Beljakov: Il capitale non ha nazionalità

Il viceministro per lo Sviluppo Economico, Sergei Beljakov (Foto: Kommersant)

Il viceministro per lo Sviluppo Economico, Sergei Beljakov (Foto: Kommersant)

Intervista al viceministro per lo Sviluppo Economico sugli investimenti in Russia: "Lavoriamo a un clima favorevole per le imprese, russe e straniere, senza distinzione"

Come riportare il capitale nel Paese? Che cosa offrire agli investitori oltre a una domanda crescente da parte dei consumatori? Quali vantaggi competitivi vanta ancora la Russia? Il viceministro per lo Sviluppo Economico, Sergei Beljakov, ha risposto alle domande della corrispondente della rivista Deneg, Nadezhda Petrova.

Un clima favorevole per le imprese è uno dei fattori che determinano il grado di attrazione di un Paese nei confronti degli investitori. Attualmente occupiamo il 112esimo posto nella classifica Doing Business ...
Riusciremo mai a raggiungere il 20esimo posto? Onestamente, ciò che mi preoccupa di più in questo momento è che le imprese percepiscano i risultati delle nostre azioni mirate a creare un clima favorevole per il business all’interno del Paese. Se riusciremo a realizzare tutto quello che abbiamo programmato, vale a dire effetti concreti per le imprese, espressi in termini di coordinamento, di volume di documenti presentati e di relative spese, allora sì che riusciremo a scalare la classifica.

E ciò sarà sufficiente? Perché mi sembra che, in questo momento, con gli investimenti, il processo sia inverso, ovvero che ci siano sempre meno persone disposte a investire.
In questo momento, il volume degli investimenti si sta riducendo anche negli Stati Uniti e negli altri Paesi Bric. In periodi di crisi, la gente preferisce risparmiare piuttosto che investire, perché gli investimenti, in condizioni di crisi, comportano sempre dei rischi. E questa non è una particolarità della Russia. Nel 2011, gli investimenti esteri diretti si aggiravano sui 52 miliardi 300 milioni di dollari. Nei primi tre trimestri del 2012 erano pari a circa 38 miliardi di dollari. Mi auguro che, entro la fine dell’anno, saremo in grado di raggiungere, per lo meno, i 52 miliardi dollari, anche se ciò non sarà sufficiente. L'importo minimo di investimenti di cui abbiamo bisogno è di circa 75 miliardi di dollari all'anno. Questi soldi sono necessari per la modernizzazione economica del Paese. I fondi pubblici da soli sono insufficienti.

Il discorso riguarda in particolare gli investimenti esteri?  
Quando parlo di circa 75 miliardi di dollari l'anno, sì. In genere, naturalmente, quando parliamo di condizioni favorevoli per le imprese, non facciamo distinzioni tra imprese russe e straniere. Le condizioni devono essere favorevoli per il business in generale e per il capitale. E il capitale non ha nazionalità.

Ma il problema non riguarda solo gli investimenti esteri.  
Poniamo l’accento sugli investimenti stranieri per due motivi. Innanzitutto, le tecnologie e la competenza, strumenti essenziali per compiere il cosiddetto salto tecnologico. Dopodiché, le imprese straniere globali e i loro relativi capitali hanno la possibilità di scegliere dove dirigere i loro investimenti. Sono alla ricerca della massima redditività con il minimo rischio, e l'economia, in cui confluiscono i capitali, riceve un’ulteriore spinta allo sviluppo. Qualora le imprese decidano di non investire a favore della Russia, non solo non otterremo i miliardi di dollari o di euro di cui abbiamo bisogno, ma peggioreremo il nostro grado di sviluppo tecnologico. In tal caso, non ci troveremo ad affrontare solo il problema della fuga di capitali, ma anche quella dei nostri concittadini. Un altro problema è rappresentato dalla carenza di infrastrutture. La mancanza di infrastrutture limita la domanda di investimenti. Pertanto, anch’esse richiedono dei finanziamenti. Ma gli investimenti in immobilizzazioni sono in calo. Si tratta di progetti a lungo termine, con tassi di rendita molto bassi. In questo caso, è sempre importante il ruolo degli investimenti pubblici. Ora come ora, però, non possiamo permetterci di investire in infrastrutture come facevamo prima. Vi è poi un'altra complicazione: ora, il sistema motiva le imprese a risolvere, in maniera informale, i propri problemi. In realtà, si tratta, di un sistema costruito sulla necessità per le imprese di superare qualsiasi tipo di problema. Ciò è sbagliato. Lo Stato deve intervenire solo quando sorgono dei rischi per i consumatori di un settore piuttosto che di un altro, o avviene una violazione della legge. E il numero di imprese, che necessitano di un’autorizzazione da parte dello Stato per svolgere la loro attività, deve essere minimo. Solo quando riusciremo a costruire un sistema in cui le aziende riescono a guadagnare e lo Stato si limita solo ad aiutarle in questo - senza dover concedere loro l’autorizzazione per farlo - allora, finalmente, il capitale smetterà di uscire dal Paese, per poi rientrare attraverso gli investimenti esteri.

E poi c’era il vantaggio competitivo del capitale umano e della qualità dell’istruzione...
Ci sono diverse grandi imprese straniere che possiedono unità operative in Russia. Secondo loro, il livello di capitale umano rimane un vantaggio importante della Russia. La questione è: per quanto tempo ancora beneficeremo di questo vantaggio? Per quanto riguarda la qualità dell'istruzione, ora come ora, non sarei così propenso a idealizzare la situazione. E c'è anche un altro problema: la mobilità della forza lavoro. Per esempio, a Kaluga, la maggior parte degli investitori era rimasta affascinata dalla qualità del personale che potevano trovare sul mercato. Solo che adesso non c’è più nessuno che possa lavorare per queste imprese, perché le risorse che potevano essere contrattate, sono state, di fatto, già contrattate.

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