A poco meno di un anno di distanza dall'apertura del gasdotto, Nord Stream inaugura il secondo ramo che collega la Russia all'Europa: un progetto che consentirà di trasportare verso Occidente fino a 55 miliardi di metri cubi di gas all'anno (Foto: Re
Nord Stream raddoppia, e lancia un nuovo braccio verso Occidente. Alla presenza del Presidente russo Vladimir Putin, l’8 ottobre 2012 è stato inaugurato il secondo ramo del gasdotto Nord Stream, il più grande progetto di politica energetica portato avanti dal Cremlino negli ultimi dodici anni. Un braccio lungo 1.224 chilometri, buona parte dei quali appoggiati sui fondali del Mar Baltico, i cui costi ad oggi non sono ancora del tutto chiari: ufficialmente sarebbero stati spesi 15 miliardi di euro (6 miliardi per la parte sopra il livello del mare, e altri 8,8 miliardi per il tratto subacqueo).
Alla società Nord Stream AG partecipano Gazprom per il 51 per cento, le compagnie tedesche Wintershall ed Eon con il 15,5 per cento a testa, la compagnia francese Gdf Suez e l'olandese Gasunie rispettivamente col 9 per cento ciascuna.
L’idea di diversificare il percorso che compie il gas russo, estratto dalla Siberia occidentale, nel suo tragitto verso l’Europa, è stata concepita da Gazprom ancora all’inizio degli anni Novanta dopo il crollo dell’Unione Sovietica, quando i condotti per l’export risultarono essere sotto il controllo di Ucraina e Bielorussia.
Con la salita al potere di Vladimir Putin, il Cremlino ha puntato a un giro di vite su tutte le vie dell’export del gas russo verso l’Occidente. Mosca aprì infatti le trattative con Minsk per acquisire il controllo di un pacchetto nella compagnia bielorussa Beltransgaz, e diede il via alle contrattazioni con Kiev per creare un consorzio tra Gazprom e Naftogaz sulla base del sistema ucraino di trasporto del gas.
Tutto però cambio alla fine del 2003, quando il presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko decise di non voler dividere Beltransgaz, causando i primi conflitti tra i due vicini. Poco dopo in Ucraina scoppiò la Rivoluzione Arancione, dietro la quale il governo russo vide il tentativo da parte degli Stati Uniti di ridurre l’influenza di Mosca sull’area post-sovietica. E fu proprio allora, nel 2004, che venne presa la decisione definitiva di realizzare una pipeline, in barba ai condotti già esistenti.
Il Cremlino allora rispolverò il progetto del gasdotto subacqueo che attraversa il Baltico: nel 2001, infatti, Gazprom sottoscrisse un memorandum con la compagnia finlandese Fortum.
Da lì in poi, il progetto iniziò a crescere. Nel settembre 2005 Gazprom, Ruhrgas e Basf firmarono un accordo per la realizzazione del gasdotto.
Il primo tratto del progetto ha la capacità di trasportare 27,5 miliardi di metri cubi di gas all’anno. La stessa potenza che dovrebbe avere anche il secondo braccio. In questo modo, le due linee del gasdotto possono trasportare in Germania fino a 55 miliardi di metri cubi di gas all’anno, circa un terzo del volume totale dell’export russo verso l’Europa (circa 150 miliardi di metri cubi all’anno).
Considerando inoltre il fatto che dal 2011 Gazprom ha consolidato il controllo su Beltransgaz, adesso Mosca può convertire una parte del volume del gas dall’Ucraina verso il nuovo gasdotto.
“Nord Stream è un progetto che garantisce la sicurezza energetica della Russia – ha spiegato l’analista Valery Nesterov –. E assicura praticamente la totale indipendenza ai Paesi di transito. Questo gasdotto dà a Gazprom capacità di manovra, rendendolo un giocatore ancora più potente sul mercato”.
Anche la società Nord Stream AG è convinta che il progetto offra grandi opportunità. Durante la presentazione, la compagnia ha stimato una richiesta aggiunta dell’import di gas da parte dell’Europa pari a 180 miliardi di metri cubi entro il 2030. Inoltre l’Unione Europea ha in programma di diminuire le emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera, e il gas naturale, in questo senso, risulta essere il combustibile più pulito.
L'articolo originale è stato pubblicato su Kommersant Vlast
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