Il libro di due celebri emigrati russi vi insegna a cucinare il kharchò

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La tradizione gastronomica georgiana ebbe un grande successo in Unione Sovietica, e continua ad averlo nella Russia di oggi. Ecco come preparare quella zuppa simbolo

“Noi non siamo in esilio, siamo in missione”, scherzavano Pjotr Vail (1949-2009) e Aleksandr Genis (1953-). Come rappresentanti della prima grossa ondata di scrittori russi emigrati negli Stati Uniti (arrivarono a New York nel 1977), hanno pubblicato articoli culinari sul settimanale di Los Angeles “Panorama” e li hanno poi riuniti nel 1987 nel libro “Russian Cuisine in Exile”. Questo non è un normale libro di cucina, ma una raccolta di articoli spiritosi, pieni di aneddoti e storie del passato sovietico. Un altro scrittore russo emigrato, Sergej Dovlatov, una volta ha detto che questo libro potrebbe essere il ritratto di tutta la generazione. Ecco un capitolo del libro gentilmente concessoci da Academic Studies Press, che ne cura una riedizione (114 pagine con 70 illustrazioni a colori) in uscita in questo novembre. 

Avrò il kharchò!

Il nostro popolo ha abbracciato l’internazionalismo solo in una sfera: la cucina. Offriamo ai nostri amici stranieri pelmeni. I ristoranti russi attirano i clienti a Brighton Beach con il pilaf. I libri di cucina americani includono il satsivi con salsa di noci sotto “Russian Foods”. Il padiglione sovietico alla Fiera Mondiale serviva borshch e shashlyk. Questo è chiaramente un catalogo dei successi delle cucine dell’Asia centrale, dell’Ucraina e del Caucaso, ma si è verificata una grande integrazione, e ora è conosciuta come “cucina russa”. Anche così, non dobbiamo mai dimenticare che il ramo caucasico costituisce l’aspetto più vivace e fantasioso della nostra cucina. E delle cucine caucasiche, la georgiana è quella che brilla di più.

Chiedete a tutti i veri buongustai moscoviti, e scoppieranno in lacrime alla parola “Aragvi”. [Il più famoso ristorante georgiano a Mosca, inaugurato ai tempi di Stalin e ancora aperto]. Coloro che hanno effettivamente attraversato la Georgia (e non hanno solo passato del tempo in qualche resort sul Mar Nero) custodiscono per sempre il ricordo del semplice, inimitabile aroma dei piatti georgiani, ognuno dei quali ispira un proprio poema, come giustamente ha detto Pushkin.

È un peccato grave, persino mortale, considerare il cibo caucasico solo come piccante. Se è vero che la preparazione di solito include il peperoncino e spesso l’aglio, ci vorrebbe un individuo davvero privo di gusto per gettare una manciata di pepe su un piatto e pensare che questo basterò a dargli un sapore georgiano.

La cucina georgiana non è solo piccante, è saporita! E nel suo bouquet di spezie, pepe e aglio occupano uno dei posti più bassi, superati da coriandolo, prezzemolo, dragoncello, basilico, cannella, chiodi di garofano, zafferano, khmeli-suneli [un mix di erbe essiccate]… Sono gli aromi freschi a fare la differenza. Vale a dire, che utilizzare le erbe piuttosto che le spezie essiccate aggiunge un sapore delicato e contribuisce a un effetto saporito e rinvigorente.

Provate a cucinare il kharchò, lo stesso kharchò servito in ogni comune caffetteria. Ma fatelo nel modo giusto, e vedrete che non è una zuppa qualsiasi.

Come cucinarlo:

Prima di tutto, il kharchò non è fatto con l’agnello, ma con la carne di manzo. In generale, i georgiani preferiscono il manzo a tutte le altre carni (il suo unico rivale è il pollo). Quindi, prendete 9 etti di carne magra. Tagliate la carne in cubetti da due centimetri e mezzo, versate 3 litri d’acqua e cuocete per circa un’ora e mezzo. Prendete la carne, filtrate il brodo, portatelo a ebollizione e bollite mezza tazza di riso. Aggiungete il sale e rimettete la carne. Dopo circa 10 minuti, è il momento per il primo set di spezie.

Per il primo set di spezie tritate finemente 4 cipolle di medie dimensioni e friggetele con 1 cucchiaio di farina, una radice di prezzemolo, una foglia di alloro e una dozzina di grani di pepe tritati. Dopo 5 minuti, versateci mezza tazza di noci appena tritate.

Il secondo set di spezie viene aggiunto dopo altri 5 minuti e consiste in 2 cucchiai di prezzemolo tritato, 1 cucchiaino di basilico essiccato e 1/2 cucchiaino di pepe rosso e cannella. Solo allora aggiungete l’acido. I georgiani usano il tklapi (fogli di purè di prugne secche tkemali). Ma qui non abbiamo il tklapi, quindi usiamo 1/2 tazza di succo di melograno o 1/2 tazza di concentrato di pomodoro [non condensato]. Per la variante classica, avreste bisogno anche di khmeli-suneli, ma non abbiamo neanche quello. I negozi russi di solito hanno l’adjika, ma se decidete di usare quella salsa, allora non aggiungete altro peperoncino.

Dopo 5 minuti, spegnete la fiamma. Aggiungete 5 spicchi di aglio schiacciato, 2 cucchiai di foglie di coriandolo e 1/2 cucchiaio di basilico o foglie di sedano e lasciate riposare per circa 5 minuti.

Non solo cucina russa: perché non fare un salto all’uzbeko o al georgiano stasera? 

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