Si è aperta la settima edizione del Festival Internazionale del Film di Roma, la prestigiosa kermesse che premia il meglio del cinema globale. Ad aprire le danze è stato “Aspettando il mare” (V ožidanii morja), il film del regista tagiko Bakthiar Kudhojnazarov, un kolossal co-prodotto da Russia, Kazakhstan, Belgio, Francia, Ucraina e Germania, e presentato fuori concorso in anteprima mondiale.
Dopo un terribile nubifragio che ha fatto affondare la
nave del capitano Marat e fatto perdere la vita a tutti i passeggeri, tra i
quali anche sua moglie, il mare è misteriosamente scomparso dopo una tempesta
di sabbia. Tutto il villaggio sembra arrendersi a questa nuova situazione e si
limita a condannare il capitano, unico superstite della tragedia. Ma Marat si
oppone a questo destino: oppresso dal peso di aver causato la morte della
moglie e dell’equipaggio, vuole riportare la nave in mare per ridare, metaforicamente,
la vita a coloro che sono morti nel naufragio e restituirli ai loro cari, e per
farlo è disposto ad attraversare il deserto. Nel villaggio tutti credono che
Marat sia pazzo: solo il suo miglior amico Balthazar e Tamara, la sorella
minore della defunta moglie che è segretamente innamorata di lui, sono disposti
a seguirlo
Aspettando il mare - (V ožidanii morja) di Bakthiar Kudhojnazarov
Cast: Egor Beroev (Marat), Anastasia Mikulchina (Tamara), Detlev Buck (Balthazar)
Un film carico di tensione e di emozioni, il nuovo e attesissimo lavoro di Kudhojnazarov, già noto al grande pubblico per il pluripremiato “Luna Papa”. Lo spunto iniziale del film è una delle tragedie naturali più grandi del XX secolo, il prosciugamento del Lago Aral, al confine fra Kazakhstan e Uzbekistan, ma non è solo in questo senso che si muove la trama: il cuore del lavoro è l’ecologia dell’anima, la catastrofe naturale che causa anche problemi esistenziali non solo ambientali. “Aspettando il mare” parla della vita in un villaggio pieno di fantasmi del passato e mette in luce la volontà dell’uomo di non arrendersi di fronte alle tragedie della vita, oltre ad essere anche struggente storia d’amore.
In occasione dell’anteprima mondiale di “Aspettando il mare”, Russia Oggi ha incontrato Bakthiar Kudhojnazarov per chiedergli delle sue impressioni sul cinema russo e quello italiano e, naturalmente, quali reazioni si aspetta su questo nuovo lavoro.
Bakthiar Kudhojnazarov, quali differenze e quali
similitudini ci sono, secondo lei, tra il cinema russo e quello italiano?
Io vedo più similitudini
che differenze; negli anni '50-'60, ad esempio, sia nel cinema italiano che in
quello russo, o per meglio dire sovietico, c’era il neorealismo. Anche oggi ci
sono delle similitudini: non c’è molto cinema. A parte qualche film di spessore
e le solite tre o quattro commedie “sempliciotte” non ci sono film che ti fanno dire: “Ah, questo è un capolavoro”. Eppure voi ne avete di soggetti interessanti,
prendeteli e fateci un remake.
Bakthiar Kudhojnazarov è nato nel 1965 a Dushanbe in Tajikistan; nel 1989 si è diplomato in regia presso la Scuola di Cinema di Mosca (Vgik). I suoi film più famosi sono “Pari e Patta” (1994), “Luna Papa” (2007), Chic (2003) e “Tanker Tango” (2006)
Un remake, però, non sarà mai come l’originale.
Dipende da come viene
trattato il soggetto. Prenda, per esempio, una sedia: se ne può parlare
guardandola da sopra, da sotto, da destra e da sinistra, oppure lavorando sui singoli
componenti; ciò vale anche per i soggetti cinematografici: non è importante di
cosa si parla ma come se ne parla.
Ci sono registi italiani che lei ammira?
Certo, io amo il cinema
italiano! Tra i grandi maestri posso dire Rossellini, Fellini, De Sica,
Visconti. Tra quelli contemporanei ammiro Giuseppe Tornatore e Nanni Moretti.
E tra i registi internazionali?
Ce ne sono tanti, io
guardo molti film e di qualunque genere.
Quali reazioni si aspetta per il suo nuovo film dalla
critica e dagli spettatori italiani?
Non lo so proprio. Il
film è stato ultimato da poco. Diciamo che io ho cercato di trasmettere la
bellezza. C’è differenza tra il bello e la bellezza: il bello si può trovare
facilmente, ad esempio quanto uno guarda un cosa e dice “Che bella!”, la
bellezza invece ha suo messaggio: nasce, cresce, ha un suo apice e finisce, e
poi per ritrovarla devi andare fuori e cercarla.
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