Pussy Riot, scarcerata Ekaterina

Ekaterina Samutsevich torna a casa dopo la nuova sentenza del tribunale municipale di Mosca, che ha convertito la sua pena in due anni di libertà vigilata (Foto: AP)

Ekaterina Samutsevich torna a casa dopo la nuova sentenza del tribunale municipale di Mosca, che ha convertito la sua pena in due anni di libertà vigilata (Foto: AP)

Al processo d'appello il tribunale ha convertito la pena della giovane attivista a due anni di libertà vigilata. Nulla cambia invece per le altre ragazze. E il legale avverte: "Ricorreremo alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo"

Concessa la libertà vigilata a Ekaterina Samutsevich, una delle attiviste del gruppo Pussy Riot. Le altre due ragazze che hanno partecipato alla scandalosa azione di protesta nella Cattedrale di Cristo Salvatore, saranno invece trasferite in una colonia penale. Questo il verdetto emesso dal tribunale municipale di Mosca, che il 10 ottobre 2012 ha affrontato il processo d’appello.

Alla fine di febbraio 2012 il gruppo Pussy Riot ha eseguito nella cattedrale moscovita la cosiddetta preghiera-punk rivolta alla Vergine, per “liberare il popolo da Putin”. Il video della performance era stato poi caricato su Internet, riscuotendo grande interesse.

Il 17 agosto 2012, il tribunale Khamovnicheskij di Mosca ha condannato le tre componenti del gruppo Nadezhda Tolokonnikova, Maria Alekhina ed Ekaterina Samutsevich, a due anni in una colonia penale.

La Cassazione ha quindi confermato la pena per Nadezhda Tolokonnikova e Maria Alekhina, mentre la condanna di Ekaterina Samutsevich è stata convertita in due anni di libertà vigilata. Fra le argomentazioni a favore della Samutsevich, ci sarebbe la tesi che la ragazza non sarebbe stata presente nell’ambone della cattedrale durante la performance.

“Non ha cantato. Non ha pregato. Non ha saltato. Non ha fatto nemmeno in tempo a infilare la chitarra. Lo dimostra anche il video”, ha spiegato l’avvocato della ragazza, Irina Khrunova.

Le attiviste hanno inoltre affermato che la loro performance non era rivolta contro i credenti e hanno chiesto perdono a chi si è sentito offeso.

“Non ho mai nutrito alcun tipo di odio religioso. E non c’era astio nella nostra azione – ha detto Ekaterina Samutsevich -. Chiedo scusa, se qualcuno si è sentito chiamato in causa”.

“Forse la nostra forma di protesta è effettivamente inaccettabile per la società in cui viviamo – ha aggiunto Maria Alekhina -. Forse la gente non è pronta a manifestazioni come quella della Cattedrale di Cristo Salvatore”.

I legali delle ragazze hanno cercato di ottenere la libertà non solo per la Samutsevich, ma anche per le altre due giovani. L’avvocato Mark Feiginn ha comunque annunciato che si rivolgerà alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

“Non è chiaro perché il tribunale si sia espresso diversamente. Non capisco cosa cambi nei ruoli che hanno avuto le giovani e su come si sono svolti i fatti. Avevamo il diritto di ottenere la liberazione di tutte e tre le ragazze”, ha affermato l’avvocato delle Pussy Riot.

Sia le attiviste, sia gli avvocati, sostengono che la decisione del tribunale non ha comunque causato alcuna spaccatura nel gruppo.

“Credo che questa decisione fosse predeterminata, e che fosse già stata concordata all’interno del gruppo – ha dichiarato l’osservatore politico della radio Kommersant FM, Stanislav Kucher -. Forse mi sbaglio. Forse mi giudicheranno per questo. Ma ho questa sensazione”.

“Quella del tribunale è stata una valutazione completa, che ha preso in considerazione tutte le prove del caso - ha concluso il capo del Comitato per la Sicurezza della Duma, Irina Yarovaya -. La condanna della Samutsevich è stata cambiata per via della diversa responsabilità della ragazza in ciò che è accaduto”.

L'articolo è stato realizzato con materiale tratto da Ria Novosti e da Kommersant Fm

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