Il vicedirettore dell'agenzia di statistica Rosstat Konstantin Lajkam (Foto: RIA Novosti)
Nei fine settimana e nei giorni di festa il 60 per cento dei lavoratori russi non si riposa né va a divertirsi. Continua invece a lavorare. Il 2 per cento non si ferma nemmeno durante le ferie. Questa è soltanto una delle conclusioni tratte dall’indagine sul rapporto tra i russi e il loro lavoro, condotta per la prima volta da Rosstat.
L’agenzia di statistica ha poi tirato le somme del sondaggio e risulta che il 21 per cento dei lavoratori russi è insoddisfatto del proprio impiego, ma soltanto il 16 per cento ne cerca uno più adatto. Ne ha parlato a Rossiyskaya Gazeta il vicedirettore di Rosstat Konstantin Lajkam.
Konstantin
Emilevic, è la prima volta che realizzate un’inchiesta così
sfaccettata. Che cosa avete scoperto sul lavoro nel nostro Paese che
prima non sapevate?
Un
bel po’ di cose. Per esempio che non ci sono mai state indagini
sul grado di soddisfazione della gente in merito al proprio lavoro.
L’orario di lavoro è ciò che va più a genio ai russi: il 75 per cento degli intervistati ne è assolutamente soddisfatto. Seguono
a ruota: gli incarichi svolti (68 per cento), la distanza dal luogo di lavoro
e le condizioni lavorative (64 per cento), la soddisfazione morale e
professionale e l’affidabilità del lavoro (55 per cento circa). A seconda
dei criteri però il livello di soddisfazione si differenzia
fortemente tra la gente di città e di campagna, tra donne e uomini,
tra persone di età e livello di istruzione differenti. Per quanto
riguarda i guadagni, per esempio, gli uomini sono più contenti delle
donne.
Evidentemente gli uomini hanno uno stipendio superiore. Da noi c’è
in fondo una certa discriminazione delle donne.
Non traiamo conclusioni affrettate. In base a tutti gli altri
parametri (a parte lo stipendio) le donne giudicano il proprio lavoro
in maniera più positiva degli uomini. E la disoccupazione femminile
è inferiore. Tra l’altro vivono di più.
Di cosa sono più insoddisfatte le persone al lavoro?
Dello
stipendio. Soltanto uno su quattro ne è contento, soprattutto i
pensionati che lavorano ancora e i giovani (29 per cento).
L’istruzione influisce sul livello di soddisfazione lavorativa?
Certamente. Si nota un rapporto di dipendenza diretta: maggiore è il
livello di istruzione, più cresce la soddisfazione professionale e
morale della persona e quella per lo stipendio. Il 45 per cento dei giovani
con una formazione professionale post-universitaria è contento di
quanto guadagna. Un altro risultato interessante: nel settore
informale il livello di soddisfazione per i guadagni è notevolmente
superiore a quello raggiunto nel settore formale.
Ecco uno dei motivi del
fiorire dell’occupazione sommersa.
Sì, ma allo stesso tempo tutti gli altri indici mostrano che la
soddisfazione per un lavoro nel settore informale è di gran lunga
minore. E le persone reputano bassa anche l’affidabilità.
La categoria più felice probabilmente è quella dei dirigenti, vero?
Sì, i due terzi nel settore informale e quasi la metà in quello
formale sono contenti dello stipendio.
E come vanno le cose nei gruppi sociali?
La percentuale più bassa di persone soddisfatte del guadagno (10 per cento) e
dell’affidabilità del lavoro (27 per cento) si riscontra tra i lavoratori
invalidi. Per tutti gli altri parametri però sono, tra tutti gli
intervistati, il gruppo con la maggiore soddisfazione lavorativa. Un
altro gruppo sociale problematico è quello delle donne in
sospensione per maternità fino a un anno e mezzo. La soddisfazione
per il lavoro (che svolgevano prima o dopo la nascita del bambino) è,
secondo tutti i parametri, significativamente inferiore alla media
della popolazione economicamente attiva. L’indagine ha confermato
le nostre aspettative anche nei confronti di altri gruppi sociali che
presentano un’analoga situazione: madri single, famiglie con figli
portatori di handicap o con figli con meno di tre anni, famiglie
numerose. Questa
indagine statistica è importante perché ha permesso di stabilire
numericamente la quantità di chi, all’interno di questi gruppi,
presenta problemi con il lavoro. Questo significa che ora si potrà
fornire una descrizione dettagliata del problema, localizzarlo e
concentrare in modo mirato gli sforzi e le risorse necessarie a
risolverlo.
Dal punto di vista delle condizioni lavorative di cosa si lamentano
di più le persone?
La metà dei lavoratori sperimentano di continuo o a tratti gli
effetti dei fattori produttivi nocivi, e altrettanti sono soggetti ad
altre scomodità (freddo, umidità ecc…). Sulla base di tutti i
parametri in campagna le condizioni di lavoro sono peggiori che in
città. Per le donne in generale sono migliori che per gli uomini,
così come lo sono nel settore formale rispetto a quello informale.
Maggiore è il livello di istruzione, migliori sono nel complesso le
condizioni di lavoro. Un altro grave problema rilevato è la tensione
nervosa e lo stress. Un quarto degli intervistati ha detto di
trovarsi regolarmente in condizioni di stress, mentre a quasi metà
dei lavoratori capita ogni tanto. Nel conteggio finale si arriva al
75 per cento, un indice molto preoccupante.
Cosa si è scoperto sulla sicurezza sul lavoro?
Il quadro non è affatto roseo. Soltanto il 27 per cento degli impiegati
ritiene il proprio lavoro assolutamente sicuro, il 31 per cento lo reputa
abbastanza sicuro, per uno su tre è “in qualche misura pericoloso”
e per l’8 per cento è pericoloso. La situazione degli uomini rispetto a
questo parametro è da considerare fuori dai limiti massimi: uno su
sette fa un lavoro pericoloso (nelle donne il numero è sei volte
inferiore). Inoltre quasi metà degli uomini considera il proprio
lavoro “in qualche misura pericoloso”, vale a dire quasi i due
terzi degli uomini sono esposti in qualche modo a pericoli sul
lavoro. Circa il 2,5 per cento degli intervistati ha fatto rilevare che nel
2011 nella loro azienda c’è stato almeno un incidente. La
situazione è allarmante, converrete anche voi.
Da quanto mi risulta non ha preso in considerazione soltanto il
lavoro fisso degli intervistati, ma anche quelli extra. Quante
persone fanno altri lavori in Russia?
I dati a questo proposito sono molto interessanti. La media
statistica indica il 12 per cento. Ma se
consideriamo l’indice sulla base delle singole categorie dei
lavoratori, le differenze sono enormi. Per esempio non è di poco
conto che il 14 per cento degli uomini in città abbia un secondo lavoro. Tra
le persone con una formazione post-universitaria il numero sale al
19 per cento, di cui il 22 per cento sono uomini. Pensiamo che si tratti con ogni
probabilità di lezioni private. Spesso fanno altri lavori anche le
persone con un’istruzione superiore parziale, quasi il 21 per cento.
E come influisce il lavoro extra sul tempo libero dei russi?
Un intervistato su due con un solo impiego e il 9 per cento di quelli che ne
hanno due lavora regolarmente nei fine settimana e nei giorni di
festa. C’è da dire che soltanto il 2 per cento della
popolazione economicamente attiva svolge un secondo lavoro durante il
periodo di ferie regolari o di ferie aggiuntive non pagate. Circa il
10 per cento dei genitori con molti figli a carico lavora durante le ferie
regolari e pagate, mentre tra le madri single siamo intorno al 4 per cento.
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