Il presidente israeliano Shimon Peres, in visita a Mosca per un colloquio con il Presidente russo Vladimir Putin (Foto: Itar Tass)
L'8 novembre 2012 il presidente israeliano Shimon Peres è stato a Mosca per un colloquio con il Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin. Alla vigilia della partenza, nella sua residenza di Gerusalemme ha incontrato l'osservatore di Kommersant FM Konstantin Eggert e gli ha espresso la sua opinione sulle crisi in Iran e in Siria, ma ha parlato anche dei rapporti tra Israele e Russia
Le posizioni politiche dei nostri due Paesi spesso
differiscono in maniera sostanziale. Quando incontrerà a Mosca il Presidente Putin, che cosa gli dirà, ad esempio, sulla politica
della Russia nei confronti dell'Iran o della Siria?
Non vado a Mosca per insegnare qualcosa a qualcuno. Il
signor Putin non ha bisogno dei miei insegnamenti. Voglio riprendere
il nostro dialogo.
Nel 2010 disse che quello dell'Iran non deve essere considerato un
problema meramente politico o tecnico, ma che nei confronti del
regime di Teheran bisogna prendere una posizione innanzitutto dal
punto di vista morale. I leader russi si troveranno d'accordo con
lei?
In linea di principio sì, ma sul piano tattico non ne
sono così sicuro. Il Presidente Putin dice di essere contrario alla
trasformazione dell'Iran in una potenza nucleare. Ma questa posizione
non viene tradotta in azioni concrete. Suppongo che se l'Iran avesse
un governo come quello, poniamo, della Svizzera, l'atteggiamento
verso il Paese sarebbe diverso. L'Iran minaccia di voler distruggere
altri Paesi. Nel mondo contemporaneo questo non è possibile.
Secondo lei, che cosa si può fare?
Aiutare l'Iran a diventare un paese libero.
In che modo?
Innanzitutto esercitando una pressione economica e politica. E se più Paesi si uniranno in questo intento, le chance di evitare l'impiego
di misure militari saranno molto buone.
Parliamo del conflitto in Siria. Da una
parte, per Israele probabilmente sarebbe positivo se il regime del
presidente Bashar Assad, che è il principale tramite dell'influenza
dell'Iran nel Vicino Oriente, uscisse dalla scena politica. Ma se a
sostituirlo sarà un regime fondamentalista sunnita, sarà forse un
miglioramento?
C'è differenza tra ciò che si auspica e la politica reale. Le
potrei fare un lungo elenco delle cose che vorrei. La questione è se
si debba o meno intromettersi nel processo. Credo
che in Siria si debba fare ciò che non è ancora mai stato fatto. La
Siria è membro della Lega Araba. È giunto il momento di dare una
risposta araba a una questione araba. L'Onu deve conferire alla Lega
degli Stati Arabi dei poteri speciali per creare un governo di
transizione siriano che venga formato dai membri della Lega Araba e
abbia la durata di un anno. Inoltre,
è necessario formare delle truppe di soldati arabi, un contingente
di "caschi blu", sempre con l'aiuto dell'Onu. Tutti i Paesi
sosterranno questa iniziativa. L'intervento in Siria può essere solo
arabo.
Israele lo sosterrà?
Naturalmente, anche Israele è membro dell'Onu. Anche noi sentiamo la
nostra responsabilità. Anche noi vogliamo fermare lo spargimento di
sangue.
Come giudica la posizione della Russia nei
confronti della Siria?
Penso che la Russia debba smettere di determinare la propria
posizione nella questione siriana in base ai suoi rapporti con gli
Stati Uniti.
Nel 1994 lei vinse il premio Nobel per la
pace per il suo contributo al processo di pace israelo-palestinese.
Ora, invece, del processo di pace non si sente più nemmeno parlare.
È morto?
Al contrario, io direi che sia appena nato. Se non avessimo fatto ciò
che facemmo allora non vi sarebbero né l'Autorità Nazionale
Palestinese, né la pace con la Giordania, né la rivoluzione in
Egitto. Ogni volta che mi domandano perché non siamo riusciti a fare
niente, io rispondo che ci vuole tempo.
I governanti russi sostengono che Israele
debba entrare in trattativa con il movimento islamico di Hamas,
perché a suo tempo esso ha vinto delle elezioni democratiche. Lei
che cosa risponde?
Sono d'accordo. Se i governanti russi convinceranno Hamas a far
cessare gli attacchi contro Israele, perché non avviare dei
colloqui?
Intervista pubblicata in versione ridotta; per leggere il testo originale cliccare qui
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