Fondata nel 1964, l’etichetta nazionale “Melodija”, nel corso di 25 anni, fino cioè alla fine degli anni Ottanta, è stata l’unico produttore e diffusore di massa di musica nel Paese. Il suo archivio è enorme e unico al mondo, conta alcune centinaia di migliaia di incisioni: musica classica, jazz, musica da varietà, corali popolari, trasmissioni radio. Verso la fine della perestrojka arrivarono anche le canzoni del rock sovietico.
Il vinile è sempre stato il prodotto base della “Melodija”; per un certo periodo passato totalmente di moda, ora è di nuovo alla ribalta. La produzione di cd invece sta vivendo tempi duri. In Europa, come pure a Mosca, i negozi di dischi continuano a chiudere.
La principale casa discografica sovietica, la “Sojuz”, svende i suoi album, il volume di affari sta subendo un tracollo. È iniziata l’epoca del downloading e la musica si è trasferita sulla Rete. Quando “Melodija” ha aperto l’archivio digitale per scaricare dal suo negozio online, la prima reazione degli utenti è stata: “Si sono svegliati tardi!”.
In effetti molte delle incisioni della “Melodija” sono già state caricate da tempo su Internet per fini non commerciali, per esempio nei tracker, nei blog e nei social network. Anche i pirati non se ne stanno con le mani in mano. Gli utenti spesso e volentieri condividono gratuitamente con il resto del mondo le tracce delle loro librerie musicali. Molto poi è stato ripubblicato su cd.
Già, il progetto è in ritardo. Ma c’è qualcosa di più importante della velocità. Per la prima volta tutta la musica sovietica è stata caricata su un solo server e segmentata in modo pratico. Il negozio “Melodija” risponde della qualità dei prodotti che nella musica pirata di solito è molto relativa e dà la possibilità di ascoltare e comprare singole tracce.
I prezzi fissati non sono alti, se non altro, più bassi di quelli di iTunes: 12 rubli per una canzone, 59-120 per un album. Molte incisioni sono state restaurate. Ma la cosa fondamentale è l’assoluta legalità del progetto, una possibilità rara per i frequentatori della rete russa di scaricare buona musica senza violare i diritti d’autore di nessuno.
Le difficoltà però non mancano. Per ora è possibile acquistare soltanto dalla Russia, ma nel prossimo futuro promettono di conquistare il mondo intero. Si compra soltanto in rubli, ma in futuro sarà accettata qualsiasi valuta e metodo di pagamento. Ora le tracce sono nello scomodo formato .wav, ma diventeranno mp3 e flac. E così via. C’è ancora molto lavoro da fare, ma le cose sono state avviate.
I contenuti invece sono una storia a parte. Al momento è stata caricata in Rete soltanto una piccola parte, quella su cui “Melodija” ha i diritti d’esclusiva. È in fase di discussione la questione dei diritti connessi.
“Per ora si parla della vendita di canzoni i cui diritti siano esclusivamente della Melodija, - afferma Andrei Krichevskij, direttore generale della casa discografica. - Abbiamo lanciato il negozio e stiamo testando se avrà successo. Se tutto andrà bene, inizieremo a fare accordi con altri detentori di diritti, se le tracce non sono nostre al 100%, ma per esempio appartengono ad altri, fino a vendere tutta la nostra produzione”.
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Nell’archivio sono presenti molti brani di musica classica: “Melodija” aveva registrato i concerti di Herbert von Karajan, Yehudi Menuhin, Glenn Gould e molte altre celebrità andate in tournée in Unione Sovietica, “L’antologia per pianoforte di compositori russi e sovietici”, le antologie di illustri solisti ed ensemble tra cui la serie “Russian play Russians” (direttore: Kirill Kondrashin). Ci sono poi singole serie dedicate a Dmitri Shostakovich ed Emil Gilels, rarissime registrazioni delle stelle del varietà sovietico Klavdija Shulzhenko, Anna German, Leonid Utesov, Edita Pecha. E ancora audiolibri…
“Melodia” ha pubblicato soltanto artisti ufficialmente non ostili al potere. Tanto per dirne una, appena scrissero una lettera aperta in difesa di Aleksandr Solzhenitsyn, Mstislav Rostropovich e Galina Vishnevskaya, persero subito la possibilità di incidere per “Melodija” e dovettero rescindere tutti i contratti.
La censura era severa, il Direttivo artistico seguiva con occhio vigile i gusti estetici dei cittadini sovietici: nessun rock clandestino, quasi nessun cantautore né repertorio della mala o di musicisti che avevano rapporti difficili con il potere sovietico. L’eros e altre licenze erano banditi.
Una volta era così, ma adesso, 22 anni dopo il crollo dell’Urss, si è appurato che di canzone d’autore, rock indipendente o hit di musica pop dal contenuto rischioso ce n’è a bizzeffe, mentre la musica della scomparsa civiltà sovietica è diventata una rarità. Si ricorda con nostalgia, riconoscendola dalle prime note. Un fenomeno simile non si ripeterà più e perciò l’archivio della “Melodija” è ancora più prezioso.
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