Per il 78 per cento degli intervistati, oggi, la Rivoluzione non sarebbe ammissibile (Foto: Photoxpress)
Negli ultimi dieci anni l’atteggiamento dei russi nei confronti della Rivoluzione del 1917, delle sue cause e delle sue conseguenze, è cambiato notevolmente. Questo il risultato di un sondaggio elaborato dal centro di ricerche Vtsiom, condotto tra il 27 e il 28 ottobre 2012 su un campione di 1.600 persone in 138 diversi punti del Paese.
Secondo il 78 per cento degli intervistati, al giorno d’oggi la Rivoluzione non sarebbe ammissibile. Se nel 2002 le conseguenze della rivolta venivano percepite in maniera positiva da un’ampia maggioranza della popolazione (59 per cento dei russi), nel 2012 la percentuale è scesa al 48 per cento.
Oggi il 27 per cento degli intervistati sostiene che tali avvenimenti abbiano dato una spinta allo sviluppo sociale del Paese (nel 2002 era il 34 per cento), mentre il 21 per cento è convinto che la Rivoluzione abbia aperto una nuova era nella storia della Russia, al contrario del 25 per cento registrato nel 2002.
Nel freddo inverno del 1917 (il termometro tocca picchi di quaranta gradi sotto zero), le condizioni della popolazione russa peggiorano: dopo due anni di guerra, alla quale ha partecipato un esercito di 12 milioni soldati, la carestia, la povertà e la forte inflazione fanno crescere il malcontento nei confronti dello zar e del governo. Il 24 e 25 ottobre 1917 (6-7 novembre secondo il nuovo calendario), le truppe bolsceviche a Pietrogrado assaltano il Palazzo d’Inverno, residenza degli zar, e prendono il controllo della capitale. I bolscevichi si impadroniscono dei punti strategici della città, destituendo il Governo provvisorio e decretando il passaggio del potere ai soviet.
Aumenta invece il numero di persone convinte che la Rivoluzione sia stata un evento catastrofico per la Russia (dal 10 per cento al 18 per cento), anche se quei fatti vengono considerati un ostacolo allo sviluppo socio-economico "solo" dal 17 per cento della popolazione, al contrario del 19 per cento di dieci anni fa.
A valutare positivamente gli effetti di questa rivolta sono soprattutto i sostenitori del Partito Comunista (37 per cento), al contrario dei simpatizzanti dei partiti non parlamentari (22 per cento), che li vedono in maniera negativa.
Secondo il 43 per cento della popolazione, tra i fattori determinanti per lo scoppio della Rivoluzione d’Ottobre ci sarebbero le dure condizioni in cui versava il popolo. Il 17 per cento cerca le cause nella debolezza del potere precedente, mentre l’11 per cento le attribuisce a una sorta di avventurismo politico.
Se la debolezza del potere precedente oggi è vista come un fattore meno determinante (dal 2005 la percentuale di chi è convinto di questa affermazione è diminuita dal 23 al 17 per cento), è aumentato il numero di russi che crede nelle mire estremistiche della Rivoluzione (si è passati dal 7 all’11 per cento). Anche la percentuale di chi parla di complotto si è dimezzata, arrivando al 10 per cento.
La maggior parte della popolazione oggi sostiene che nel Paese non dovrebbe essere ammessa una rivolta (78 per cento). Ne sono convinti soprattutto i sostenitori del partito “Russia Unita” (85 per cento) e dei partiti parlamentari (86 per cento), così come coloro che approvano l’operato del Presidente (85 per cento).
Solamente il 13 per cento degli intervistati sostiene che in Russia oggi sarebbe necessaria una rivolta: essi credono che una ribellione sarebbe un’opportunità di rinnovamento per il popolo (31 per cento). In questo caso ci sono i sostenitori del partito liberal-democratico (32 per cento), i comunisti (27 per cento), insieme a coloro che si dimostrano critici nei confronti dell’operato del Presidente (27 per cento).
L'articolo originale è stato pubblicato su Vedomosti
Tutti i diritti riservati da Rossiyskaya Gazeta
Iscriviti
alla nostra newsletter!
Ricevi il meglio delle nostre storie ogni settimana direttamente sulla tua email