Vignetta: Aleksei Yorsh
La Russia potrebbe uscire dall'accordo sulla riduzione delle armi strategiche offensive stipulato con gli Usa, nel 2010, a Praga. Non si tratta di un'ipotesi o di un semplice rischio, ma di uno scenario realistico di sviluppo degli eventi, come ha avvertito a metà novembre 2012 il viceministro degli Esteri russo Sergei Rjabkov.
Il documento sottoscritto nella capitale della Repubblica Ceca prevedeva la riduzione in pari misura da parte di Mosca e di Washington dei rispettivi sistemi di difesa, operativi e non. La Russia però ha cambiato idea sul disarmo. In occasione della firma del New START, Mosca aveva previsto in un'apposita clausola la possibilità di uscire dall'accordo nel momento in cui il sistema antimissilistico degli Stati Uniti avrebbe rappresentato una minaccia per gli interessi nazionali della Russia. Allora la clausola era sembrata un eccesso di precauzione da parte dei militari. Ma adesso la situazione è completamente cambiata.
Perché Mosca ritiene inaccettabili le prossime fasi dell'iniziativa di disarmo, tanto da rinunciare a uno dei simboli del reset delle relazioni russo-americane, l'accordo New START? Il motivo più evidente è che gli americani stanno continuando a costruire il loro sistema globale di difesa antimissilistica. Secondo i militari russi, questo imponente progetto non fornisce solide garanzie che il sistema antimissilistico non venga rivolto contro le armi strategiche russe.
A differenza di altre iniziative congiunte con l'Occidente, come ad esempio il sistema di controllo dei materiali fissili o l'accordo sulla riduzione degli armamenti convenzionali in Europa, in cui gli obblighi delle parti sono fissati sulla carta, riguardo ai sistemi antimissilistici i partner americani propongono di accordarsi solo verbalmente. Anche se è evidente che la questione tocca direttamente il potenziale difensivo della Russia e richiede garanzie il più possibile precise e definite per iscritto nei minimi dettagli.
Dalla Casa Bianca spiegano che un accordo scritto con Mosca che dovesse imporre delle limitazioni al sistema antimissilistico non verrebbe appoggiato dal Congresso. Dal punto di vista della Russia, la posizione dei parlamentari americani non è che una conferma indiretta del fatto che il sistema di difesa antimissilistica americano potrebbe essere impiegato contro le armi strategiche della Russia. Quante meno saranno le testate nucleari della Russia, tanto più facile sarà neutralizzarle grazie al sistema antimissilistico, spiegano gli esperti. In questo quadro, le esortazioni a proseguire il disarmo rivolte a Mosca dalle istituzioni internazionali sono contrarie al buon senso.
Di recente in Germania sono stati condotti degli studi al computer in cui è stata simulata l'interazione dei potenziali difensivi della Russia e della Nato nell'eventualità di una minaccia missilistica da parte di altri paesi. Secondo le dichiarazioni del viceministro russo della Difesa Anatolij Antonov, il sistema difensivo congiunto di Russia e Nato ha dimostrato un'elevata efficacia nell'intercettazione dei missili balistici a medio e corto raggio. Ma i risultati dello studio non sono ancora stati confermati dai partecipanti americani: in effetti, se ammettesse che i risultati raggiunti sono positivi, Washington avrebbe qualche difficoltà a spiegare perché l'Europa debba rinunciare a creare un sistema antimissilistico comune con la Russia.
Durante il suo intervento a una conferenza internazionale che si è svolta a Mosca, dal titolo "Le armi nucleari e la sicurezza internazionale nel XXI secolo", uno degli esperti americani ha affermato che, proseguendo sulla via del disarmo, la Russia darebbe un esempio positivo ai vicini che sono in possesso di armi nucleari. In primo luogo alla Cina, ma anche all'India e al Pakistan, che ispirati dall'esempio russo comincerebbero a riflettere sulla riduzione dei propri arsenali. Inutile dire quanto appaia utopistica una simile supposizione. Soprattutto se si considera che si stanno rapidamente "scongelando" alcuni vecchi conflitti nella regione asiatica e nell'Oriente arabo.
A Mosca si è convinti che in tutto il mondo è imminente l'inizio di una nuova corsa agli armamenti, se non è addirittura già iniziata. Negli arsenali degli eserciti occidentali vi sono sistemi ad alta precisione, missili in grado di viaggiare a velocità impensabili, che per efficacia fanno a gara con le armi nucleari. La Russia è obbligata a reagire a queste nuove minacce. Il primo vice premier Dmitri Rogozin, responsabile dell'industria militare, ha reso note alcune cifre. Da qui al 2020 Mosca spenderà 20 trilioni di rubli per l'acquisto di nuove attrezzature e mezzi militari; per l'ammodernamento delle strutture delle imprese russe, spenderà 3 trilioni di rubli. Lo sviluppo del complesso industriale militare non è solo un progetto economico, ma è importante anche per le infrastrutture e per l'innovazione, e mira a dare impulso alle regioni situate a Est degli Urali.
Di recente, mentre si trovava a Novosibirsk, Rogozin ha proposto di creare, a partire dalla città, un "Centro dell'industria difensiva". Nella bozza di bilancio della Russia per i prossimi anni è previsto lo stanziamento di mezzi notevoli per l'industria militare, mentre le spese per l'istruzione, la scienza e la sanità sono state tagliate. Ma il governo russo considera le spese per la difesa così indispensabili che è pronto a sacrificare in loro favore le voci di bilancio legate al welfare. Rogozin ha proposto di equiparare la corruzione nel settore dell'industria militare al tradimento dello stato.
Un militare russo in congedo ha raccontato di quando, in epoca sovietica, allocava le testate nucleari necessarie per sferrare un attacco preventivo al territorio dei potenziali nemici. Al Ministero della Difesa tutti conoscevano le regole del gioco: ad esempio, se gli esperti ritenevano che ai militari sovietici per l'ipotetica distruzione di New York servissero di fatto non più di 8-10 missili nucleari, sulla carta veniva fissato un numero dieci volte maggiore, ossia non 8, ma 80 missili.
Se i generali avessero scritto la verità, sarebbero rimaste a loro disposizione migliaia di testate nucleari "in surplus", non necessarie dal punto di vista militare. Anche il Pentagono, nella sua pianificazione, si è scontrato pressappoco con lo stesso problema. In un rapporto dell'organizzazione internazionale Global Zero, che analizza la quantità di armamenti in surplus di Russia e Usa, viene riportato il seguente dato: nei programmi americani di contrasto alla minaccia nucleare russa, all'ipotetica distruzione di Mosca sono destinate 80 testate nucleari.
Secondo gli esperti, anche questo numero è stato aumentato dal Pentagono di dieci volte rispetto a quello realmente necessario per completare la missione. In compenso, però, è perfettamente rispettata la parità con il potenziale nucleare russo. I fautori di Global Zero sono convinti che i livelli di riduzione degli armamenti nucleari indicati nel New START si possano tranquillamente aumentare senza pregiudicare il potenziale difensivo delle due parti. Eppure, in Russia queste iniziative internazionali vengono recepite con diffidenza.
La Russia non rifiuta di proseguire le trattative per la riduzione degli arsenali nucleari. Essa ritiene però che le trattative saranno utili solo se avranno un carattere multilaterale, se vi parteciperanno tutti i Paesi che dispongono di armi nucleari. E solo dopo che gli americani avranno fornito delle garanzie sul loro sistema antimissilistico, e dopo che saranno state realizzate appieno le condizioni dell'accordo New START.
Per ora invece, al Cremlino viene chiesto di disarmarsi, mentre il sistema antimissilistico americano continua ad essere rafforzato, e nuovi Paesi si procurano armi nucleari e incrementano rapidamente i loro arsenali. Tutti questi fattori non favoriscono la partecipazione di Mosca alla lotta per l'azzeramento delle armi nucleari. Se l'Occidente non convincerà Mosca, con accordi concreti, che la costruzione del sistema antimissilistico globale non costituisce una minaccia alla sua sicurezza, prossimamente la Russia comincerà ad apportare modifiche all'accordo New START, appellandosi al fatto che il testo dell'accordo non corrisponde più alle necessità odierne.
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