La rinascita culturale dell’Altai può essere vista nei villaggi di montagna (Foto: Focus Pictures)
Durante un recente viaggio ad Altai, ero disconnesso dal mio ufficio e da
tutto ciò che non ero in grado di vedere di persona. Invece ho potuto
contemplare il silenzio delle foreste di cedro, la grazia dei cavalli selvaggi al
galoppo sui prati e la bellezza del ghiacciaio che alimenta i
fiumi che scorrono attraverso le ripide montagne della Repubblica.
Perso per secoli nella fessura di una montagna tra il Kazakhstan, la Cina e la Mongolia, l’Altai
presenta le stesse caratteristiche della montagna più alta della Siberia, il
monte Belukha. Per alcuni visitatori buddisti, le doppie cime innevate di Belukha
rappresentano l’accesso per Shambhala, la mitologica “Terra Pura” di pace,
tranquillità e felicità.
Con le sue vette alte 4.500 metri d’altezza e le sue valli scoscese, l’Altai ha
sempre rappresentato la fine del sentiero. Assorbita dalla Russia zarista 250
anni fa per definire un confine con la
Cina imperiale, i popoli di montagna dell’Altai sono stati in
gran parte lasciati soli. Fino ad oggi, la Repubblica dell’Altai è
solo una delle poche 83 regioni della Russia che non è ancora attraversata da
una ferrovia.
L'isolamento del “Tibet russo” è finito nel 2012, quando gli ingegneri hanno
terminato il raddoppio della pista dell'aeroporto di Gorno Altaisk, la capitale
della repubblica con 60.000 abitanti. Nel mese di giugno 2012, sono iniziati i voli S7 Airlines diretti da Mosca.
Via terra, gli operai hanno completato l’opera realizzando la “Track Chuisky”, 600
chilometri di strada. Ora, un nastro di asfalto liscio, la Chuisky, si estende dalla
capitale fino al confine internazionale con la Mongolia. All’incrocio
con la Mongolia,
si trasforma in una accidentata strada sterrata.
La principale strada asfaltata della Repubblica attraversa le ripide montagne dell’Altai-Sayan.
Nelle lingue turche e mongole, Al-tai significa Montagne d'Oro. A metà
settembre, i larici scintillavano come luminosi bagliori gialli contro lo
sfondo verde scuro degli alberi di cedro. Le Montagne d'Oro sono oggi uno dei nove siti naturali russi inclusi
dall’Unesco nel Patrimonio mondiale dell'Umanità.
Alle quote più elevate si trovano le pecore Argali, le più grandi tra quelle
che popolano le montagne. Un ariete può pesare fino a 182 chilogrammi, comprese
le due corna che possono pesare fino a 28 chili. Al top della catena alimentare ci sono i leopardi delle nevi.
Ben adattati alle loro case d'alta quota, i leopardi sono dotati di zampe
larghe per camminare in mezzo alla neve, di una folta pelliccia per far fronte
al freddo e di grosse code molto lunghe per riscaldare il proprio viso quando
dormono.
Creature misteriose e solitarie, i leopardi sono maestri di mimetismo. Di
solito rendono nota la loro presenza solo quando è troppo tardi. Uccidendo le
loro prede con un unico, decisivo morso al collo. Gli Argali e i leopardi delle nevi abitano il tetto del mondo - un universo ad
alta quota a forma di semicerchio - a Sud dell’Altai e a Est dell'Himalaya e
del Tibet. Entrambi questi grandi mammiferi sono specie in via di estinzione. Nell’Altai potrebbero avere una possibilità di combattere per non sparire.
I parchi proteggono circa un quarto della repubblica, in gran parte le zone
montane boscose. La
Repubblica dell’Altai ha le dimensioni dell’Ungheria, ma
conta solo 206.000 persone, il due per cento della popolazione ungherese.
Nel gennaio 2009, un gruppo di politici locali e provenienti da Mosca hanno
affittato un elicottero dirigendosi verso le montagne per cacciare pecore
Argali dall'alto. Uno dei cacciatori, forse ubriaco, ha sparato un colpo
vagante che ha colpito il rotore. L'elicottero si è schiantato all'interno di una riserva naturale.
I soccorritori hanno trovato le carcasse di due pecore Argali appena uccise e i
corpi di sette cacciatori. Tra questi il presidente della Commissione per la
protezione della fauna dell’Altai, l'inviato del Cremlino alla Duma di Stato e
un altro membro anziano dell'Amministrazione presidenziale russa. I tre passeggeri superstiti sono riusciti a evitare il processo per
bracconaggio di specie in via di estinzione, accusando gli uomini morti di tutte
le attività illegali. Presumibilmente, sono stati portati a bordo per fornire
un supporto morale.
Il comportamento dei cacciatori era così insolente e la rabbia locale,
nazionale e internazionale così grande che adesso sarebbe difficile affittare
elicotteri per praticare il bracconaggio nel piccolo mondo dell’Altai. L’indignazione locale sul bracconaggio ha evidenziato che è in corso un lento
cambiamento epocale nella Repubblica.
I russi e gli abitanti locali dell’Altai vedono il loro futuro economico legato
in maniera crescente al mercato dell’eco-turismo. (Al mio ritorno a Mosca, sono
rimasto sorpreso nello scoprire che due ricchi amici stranieri, nessuno dei due seguace
della New Age in cerca di Shambhala, avevano fatto delle escursioni
naturalistiche sull’Altai nelle ultime settimane).
C'è anche un cambiamento demografico in corso. Come in molte zone ai margini
del cuore slavo della Russia moderna, i popoli indigeni dell’Altai hanno
intrapreso un percorso riproduttivo per riconquistare lo status di maggioranza
nella loro patria ancestrale. Sotto Stalin, l'Altai, come molti punti lontani dell'impero sovietico, era un
luogo di rifugio per gli esuli interni. Volenti o nolenti, i russi che si erano
trasferiti in questa terra hanno assunto il ruolo di coloni. Con il censimento
del 1939, i popoli nativi dell’Altai rappresentavano solo il 29 per cento della
popolazione della Repubblica.
Ma il censimento del 2010 mostra che la dimensione della popolazione di etnia
russa della Repubblica è stata costante dal 1939 - 115.000. Allo stesso tempo, i
popoli dell’Altai e altri gruppi nativi di lingua turca ora rappresentano il 44
per cento della popolazione. Negli anni 2020, i popoli dell’Altai e altri nativi
probabilmente saranno la maggioranza, ponendo fine a un secolo anomalo in cui
hanno vissuto in uno status di minoranza.
La rinascita culturale dell’Altai può essere vista nei villaggi di
montagna. Durante due fermate, il mio viaggio è stato intrattenuto da cantanti
di gola e da cantastorie tradizionali della poesia epica. Come nella vicina
Mongolia, i cantanti di gola hanno riguadagnato popolarità e il loro status
sociale nell'era post-sovietica.
Nei programmi sostenuti dal Wwf o dalla World Wildlife Fund for Nature e dalla
Citi Foundation, gli abitanti aprono le loro case ai turisti, salutandoli con
ciotole di latte di cavalla, offrendo passeggiate a cavallo sulle montagne e
vendendo souvenir realizzati con la lana delle pecore locali. Un grande
successo per il nostro gruppo è stato vedere i giocattoli dei leopardi delle
nevi.
Sulle strade di montagna, si può notare anche la rinascita di Ak Jang, la Fede Bianca. Represso
prima dagli zar, poi dai sovietici, questo sistema di credenze sciamaniche si è
intrecciato nel 20° secolo con l’identità etnica di Altai. Facendo appello alla
natura, alle montagne, alle sorgenti d'acqua, al cielo, al fuoco e agli antenati,
la Fede Bianca
è cresciuta in popolarità nei 20 anni dopo il crollo del sistema sovietico.
Giovedì pomeriggio, presso una fermata vicino a uno dei 7.000 laghi della Repubblica, ci siamo imbattuti in un boschetto di alberi di cedro sopra una
collina. Sembrava che fosse stato colpito da una bufera di neve all'inizio
dell'inverno. Fluttuando sotto il sole in alta montagna c’erano migliaia di
strisce di stoffa bianca legate ai rami con su scritto “buona fortuna”. Eravamo noi a essere fortunati a viaggiare attraverso lo Shangri-La russo.
James Brooke (Twitter: @VOA_Moscow) è il capo dell'ufficio di Mosca per Voice of America. È possibile leggere tutti i post “Russia Watch” sul sito voanews. com. Le opinioni espresse nell’articolo sono personali
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