Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov (Foto: Itar-Tass)
L'aeroporto di Riyad ha negato l'atterraggio all'aereo del ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov che era diretto in Arabia Saudita per una visita ufficiale. Quando l'aereo di linea con a bordo il ministro era ormai sceso all'altezza di soli 100 metri dalla pista di atterraggio, i piloti improvvisamente hanno ridato massima potenza ai motori e il velivolo ha ripreso quota.
Come si è saputo dopo, senza addurre alcuna spiegazione l'Arabia all'ultimo momento ha cambiato l'aeroporto di destinazione del volo proveniente dalla Russia. Ma non sono state queste le uniche "montagne saudite" che il titolare degli Esteri ha dovuto affrontare nel corso della sua visita.
Per la riunione ministeriale di dialogo strategico tra la Russia e il Consiglio per la Cooperazione tra gli Stati Arabi del Golfo Persico, Lavrov aveva preparato un intervento circostanziato, lungo quattro pagine. Ma l'intervento non c'è stato. I partecipanti all'incontro sono passati direttamente alla discussione, il cui tema fondamentale è stato la situazione siriana.
La visita di Lavrov in Arabia Saudita si è svolta il giorno successivo alla decisione dell'opposizione siriana di creare una Coalizione Nazionale Unita, la quale ha subito chiesto ai propri sponsor di fornirle aiuto militare.
È difficile prevedere che effetto produrrà la visita di Lavrov in Arabia Saudita. Il fatto è che si tratta di uno Stato che talvolta prende delle decisioni dopo che la visita si è conclusa e che il rappresentante straniero è ripartito. Nelle relazioni con Riyad bisogna essere molto cauti nel trarre conclusioni e non lasciarsi prendere dall'euforia.
Quanto ai progetti di organizzare a Mosca il primo forum per la cooperazione tra la Russia e la Lega degli Stati Arabi, attualmente l'idea pare azzardata. Anche qualora si riuscisse a svolgere l'incontro, io non vedo quali decisioni positive potrebbero essere prese in seno al forum.
Se invece il forum non si svolgesse affatto, sarebbe un duro colpo per la posizione della Russia nel mondo arabo e musulmano. Soprattutto considerando che molti Paesi, a differenza della Russia, riconoscono la Coalizione Nazionale istituita dall'opposizione siriana come legittima rappresentante del popolo siriano. Per questo, per Mosca è importante sapere in anticipo chi è disposto ad appoggiare il suo progetto di forum, prima di darne l'annuncio ufficiale.
Aleksei Malashenko, membro del Consiglio Scientifico del Carnegie Moscow Center
I Paesi del Golfo Persico hanno accolto con favore la nuova struttura dell'opposizione che, secondo il parere del ministro degli Esteri del Bahrein, ha riunito la maggioranza del popolo siriano. Francia, Usa, Qatar e Turchia hanno già dichiarato di essere pronti a fornire in ogni modo il loro appoggio agli oppositori di Bashar Assad.
A Riyad la Russia ha tentato di raffreddare le "teste calde" convinte che l'abbattimento del presidente siriano sia ormai un evento inevitabile. In primo luogo, Lavrov ha fatto notare ai suoi colleghi che tra i membri della Coalizione Nazionale non vi sono rappresentanti dell'opposizione interna siriana. La Coalizione si è dichiarata contraria ai metodi con cui gli oppositori di Assad stanno cercando di prendere il potere.
In secondo luogo, la Coalizione Nazionale mira alla completa distruzione di tutti i poteri attualmente costituiti in Siria e rifiuta di collaborare con il governo del Paese. Ma una posizione del genere contraddice i piani della comunità internazionale circa la risoluzione pacifica del conflitto e la cessazione dello spargimento di sangue.
Eppure, i Paesi del Golfo Persico, che appoggiano in pieno la Coalizione Nazionale siriana, hanno rifiutato di prendere una posizione più moderata.
Pertanto, perde definitivamente ogni senso l'idea di tenere un nuovo incontro del "Gruppo d'azione" per la Siria. Il primo e unico incontro si è tenuto a Ginevra, con la partecipazione dei Paesi del Golfo Persico. In quell'occasione era stato elaborato un piano d'azione consolidato per la cessazione delle operazioni militari in Siria. Ma il documento, approvato solo grazie a molteplici compromessi, non si è rivelato efficace.
Secondo quanto dichiarato da Lavrov, Mosca aveva proposto di tenere il secondo incontro del "Gruppo di azione" nell’agosto 2013 a New York. Ma la mozione non è stata appoggiata dagli altri partner. Nei documenti di Ginevra si parla di come disarmare l'opposizione siriana. Le monarchie dell'area, al contrario, hanno intenzione di armarla con grande rapidità.
Tutte queste contraddizioni appaiono irrisolvibili, nonostante i tentativi sinceri di alcuni Paesi del Golfo Persico di conservare almeno esteriormente un atteggiamento positivo nei rapporti con Mosca. Tanto più che Mosca ha una posizione vicina a quella dei Paesi della regione su una serie di questioni essenziali per il mondo arabo. Per esempio, sui principi per la conciliazione del conflitto israelo-palestinese, o sul progetto di creare una zona senza nucleare nel Vicino Oriente. Ma oggi questa coincidenza di intenti, a quanto pare, non basta da sola a garantire una salda amicizia.
A conclusione della riunione ministeriale di Riyad non sono state fatte dichiarazioni congiunte. Quanto siano risultate divergenti le posizioni delle parti sulla questione siriana lo testimonia la decisione di Lavrov di rinunciare alla cena di lavoro con gli altri partecipanti della riunione.
Durante l'incontro ministeriale in Arabia Saudita si è parlato molto dei "giusti obiettivi nell'interesse del popolo siriano" e del "saggio popolo arabo" che col tempo capirà se la Russia ci abbia perso o guadagnato, rifiutandosi di appoggiare nel Consiglio di Sicurezza dell'Onu la risoluzione che autorizza un intervento straniero in Siria. Ma il fatto stesso di un dialogo aperto tra gli stati del Golfo Persico e la Russia testimonia che Mosca conserva la propria influenza nel mondo arabo, influenza con cui devono fare i conti anche le ricche monarchie petrolifere della regione, raramente inclini ad ascoltare le opinioni altrui.
L'articolo originale è stato pubblicato su Rossiyskaya Gazeta
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