Nouvelle Vague nella città nascosta

Musicisti, registi, artisti: storie di under 30 russi si rimboccano le maniche per emergere (Foto: Kirill Lagutko)

Musicisti, registi, artisti: storie di under 30 russi si rimboccano le maniche per emergere (Foto: Kirill Lagutko)

Giovani creativi moscoviti alla ribalta. L'esperienza di chi insegue le proprie passioni artistiche senza perdersi d'animo davanti alle difficoltà

Bisogna superare decine di ostacoli e risolvere centinaia di problemi: economici, morali, creativi. E decidere se rassegnarsi alle criticità o se abituarsi al fatto che esistono, che ogni giorno si fanno sentire, fanno affievolire le speranze, ma al tempo stesso sono fonte di ispirazione. I giovani provano a trovare ispirazione in qualsiasi cosa. Tra creatività e sentimenti, pregiudizi e mancanza di soldi.

Tutto dipende solo dalle proprie paure: della miseria, dell’insuccesso, di non essere compresi, di perdere la gioia di vivere e così via. Possono impedirti di recitare qualcosa, ma uno spettacolo nessuno può impedirti di metterlo in scena. "Nel teatro tutto è possibile, tranne la volgarità e la noia".

C’è uno spiffero. Un piede della poltrona antica si è incastrato nei buchi del parquet sconnesso; un violoncello appoggiandosi al davanzale sbircia fuori dalla finestra socchiusa. Degli archetti pendono dal soffitto, appesi a fili sottili, seguendo il fremito del variopinto vestito a fiori appeso alla parete. In un angolo c’è una sagoma di cartone su cui è raffigurato un uomo dallo sguardo intenso, dietro cui si intravedono delle chitarre e una batteria smontata. Sul divano c’è un gatto dal pelo rosso, Vatslav, che gongola mangiando un pezzo di formaggio fuso. Il caffè scorre veloce lungo le pareti della caffettiera. Sono le cinque del mattino. Il Cistoprudnyj Bulvar si risveglia, suonano i clacson, le ruote fanno rumore sui binari del tram, borbottano le voci stanche dei ragazzi del sabato.

Sasha mentre va a studiare all'Istituto Shukinskoe (Foto: Kirill Lagutko)

Sasha (Aleksandra, ndr) fuma una sigaretta. Tra poco la sessione di esami alla facoltà di Regia dell’Istituto Shukinskoe (dove studia a distanza) ancora una volta la priverà del sonno per un mese intero.

Anno dopo anno Mosca si conferma come una delle città più care del pianeta. Per la sua cena che si trasforma gradualmente in colazione, Sasha ha comprato una bottiglia di vino a buon mercato, una fetta di formaggio e del caffè.

Sei anni fa, quando compì 17 anni, questa studentessa della facoltà di Critica teatrale del Gitis, trasferendosi dalla casa dei genitori in un appartamento di cui condivide l’affitto con i compagni di studi, non pensava nemmeno che un giorno avrebbe potuto fare il lavoro che amava. Alle spalle aveva quattro tentativi falliti di entrare alla facoltà di Recitazione, e quindi aveva frequentato la facoltà di Studi teatrali, dove si iscrivono tutti quelli che non hanno avuto fortuna nelle audizioni.

La porta cigola. Mettere una serratura non avrebbe senso: nessuno sa che qui abita della gente e le persone che invece lo intuiscono sono sempre ben accette. Sulla soglia appare un ragazzo biondo platino che con molta stanchezza trascina nella stanza un contrabbasso.

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Lesha nella sua casa, mentre suona il contrabasso e compone musica (Foto: Kirill Lagutko)


Lesha, compagno di studi di Sasha alla facoltà di Critica teatrale, lavora per la nota rivista moscovita Afisha di cui firma una rubrica intitolata “Il teatro con Aleksei Kiseliov”. Nel tempo libero, quando non è impegnato a scrivere caustiche recensioni, suona il contrabbasso, compone musica sperimentale. E quando la tristezza prende il sopravvento mette in scena lui stesso degli spettacoli. A differenza di Sasha, Alexei non ha problemi economici: la fidanzata gli ha proposto di vivere nello studio di suo padre, uno scultore, per cui non hanno affitti da pagare.

"Una volta abbiamo trovato il testo stenografato di un incontro tra Putin e alcuni rappresentanti del mondo della cultura -, racconta Lesha. - Il titolo era: Il capo del governo Putin ha incontrato i partecipanti e gli organizzatori della serata letteraria e musicale di beneficenza “Il Piccolo principe”. Il testo era senza autore, e abbiamo deciso di provare a giocarci un po’, di dargli una forma drammatica. Lo abbiamo intitolato proprio come lo stenogramma. Abbiamo cercato di escluderne qualsiasi aspetto politico, ma tale aspetto naturalmente esiste a priori. Nel nostro Paese non ci sono problemi di censura, se lavori in un collettivo indipendente - aggiunge Lesha - L’unico problema è trovare un finanziamento per il progetto: naturalmente, in questo caso, nessun fondo e nessun ente statale è disposto a darti supporto".

Sasha si è presentata alle audizioni per attori con costanza e caparbietà, prima di capire che voleva fare la regista. All’Istituto Shukinskoe è riuscita a entrare al primo tentativo. Per pagarsi il primo semestre di studi ha dovuto lavorare per un anno come barista di notte e partecipare a vari festival teatrali organizzati dai suoi compagni di università. Le lunghe conversazioni con i clienti del bar, che sedevano malinconici dall’altra parte del bancone, gli straordinari sul lavoro e le notti insonni hanno temprato il suo carattere e le hanno insegnato a non mischiare i drink. Solo vino, oppure whisky.

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Kostya con i suoi disegni (Foto: Kirill Lagutko)

Le sue amiche della facoltà di Critica teatrale a volte si concedono di mischiare rum e coca cola. Il lavoro al Centro teatrale Mejerchold (Tsim) comincia all’una del pomeriggio, c’è tempo per dormire fino alle undici. Masha Starigina, per gli amici “Maman”, si dedica alla sua attività preferita: si occupa degli spettacoli. In generale, le piace darsi da fare. Allo Tsim, Masha lavora come prima specialista dei progetti creativi.

Nel tempo libero, che Masha ama comunque dedicare interamente al lavoro, Maman pubblica gli annunci dei suoi amici registi sulla propria pagina di Facebook. L’annuncio di oggi recita: "Mi servirebbero per favore tre pianoforti rotti, un po’ di mobili vecchi e degli elettrodomestici guasti. Se avete quello che mi serve passo io a ritirarlo alla fine di settembre! Grazie per l’attenzione". Masha lavora insieme a Olia, un’ex compagna di corso alla facoltà di Critica teatrale. Il ragazzo di Olia, Kostia, è uno scenografo e ha studiato con uno dei migliori insegnanti del nostro Paese, Dmitri Krymov. Attualmente è in corso una sua mostra, i suoi lavori sono esposti in un teatro a Neglinnaya. Oltre a questo ha vari altri progetti, ma per ora nessun impiego fisso.

"Sopravvivere facendo soltanto il lavoro che si ama è un compito difficile per un giovane regista e per i suoi attori. Ci sono spettacoli che hanno successo e che attirano folle di spettatori, ma sono delle eccezioni, dei casi isolati. In parte è un problema di produzione o di finanziamenti statali, del sistema teatrale nel suo insieme, dei mezzi troppo scarsi che vengono assegnati per la messa in scena, sempre che vengano assegnati. Dopo gli anni d’oro dell’accademia, gli studenti, abituati a un carico di lavoro costante, si trovano abbandonati e non sono in grado di guadagnarsi dei soldi con la loro professione", spiega Masha.

Sasha ha un’idea: quattro attori, luci dall’alto, monologhi, minimalismo e una domanda retorica: “Chi sono io veramente?”. Tutti gli spettacoli a grandi linee si assomigliano. Così come le storie della gente. Katia ha conosciuto Sasha sette anni fa e la sua storia, a prima vista, è molto simile: non ha terminato gli studi di Giornalismo, si è iscritta prima alla facoltà di Recitazione e infine a quella di Regia.

Forse per i retaggi della sua prima professione, Katia ha un approccio molto giornalistico alla creatività: "In Russia si può mettere in scena qualunque cosa, anche se non dappertutto - dice Katia - questo  qualunque cosa dipende solo dalle proprie paure: della miseria, dell’insuccesso, di non essere compresi, di perdere la gioia di vivere e così via. Possono impedirti di recitare qualcosa, ma uno spettacolo nessuno può impedirti di rappresentarlo in scena. Il pubblico non sempre mi capisce, ma questo può significare che io non ho scelto la lingua in cui parlargli. Credo che il pubblico possa capire tutto".

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Katia al buffet del centro culturale “Bulgakovsij Dom” dove lavora come regista (Foto: Kirill Lagutko)

Katia abita in un grande appartamento in condivisione insieme ad attori, scenografi e altri giovani che lavorano al centro culturale “Bulgakovskij Dom”.

In mezzo alla sua stanza c’è una grande vasca da bagno nella quale per ora le tocca dormire. In compenso, il suo spettacolo Moi papa (Mio papà, ndr) è stato in tournée in Polonia e in Germania, dove la regista Katia non è potuta entrare: le è stato rilasciato il visto troppo tardi. L’appartamento le è stato assegnato gratuitamente dai proprietari del centro culturale e la giovane regista non ha bisogno di pagare l’affitto, che al centro di Mosca sarebbe caro. Qualche tempo fa Katia e Sasha insieme hanno messo in scena delle opere di Bulgakov, hanno ideato gite teatrali e serate di poesia. Katia guadagna 7mila rubli mensili (circa 150 euro, ndr), arrotonda lo stipendio come sceneggiatrice e costumista, fattorina, attrice e insegnante. Eppure, qualunque lavoretto faccia per guadagnare un po’, ribadisce orgogliosa: "Io sono una regista".

Per Sasha questo è un momento fortunato: il responsabile del suo corso le ha proposto di mettere in scena uno spettacolo nel suo laboratorio teatrale; le prove del progetto sono in corso, Sasha interpreta il ruolo della protagonista e ha un mucchio di testo da imparare. Due settimane fa stava per abbandonare l’istituto, ma adesso non ha più fretta di farlo: "Il teatro può essere politico, documentario, psicologico di tipo classico, realistico, metafisico, convenzionale oppure no, e via dicendo. Ma tutte queste non sono che parole. Nel teatro mi interessano le persone. Quelle con cui ho a che fare sul palco, prima di tutto, perché un simile grado di apertura, di sincerità tra persone che magari si conoscono appena è possibile solo in teatro, nel processo di lavoro. In teatro tutto è possibile, tranne la volgarità e la noia; non lo dico io, lo disse Stanislavski. Vado a teatro per vedere delle persone belle. E una bella persona può decidere di dire qualunque cosa dal palcoscenico: imprecare, spogliarsi, parlar male di Putin, questo è quel che penso io. Stanislavski non si pronuncia".

Il reportage è stato pubblicato sul numero cartaceo di "Russia Oggi" del 18 ottobre 2012

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