Quella del Museo di Stato russo è la più grande collezione di arte russa al mondo. Comprende 400.000 opere d’arte pittorica, scultorea e decorativa, conservate, oltre che nel Giardino d’estate, in ben quattro palazzi di San Pietroburgo (Palazzo Michailovskij, Palazzo di Marmo, Palazzo Stroganov e Castello Michajlovskij, detto anche degli ingegneri).
Qui è possibile ammirare la maggior parte dei quadri noti in tutto il mondo, come “L’ultimo giorno di Pompei” di Brjullov o “I battellieri del Volga” di Repin, “L’onda decumana” di Ajvazovskij o “Il cavaliere al bivio” di Vasnecov, accanto ai quali si trovano i celebri lavori di Serov e Bakst, Malevich e Petrov-Vodkin, Vera Muchina e molti altri.
La collezione del museo è una sorta di enciclopedia nella quale si riflettono tutte le epoche nello sviluppo dell’arte russa, i generi, le correnti e le scuole artistiche dal X al XXI secolo. Il museo di arte nazionale è comparso a Pietroburgo molto più tardi rispetto a Mosca, ottenendo però subito lo status di museo pubblico e avendo come sede un palazzo dei gran principi.
Secondo il progetto di Alessandro III doveva diventare l’incarnazione evidente dell’idea russa. Secondo l’opinione della “società progressista” invece avrebbe sancito il ruolo di prim’ordine dell’arte russa nel mondo.
In conformità al progetto originario la collezione doveva comporsi di tre parti: una dedicata alla vita dell’imperatore regnante, un’altra rivolta all’etnografia e ai mestieri e soltanto un terzo degli spazi sarebbe stato assegnato alle belle arti.
La prima sezione però perse ben presto la sua attualità, la seconda si spostò in un museo a parte, mentre il Museo Russo di Sua Maestà Imperiale Alessandro III incominciò ad ampliare la sua collezione non soltanto con opere pittoriche e sculture, ma anche con capolavori architettonici appartenenti a varie epoche.
Inizialmente, il patrimonio del Museo russo si era formato grazie alle collezioni già presenti nell’Ermitage e al contributo delle raccolte di oggetti d’arte donate al museo dalla principessa Tenisheva e dal principe Lobanov-Rostovskij, famosi collezionisti di oggetti di arte russa. Nel 1917 il destino che toccò a strade, palazzi e ad altri elementi urbanistici non risparmiò il museo: la denominazione cancellò il riferimento all’imperatore e venne accorciata in sole due parole: “Museo russo”.
I capovolgimenti che stavano avvenendo nel Paese contribuirono paradossalmente all’ampliamento della collezione. Così la chiusura globale delle chiese e la nazionalizzazione delle proprietà dei nobili comportarono l’arrivo di preziosissime icone e oggetti d’arte nei fondi del museo. Due anni dopo la Rivoluzione d’Ottobre nel museo comparve il “corpus Benois”, così chiamato in onore del direttore, l’architetto Leontija Pavlovich Benois. Pensato tra il 1910 e il 1912 come padiglione per esposizioni e mostre temporanee, nel 1932 si trasformò nella sezione di arte contemporanea del Museo russo.
La guerra, che aveva stretto nella morsa d'assedio la città di San Pietroburgo, riguardò anche la collezione del Museo russo, che, però, grazie agli sforzi di pochi dipendenti, non subì quasi alcun danno. La parte più preziosa fu evacuata a Perm, più di 7.000 tele sparirono dalle pareti del museo, inclusi dipinti giganteschi come “L’ultimo giorno di Pompei” di Brjullov e “Il serpente di bronzo”, quadri di enormi dimensioni con superfici che vanno dai 20 ai 60 metri quadrati. Dovettero toglierli con estrema cautela affinché non si formasse nessuna piega o si rovinassero.
La parte della collezione rimasta nel museo venne nascosta nei sotterranei e nei depositi, mentre il gruppo scultoreo “Anna Ioannovna con il bambino moro” venne interrato nell’appezzamento vicino al museo. Gli sforzi non furono vani: negli anni della guerra più di 40 ordigni caddero sull’area del museo per un totale di circa 100 bombe incendiarie.
La collezione ritornò nella sua sede nell’ottobre del 1945 e quattro anni dopo la ricostruzione del corpus Benois, seriamente danneggiato durante il conflitto, venne inaugurata l’esposizione di arte sovietica. Ogni edificio del Museo di Stato russo ha una sua vita particolare.
Nel barocco Palazzo di Stroganov si può vedere la riproduzione degli interni risalenti all’epoca di Elisabetta. Il Palazzo di Marmo, dall’aspetto severo, eretto all’epoca di Caterina II, ospita rilevanti mostre di arte contemporanea. Il Castello degli ingegneri è una fortezza protetta da un fossato e dai fiumi Mojka e Fontanka, dedicata in gran parte all’epoca dell’imperatore Paolo e celebre per la sua sala conferenza. Il peculiare Giardino d’estate, riaperto dopo il restauro compiuto nella primavera del 2012, è l’ennesima prova che la natura, incorniciata dalle mani di esperti architetti e scultori, possa diventare un monumento urbanistico non inferiore al freddo marmo e al granito.
Nel corso della sua storia più che secolare il museo si è trasformato in un vasto complesso senza eguali nel Paese: ormai è una collezione artistica, un famoso centro di restauro, un istituto di ricerca scientifica. I fondi della biblioteca del museo contengono circa 170.000 edizioni a stampa. Ogni anno varie collezioni viaggiano per i musei del mondo, mentre le porte del Museo russo si aprono per ospitare una cinquantina di esposizioni temporanee.
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