Vignetta di Niyaz Karim
Ogni anno vengono diffusi numerose riflessioni sociologico-liberali e sondaggi di opinione dal Centro Levada sull'atteggiamento dei russi sulla Giornata dell'Unità nazionale. E ogni anno i sociologi liberali giungono alla stessa conclusione: un russo medio non sa quale evento il Paese celebri il 4 novembre. Peggio ancora, non sa quali qualità umane questa festa dovrebbe promuovere, che emozioni dovrebbe ispirare.
Per la maggior parte della popolazione russa, questo è solo un giorno di vacanza. I liberali quasi mai lamentano questa situazione. Di solito la vedono come ciò che i tedeschi chiamano "schadenfreude", un sentimento di esultanza al fallimento di un'altra iniziativa di Stato. Se tutti questi innumerevoli sociologi ironici, opinionisti di giornali e conduttori radiofonici avessero un minimo sentimento di lealtà civica, dovrebbero vergognarsi di loro stessi e non maledire e demonizzare il "regime".
Si supponeva che l'intellighenzia in Russia, come sua caratteristica, dovesse svolgere il ruolo di portatore di memoria nazionale e tradizioni, educando il popolo e curando le sue malattie, morali e fisiche. Quindi, se la gente non sa che nel XVII secolo la Russia era sul punto di essere distrutta da un conflitto civile, con intervento polacco, non è solo colpa delle autorità che tagliano le ore di storia a scuola e consentono alla televisione di disinformare, piuttosto che informare la gente.
L'attuale situazione di diffusa "schadenfreude" tra i ceti intellettuali della Russia ha pochi precedenti in tutta la storia del Paese. La maggior parte della classe intellettuale russa ha onestamente cercato di educare la gente nei tempi belli e in quelli brutti, prima e dopo la rivoluzione del 1917.
Solo una piccola minoranza di intellettuali estremisti, per lo più i primi bolscevichi dello stampo di Lenin e Trotsky, ha dimostrato notevole indifferenza al patrimonio della Russia, trattando la stessa parola "patriottismo" con disprezzo. Tuttavia, questa piccola minoranza ha lasciato una tale terribile impronta nella storia russa, che avrebbe reso questa minoranza un modello assolutamente da non seguire in un qualsiasi Paese con un minimo senso di memoria storica.
È davvero triste sentire quella retorica ripetuta oggi nei discorsi di alcuni dei moderni "riformatori radicali". Come spesso accade nella storia, l'orientamento di destra o di sinistra non è molto importante, ciò che conta è il radicalismo. Non è un caso che anche i russi comunisti impenitenti convengano nel chiamare Anatoly Chubais, il "padre" della privatizzazione radicale della Russia, un "bolscevico". I bolscevichi avevano lottato per la nazionalizzazione delle industrie, Chubais ha combattuto per la loro "denazionalizzazione" e la privatizzazione, ma ha ampiamente utilizzato i metodi bolscevichi: la coercizione, la manipolazione dei voti, la direzione di un regime dittatoriale con decreto presidenziale.
Come abbiamo permesso a questi bolscevichi di determinare i nostri destini storici? Perché gli ospiti nelle un tempo sofisticatissime stazioni radio della Russia dimostrano una tale gioia riportando tristissime notizie, se la parte danneggiata non è un Paese occidentale, ma la Russia? Perché gli intellettuali russi, dopo aver incontrato un giornalista straniero, immediatamente iniziano a usarlo come una sorta di psicoterapeuta politico, raccontando le chiacchiere e le sciocchezze più terribili riguardanti il proprio Paese? Perché?
Perché queste persone non hanno il senso di unità nazionale, hanno solo il senso di appartenenza a un gruppo, nella migliore delle ipotesi. Non molto tempo prima della Giornata dell'Unità nazionale del 2011, quando si cercavano di individuare i punti deboli delle forze armate russe, Ruslan Pukhov, un analista militare di Mosca, diede una diagnosi precisa: "La mancanza di lealtà civica". Cosa che è davvero pericolosa, per il fatto che questa mancanza di lealtà civica si presenta come una virtù, non come un peccato sulla maggior parte della stampa russa.
Qualsiasi tentativo di infondere questa sensazione nella società è denunciato come "tentativo di instillare una mentalità da fortezza assediata". Svegliatevi, amici miei; leggete i titoli dei giornali da Vancouver a Tokyo, dove viene presentata la Russia come "una forza del male" e un "pericolo per i suoi vicini". Vivere senza nemici e con una mentalità da fortezza assediata è davvero stupido. Ma vivere in una fortezza assediata e non averne la percezione è decisamente idiota.
Dmitri Babich è un opinionista della radio "La Voce della Russia"
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