom Molloy è dedicato all'ambiente dei comizi e delle manifestazioni: nella sua installazione si mescolano manifestanti con cartelli a favore o contro le medesime posizioni. Al girotondo di una manifestazione politica canadese gli spettatori della mostra possono "partecipare" mettendosi in piedi tra gli schermi dell'installazione "Girotondo" dell'americano Alan Michelson.

L'opera "Gli innamorati" di Julie Mehretu, artista etiope che vive negli Stati Uniti, fa riferimento agli avvenimenti del Cairo. Alla situazione in Iran è dedicata invece una parete decorata con delle farfalle ornamentali: i genitori dell'artista iraniana Parastou Forouhar, noti oppositori del regime, furono brutalmente assassinati nel 1998. Se si osserva l'opera da vicino, si scopre che ciascuna delle "farfalle" dedicate alla memoria dei genitori è fatta di immagini di corpi smembrati o di donne in pianto raggomitolate su se stesse. Il nome della madre dell'artista in arabo significa "farfalla". 

Utopia e realtà nella stessa sala

Foto: Aleksandra Sopova
L'opera "Campo arato"
del russo Aleksandr Brodskij
(Foto: Aleksandra Sopova)

Le opere classiche sono rappresentate alla Biennale dal dirigibile del belga Panamarenko (uno pseudonimo ottenuto dall'abbreviazione di Pan American Airways), che, dal 1969, anno in cui fu creato, ha girato ormai per tutti i musei del mondo. L'artista è solito realizzare apparecchi volanti di carattere utopistico.

Accanto al dirigibile vi è l'opera "Campo arato" del russo Aleksandr Brodskij: un portale di legno tutto consumato, un ingresso che conduce non si sa dove, con su lo stemma della Metropolitana di Mosca. Alcuni volontari hanno lavorato per tre giorni per accartocciare i fogli di alluminio necessari per l'installazione.

Al piano -2 un'autrice classica dell'arte contemporanea, Mona Hatoum, ha appeso una ragnatela fatta di sfere di vetro che rifletteranno tutto ciò che avverrà alla Biennale.

La polacca Gosia Wlodarczak, che vive in Australia, ha disegnato con un pennarello bianco su tutte le superfici trasparenti della sala al pian terreno: ha immortalato tutto ciò che vedeva intorno a sé, persino i volti dei lavoratori del museo e le costruzioni di servizio. Tutte le linee tracciate dall'artista hanno lo stesso spessore, perché non esistono avvenimenti di maggiore o minore importanza: questo è il principio cui si attiene nel riflettere la realtà.

"Ciascuna epoca, il romanticismo, il modernismo, e così via, possiede un proprio modello del mondo, anche in senso spazio-temporale, - afferma Bakshtejn. - Attualmente non vi è una grande corrente che predomina e gli artisti rivolgono la loro attenzione a varie condizioni spaziali, temporali, e di vita: non quelle del gran mondo, ma della normale quotidianità. Non è una concezione europea: qui vi sono molti artisti asiatici, e ciascuno di loro presenta il proprio modello di mondo nelle condizioni neocapitalistiche. Qui viene presentata una delle possibili immagini del mondo. Verranno a vederla intere folle di gente: ormai gli spettatori non hanno più né aspettative né preconcetti, e sono preparati a tutto".

Per maggiori informazioni sulla Biennale di Mosca cliccare qui