Mosca si specchia in Kiev

Vignetta di Alexei Yorsh

Vignetta di Alexei Yorsh

Le elezioni in Ucraina suscitano sempre un grande interesse da parte dei russi. L'opinione del politologo Leonid Radzikhovsky

I risultati preliminari delle elezioni della Rada sono già stati resi pubblici. Al primo posto, come nella Rada del 2007, si conferma il Partito delle Regioni, ma con un risultato migliore rispetto alle precedenti elezioni. Anche la percentuale di voti a favore dei comunisti, che occupano ora il terzo posto, è aumentata considerevolmente (di circa tre volte). Al secondo posto, invece, troviamo l’Opposizione Unita “Batkovshchina” che ha perso molti voti rispetto al 2007 quando era il “Blocco di Yuliya Tymoshenko”. Il partito di Yushchenko (terzo nel 2007), come previsto, non è riuscito a superare la soglia del 5 per cento. Nella Rada, inoltre, figurano due nuovi partiti: l’Udar di Klitschko e i nazionalisti di Svoboda.

L’eroe dell’Ucraina, il pugile Vitaly Klitschko, è forse l’uomo più popolare del Paese; eppure un paio di medaglie d’oro non bastano per guadagnare la piena fiducia dell’elettorato. È successo più volte che degli atleti famosi abbiano intrapreso la carriera politica, ma, per quel che mi ricordo, nessuno è mai diventato un campione in questo senso (e le ambizioni di Klitschko sono ovviamente presidenziali). Per quanto riguarda il partito Svoboda – la grande sorpresa di queste elezioni – va ricordato che, dopo il 1945, in Europa, non si sono mai visti casi in cui dei nazionalisti estremi siano diventati un partito di governo.

La Russia guarda l’Ucraina a volte con simpatia, altre con invidia, ma in ogni caso, sempre con un gran interesse. La grande agitazione suscitata dalla possibile “adesione dell’Ucraina alla Nato” e dalla “riunificazione con la Russia” si è placata già da tempo. Ora come ora, è chiaro a tutti che non avverrà né una, né l’altra cosa (così come non si verificherà la “disintegrazione dell’Ucraina” in un “Occidente nostro” e in un “Oriente autonomo”). La geografia e la storia sono indipendenti da chiunque, politici compresi. Russia e Ucraina sono due Paesi legati dalla lingua, dalla religione, dall’etnia dei loro popoli, ma rimangono comunque due Paesi diversi e paritari, due popoli e non uno, con due sistemi politici diametralmente opposti.

Al giorno d’oggi nessuno dubita più della massima di Putin secondo cui in Ucraina non ci sono politici filorussi, né politici filoamericani, ma solo politici ucraini. L’ex presidente Yushchenko ha perso non solo per la sua evidente debolezza personale e incapacità, ma anche perché ha cercato di condurre una politica non tanto “ucraina” quanto “filoamericana” (secondo una concezione, naturalmente, tutta sua), smettendo così di essere un “politico ucraino”.

Per quanto riguarda l’attuale presidente Yanukovich, nonostante sia l’antagonista di Yushcheko, non conduce una politica “filorussa”, ma cerca invece di attuare una politica “ucraina”; ovviamente, di nuovo, in una maniera tutta sua. In ogni caso, Yanukovich, nonostante le basse percentuali di voti (che da sempre caratterizzano tutti i presidenti ucraini), ha assunto le redini del Paese e vanta, realmente, ottime capacità amministrative, a differenza non solo di Yushchenko, ma, forse, anche di tutti i suoi predecessori.

L’Ucraina, tuttavia, risulta interessante per la Russia non solo in qualità di partner più o meno buono. L’Ucraina è anche uno specchio in cui la Russia può specchiarsi (e viceversa, naturalmente). In molte cose, ci muoviamo in parallelo.

Ad esempio, i dati demografici. Sia la Russia che l’Ucraina hanno registrato i loro massimi storici, in termini di numero di abitanti, nel 1993, da allora le cifre sono andate diminuendo. Ma in Ucraina questo calo è stato di gran lunga più brusco che da noi. In Ucraina nel 1993 si registravano 52 milioni e 200mila abitanti, ora sono quasi 45 milioni. C’è stata, pertanto, una riduzione di 7 milioni di abitanti, pari quasi al 15 per cento. In Russia, nello stesso periodo, si è passati da 148 milioni e mezzo di abitanti a 142 milioni, con un calo approssimativo del 4 per cento.

In Ucraina la situazione è di gran lunga peggiore che in Russia; da noi la situazione non accenna a migliorare, eppure, in ogni caso, la portata del problema viene ancora riconosciuta in modo diverso. Oltre a ciò, il rapporto nascite/morti nei due Paesi è più o meno lo stesso (in Ucraina i tassi di natalità e di mortalità sono leggermente inferiori rispetto a quelli della Russia), eppure da noi il tasso di migrazione è positivo, mentre in Ucraina è negativo. E non c’è da stupirsi: in Russia il Pil pro capite è pari a 17mila dollari, in Ucraina a 7.300.

Ovviamente, il nostro vantaggio è legato in maniera preponderante alla rendita delle materie prime, ma non sono le cause, bensì le conseguenze a turbare la gente. Così una mia conoscente di Donetsk percepisce una pensione di 150 dollari (a proposito, alcune categorie di donne vanno in pensione a 60 anni) e questa è considerata una pensione media. I minatori (che vanno in pensione a 45 anni) percepiscono una pensione di 400 dollari, che corrisponde, quasi, a una pensione media in Russia. Vista la situazione nei due Paesi, è chiaro perché la gente preferisca migrare da noi e non viceversa.

I nostri sistema politici vengono spesso paragonati. Le differenze sono evidenti: la Rada ucraina è luogo di accesi dibattiti, mentre in seno alla Duma russa regna un’eterna tranquillità. In Ucraina c’è una reale e feroce concorrenza tra forze politiche del tutto comparabili, con un cambio regolare dei presidenti; da noi, invece, vige un dominio assoluto da parte del potere attuale, che non accenna a cambiare. Tutto ciò è indiscutibile.

Tuttavia le voci circa l’importanza fatale (o benefica) della stabilità (o discontinuità) del potere sono spesso esagerate. In Ucraina ciò è ben visibile. La concorrenza politica non genera né regole chiare di concorrenza economica, né sistemi giudiziari indipendenti, né organismi per la difesa dei diritti umani e così via. Inoltre, la concorrenza nella retorica non sempre aiuta a identificare il “dirigente migliore”, e la concorrenza nella politica non sempre è garanzia di scelte ragionevoli. Ciò, in parte, è dimostrato dalla storia di Yushchenko.

I vent’anni di elezioni in Ucraina hanno dimostrato come, cambiando l’ordine degli addendi, il risultato comunque non cambi. D’altra parte, è anche vero che l’assenza di concorrenza non è affatto il modo giusto per scegliere dei dirigenti di successo. Se, in Europa Occidentale il legame diretto tra la democrazia rappresentativa e l’efficienza dello Stato e del sistema economico è più che dimostrato, questa connessione, in Ucraina, ovviamente, non c’è. Certo, si può sempre dire: “È passato poco tempo, e la democrazia non è ancora matura”. Ma è chiaro che la questione non è così univoca, come molti pensano.

Ciò che non è ancora ben chiaro è se sia nata prima la “gallina della democrazia” o “l’uovo del progresso economico”. In ogni caso, è difficile che Russia e Ucraina possano utilizzare reciprocamente le loro esperienze, sia direttamente (ripetendo i successi), che inversamente (imparando dagli errori): la concorrenza politica è qualcosa di intrinseco al sistema ucraino, così come lo è il monopolio politico per l’Impero russo.

Leonid Radzikhovsky è un analista politico indipendente, politologo e dottorando in Psicologia

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