Vignetta di Niyaz Karim
Nel nuovo gabinetto georgiano sono arrivati dei tipi quantomeno interessanti, per usare un eufemismo. Da una parte dichiarano che il Paese manterrà il suo corso strategico per avvicinarsi alla Nato e all’Unione Europea e non riconoscerà mai l’indipendenza dell’Abkhazia e dell’Ossezia del Sud. Al contempo però sono convinti di poter normalizzare i rapporti con Mosca.
Il ministro georgiano per la Reintegrazione, Paata Zakarejshvili, ha parlato di ripristinare le comunicazioni ferroviarie con la Russia attraverso l’Abkhazia. Ciò sarà possibile soltanto a patto che gli abkhazi rinuncino alla sovranità formale, poiché l’Abkhazia risulta in effetti un protettorato russo. È uno scenario impensabile. Toccherà quindi ai georgiani rinunciare ai loro diritti su quel territorio separatista. Viaggiando in direzione di Sochi dovranno far controllare i loro passaporti dalle guardie di frontiera abkhaze (anzi, russe). Anche questo pare poco probabile. Almeno per il momento.
A quanto pare il premier Ivanishvili vuole dapprima portare a Vladimir Putin la testa di Mikhail Saakashvili, beninteso, in senso esclusivamente metaforico. In cambio spera di ricevere qualcosa da Mosca. Del presidente della Georgia ci si potrà sbarazzare attraverso una procedura di impeachment oppure aspettando il 2013, quando abbandonerà ufficialmente la sua carica.
La Commissione parlamentare di indagine per quelli che, ormai quasi in via ufficiale, vengono definiti i “crimini del regime di Saakashvili” inizierà a brevissimo i lavori. Dopo la guerra del 2008 il Cremlino ha in mano tutte le carte. Saakashvili ne aveva coscienza e per questo non si è nemmeno “seduto” a giocare con i leader russi. Ci furono, è vero, le infruttuose trattative di Ginevra per la regolarizzazione dei rapporti, ma tutti sapevano fin dall’inizio che si trattava di una finzione in spirito politically correct.
A mio parere Bidzina Ivanishvili potrà barattare il destino di Saakashvili e della sua squadra con la ripresa, per esempio, delle importazioni in Russia del vino Kindzmarauli e dell’acqua minerale Borjomi. Più avanti chiederanno, come minimo, di rinunciare ufficialmente ai progetti di ingresso nella Nato e come massimo il riconoscimento fattuale, se non giuridico, dell’Abkhazia e dell’Ossezia del Sud.
La Grecia, per esempio, che ufficialmente non riconosce l’indipendenza del Kosovo, ha un ambasciatore vero e proprio a Pristina, solo che non si chiama ambasciatore. Questo, direte voi, potrebbe creare una spaccatura nella comunità georgiana. Potrebbe. Ma la mancanza di stabilità in Georgia non ha mai fatto paura a Mosca. Sarebbe anche più facile controllare la situazione. Insomma, il Cremlino è ormai a pochi passi da una vera vittoria sulla Georgia.
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