Europa partner cruciale?

Vignetta di Natalya Mikhailenko

Vignetta di Natalya Mikhailenko

Ruoli e valori del Vecchio Continente e della Federazione Russa, che il 21 dicembre 2012 siederanno a un tavolo comune per discutere di crescita e sviluppo

 L’ennesimo summit, che si terrà alla fine di dicembre 2012, tra la Russia e l’Unione Europea, sarà anche quello del trentesimo anniversario della sua istituzione. Il Presidente russo Vladimir Putin prepara un intervento nel quale con ogni probabilità riproporrà ancora una volta all’Europa un’intensa strategia di cooperazione economica e di avvicinamento politico.

Putin segue in questo una linea di continuità. Agli albori del suo mandato presidenziale, all’inizio del Duemila, quando nei rapporti tra Russia ed Europa si viveva un clima di trepida attesa, e successivamente, alla fine dello scorso decennio, quando esistevano dei conflitti, e anche durante il suo premierato, aveva enunciato di fatto gli stessi principi. La Russia e l’Unione Europea dovevano unire il loro potenziale, poiché era un passo naturale e necessario. Senza questa unione entrambe le parti rischiavano di fallire nel mondo spietatamente concorrenziale del XXI secolo.

Si tratta di un’affermazione incontestabile, ma il nodo cruciale è quello dei fondamenti su cui deve avvenire tale unione. L’Unione Europea ritiene, com’è naturale, che il fondamento debba essere quello del modello europeo, vale a dire i principi e le norme su cui si fonda la Ue, mentre la Russia, dal canto suo, dovrebbe conformare tale modello alla sua realtà per cominciare a trovare un’intesa. Mentre Putin ritiene, invece, che si debba trovare un punto d’incontro e che la partnership debba essere paritaria. Mosca non approva che sia il suo interlocutore a stabilire i criteri di convergenza, ma non ha neppure contestato la legittimità di molte regole europee.

Dopo il ritorno di Putin alla carica presidenziale molte cose sono cambiate. La Russia rifiuta consapevolmente di seguire quel modello europeo, che fino a tempi recenti, accettava tacitamente. Negli anni '90 e 2000 a Mosca bastavano i conflitti con i partner europei sulle questioni  politiche e di principo e la Russia era sempre penalizzata dalla sua “specificità nazionale” e anche dall’impossibilità di raggiungere lo stesso livello di democrazia che altri Paesi avevano raggiunto da secoli. Pur senza rifiutare il pacchetto di principi e obiettivi finali, la Russia chiedeva che le venisse riconosciuto il diritto di perseguire una propria via secondo i propri tempi e ritmi.

Ora la Russia ha smesso in sostanza di accettare l’esistenza di un obiettivo già prestabilito a priori. Il modello europeo nella sua forma “standardizzata” non è più considerato un parametro di riferimento e il suo valore viene messo in dubbio. Se prima Mosca respingeva in tutti i modi la nozione stessa di “valori” poiché vi ravvisava solo un tentativo di prevaricazione e faceva leva sulla necessità di trovare una corrispondenza di interessi, oggi il dibattito sui valori è diventato attuale anche in Russia.

A dire il vero, tali valori non corrispondono a quelli a cui fa appello l’Unione Europea,  ma a principi classici. E ormai non è più l’Europa a criticare la Russia per aver deviato da tali valori, bensì la Russia a incolpare l’Europa di averli dimenticati. Tanto più che l’assetto politico-economico del Vecchio Mondo è tale per cui si fa molta fatica a definire l’Europa un modello per la contemporaneità.

Le tensioni create dalla vicenda del gruppo punk delle Pussy Riot dimostra che l’approccio è completamente cambiato. Mentre in Europa si parla di persecuzione politica, di violazione della libertà d’espressione e di parola, in Russia è considerata un caso di blasfemia e vilipendio della religione. Nel conflitto tra le due parti sono presenti aspetti propagandistici, ossia di collisione tra due differenti visioni del mondo: l’una di tipo liberale, peculiare all’Europa, e un’altra tradizionalista e conservatrice, molto radicata in Russia.  

Non è un caso che sullo sfondo del crollo definitivo dei codici morali e ideologici sovietici e post-sovietici, la società russa cominci a cercare un nuovo sostegno nel ritorno alle tradizioni culturali e religiose del passato. Ciò, a dire il vero, non significa  che proprio su questi fondamenti si formerà l’identità, il pendolo potrebbe oscillare anche in un’altra direzione. In Europa la piattaforma concettuale difficilmente resterà senza cambiamenti. È strano ritenere che con questi ritmi di trasformazione globale e con questa portata la situazione possa rimanere così com’è. Tuttavia, a tutt’oggi,  la divergenza tra i vettori è evidente e non c'è motivo di aspettarsi un aggiustamento della traiettoria.

Nell’economia accade tutto il contrario. La Russia ha fatto il suo ingresso nel Wto (l'Organizzazione mondiale del Commercio), ingresso da tempo caldeggiato dalle business community dei Paesi leader. Ma questo non servirà come bacchetta magica per attirare una pioggia d’investimenti stranieri; l’inclusione della Russia nel sistema ramificato di regole del commercio mondiale solleva in parte dalle preoccupazioni e fornisce un meccanismo di difesa degli interessi. Anche senza essa il business europeo in Russia continua a essere in crescita non solo come fonte di risorse ma anche come mercato pressocché inesauribile, in cui aumenta il potere d'acquisto e il Paese ha bisogno di partnership tecnologica con Stati e aziende leader.  

Come ha osservato di recente, in un colloquio privato, un autorevole rappresentante europeo “comunque sia, bisogna riconoscere che la Russia rappresenta per l’Europa l’ultima El Dorado”. E questo assume una particolare importanza date le condizioni di stagnazione generale nell’Unione Europea e le tendenze preoccupanti nel mondo. Gli uomini d’affari sono estremamente interessati a che i contrasti politici non impediscano di operare sul mercato russo così come non hanno mai ostacolato gli investimenti in Cina. Ciò non significa che in Russia non vi siano problemi riguardo al clima di investimenti, ma l’attenzione cresce.

La domanda è per quanto tempo sarà possibile conciliare questi due trend divergenti: l’alienazione politico-ideologica con il peso sempre più crescente dell’economia. Tale divario non può continuare all'infinito. A un certo momento i partner europei dovranno fare i conti con la peculiarità della Russia, con la sua interdipendenza tra società e Stato, smettendo di prestarvi attenzione; o la Russia tornerà all’attuale modello politico europeo oppure la cooperazione economica soffrirà sempre di più delle contraddizioni della politica.  

Mosca è consapevole dei cambiamenti in atto, soprattutto nel mercato energetico europeo. I tempi d’oro di Gazprom sono finiti, in futuro occorrerà lottare per i clienti e i prezzi sia in Europa che in Asia, un’area su cui si concentra sempre di più l’attenzione dei russi. Per la sua cultura e la sua storia la Russia appartiene all’Europa e seguiterà a essere così anche nell’immediato; ma anche l’Europa, per quanto sia insolito, appare oggi un’area periferica del mondo, mentre la Russia si estende per tre quarti in Asia e sarà costretta a definire al più presto una strategia, convogliando quaggiù negli anni a venire sempre maggiori energie.

Fedor Lukjanov è caporedattore del periodico “Russia in Global Affairs”

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