La famiglia Pasternak: Boris è il secondo in alto da sinistra. Lydia è la prima a destra (Foto: PhotoXPress)
Nicolas Pasternak Slater, nipote di Boris Pasternak, porta alla luce le poesie liriche della madre, la quale scrisse in tedesco, russo e inglese. Nicolas sta collaborando con il Dipartimento di Studi Slavistici dell’Università di Vienna, per pubblicare un’edizione in tre lingue delle poesie della madre, Lydia Pasternak Slater.
Lydia Pasternak non era conosciuta come lo era invece il fratello, uno dei poeti più amati del XX secolo e autore de “Il dottor Zivago”. Tuttavia, la sua poesia le permette di distinguersi dagli altri membri di questa famiglia dalla lunga tradizione letteraria. Scritte in tedesco, russo e inglese, i suoi versi si contraddistinguono per liricità e varietà; si passa dalle composizioni scherzose scritte per i colleghi alle riflessioni sui periodi bui della sua vita. Le sue opere riflettono anche l'amore per la natura, una passione che condivideva con il fratello, Boris.
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Lo slavista Vittorio Strada La mia Russia insieme a Pasternak |
La famiglia Pasternak si divise nel 1921, anno in cui i genitori di Boris e le due sorelle emigrarono dalla nascente Unione Sovietica alla volta di Berlino. Pensavano che la famiglia si sarebbe riunita, ma la situazione politica e la determinazione di Boris a vivere e lavorare in Russia impedirono che ciò accadesse.
Durante questa separazione, che durò una vita, Boris Pasternak si dedicò alla stesura delle sue opere, spinto dalla forte convinzione che la sua visione artistica fosse giusta. Il suo romanzo di carattere storico-epico uscì di nascosto dall'Unione Sovietica e subito dopo la pubblicazione riscosse fama mondiale. Egli fu costretto a rifiutare il Premio Nobel e dovette fare i conti con la disapprovazione e il disdegno della società sovietica fino al giorno della sua morte, nel 1960.
Nicolas Pasternak Slater è un ematologo in pensione che ora interviene a festival e conferenze e lavora anche come traduttore. Crebbe in una famiglia in cui lo zio assente era una presenza costante, una figura che egli sentiva di conoscere intimamente, nonostante non comunicasse mai direttamente con lui.
Il ricordo di come la famiglia gioì quando ricevette una lettera dall'estero lo spinse a tradurre e rivedere una collezione di lettere dello zio, pubblicata con il titolo “Boris Pasternak: corrispondenza di famiglia, 1921-1960”.Questa corrispondenza familiare fu racchiusa da Boris Pasternak in un diario e ci consente di entrare nella mente di un uomo sostenuto da una salda fiducia in se stesso.
Che cosa l'ha spinta inizialmente a tradurre la
corrispondenza tra Boris Pasternak e la sua famiglia?
Avevo ricordi molto nitidi della mia infanzia e della gioia che pervadeva
la casa quelle poche volte in cui arrivava una lettera dalla Russia. Proprio
alla fine della guerra, quando avevo sette anni, riuscivamo a ricevere lettere
tramite i diplomatici inglesi e mia madre si commuoveva. Dava un colpo di
telefono alla sorella e parlavano di eventuali cose di cui non erano al
corrente, assicurandosi che in casa andasse tutto bene.
Quanto la sua famiglia era a conoscenza della reale vita di Boris?
Nelle lettere egli non parlava dettagliatamente delle cose tremende che
vedeva, ma scriveva in termini generali: ad esempio, “Se solo sapeste quello che
mi sta succedendo, non ce la faccio più, mi metterei a gridare”. Sapevano delle
cose terribili che capitavano, di gente che spariva, che veniva arrestata e che
queste erano cose di cui egli non poteva parlare nelle lettere. Cercavano
quindi indizi e allusioni, nel tentativo di decifrare il linguaggio in codice
che egli utilizzava. Quando, ad esempio, Vladimir Sillov fu arrestato e
fucilato, Boris scrisse che “era morto della stessa malattia di cui era morto
il marito della povera Liza, pensava troppo e a volte ciò porta a questo tipo
di meningite”. La famiglia sapeva che il marito della povera Liza era stato
fucilato nel 1918 e tale allusione a “la stessa malattia” era un messaggio chiaro
di quello che era successo.
In che modo queste lettere ci aiutano a capire il carattere di Pasternak?
Ci mostrano la sua grande forza interiore. Non aveva bisogno del
supporto degli altri. Era molto solo ma ciò che gli dava forza era la certezza
che quello che stava facendo fosse giusto. Credeva nelle sue poesie e più tardi
nel romanzo che stava scrivendo e questo compensava tutto il resto. Persino
negli anni Cinquanta, mentre lavorava a “Il dottor Zivago” ed era perseguitato e
ricercato, scrisse: “Non preoccupatevi per me, sono felice, non sono
probabilmente mai stato così felice”. Era contento che quello che stava facendo
fosse la cosa giusta. Era una persona straordinaria da questo punto di vista,
in quanto si faceva coraggio con la forza che egli aveva dentro di sé.
Queste lettere ci aiutano a far luce su “Il dottor Zivago”?
“Il dottor Zivago” racconta gli eventi russi degli anni della rivoluzione e
di quelli successivi. Ma il centro del romanzo è una storia raccontata dal
punto di vista delle persone. In particolare, l’autore è interessato alla vita
interiore dei suoi personaggi e al modo in cui questa li mantiene vivi. Zio Boris
credeva fortemente nella vita come una specie di forza molto più grande ed
interessante degli eventi esterni. In una delle sue poesie egli scrive: “Essere
vivi, questa è l’unica cosa che conta, essere vivi e ardenti fino al giorno
della morte”. Questa era davvero l’unica cosa che gli interessava; vivere la
propria vita in modo onesto e creativo.
Lei è tentato di fare una traduzione di famiglia de “Il dottor
Zivago”?
Sinceramente no. Prima di tutto credo che le traduzioni già esistenti siano
buone e non credo che il solo fatto di essere un membro della famiglia possa
far sì che io apporti qualcosa in più alla traduzione. Al momento mi sto
occupando della traduzione delle poesie di mia madre, la sorella di Boris. La
pubblicazione è difficile perché ella scrisse in tre lingue, russo, tedesco ed
anche in inglese. Il risultato sarà un libro in tre lingue, non vedo l’ora che sia
pronto.
Ci parli della poesia di sua madre.
Le sue poesie sono molto personali, molto legate alla sua vita, che fu
piuttosto infelice e contraddistinta da storie di amori altrettanto infelici.
Ci sono anche poesie liriche dalla forte carica emotiva, che hanno per soggetti
il paesaggio, la natura, il mare. Era una persona molto passionale ed amava la
natura probabilmente più di qualunque altra cosa. Scrisse le poesie in tedesco
nel periodo in cui lavorava all’Istituto scientifico di Monaco. Era molto ben
voluta dalle colleghe, le quali festeggiavano di continuo: compleanni, nuovi
arrivi, persone in partenza. Per una qualunque evenienza Lydia Pasternak si
apprestava a scrivere per gli amici una poesia che celebrasse quell’evento.
Queste poesie testimoniano quindi la sua spensieratezza. Son, infatti, piuttosto
ironiche, satiriche e divertenti da leggere.
A suo tempo la pubblicazione de “Il dottor Zivago” suscitò
grande scalpore. Cosa ne pensa del modo in cui è percepita la cultura russa al
giorno d’oggi?
Credo che l’opinione dei Paesi occidentali sulle sorti della cultura
russa sia più negativa che in passato. Molto raramente si legge di scrittori
russi contemporanei e degli sviluppi nella cultura russa. Ciò non significa che
manca l’interesse. Recentemente sono intervenuto ad un weekend di cultura russa
organizzato alla Stonehill House nell’Oxfordshire, che ha riscosso molto
successo fra i partecipanti. Ho presentato un film che mostrava come l’opinione
pubblica fosse incredibilmente stata mobilitata contro Boris, con comizi di
massa ad opera di intellettuali ed operai, che all’unanimità condannarono Boris
in quanto autore di questa tremenda calunnia rivolta alla società sovietica.
Con fare succube, queste persone gli puntavano il dito contro per ciò che
conteneva il libro, ma ovviamente nessuna di loro lo aveva mai letto.
Com’è possibile che, nonostante una condanna aperta tanto
spietata, Pasternak sia riuscito a scampare al Gulag?
Prima di tutto e sopra ogni cosa, Stalin era anche un poeta. Le sue
poesie sono liriche e personali. Forse vedeva Boris come un altro di quei poeti
che non aveva un programma politico e che era coinvolto soltanto sul piano
personale. Forse Stalin riteneva che in questo modo Boris non potesse
rappresentare una minaccia. Questa non era la visione solita, in quanto nel
pensiero critico sovietico bisognava essere coinvolti politicamente. Un
qualsiasi tentativo di non essere coinvolti politicamente era di per sé un atto
più o meno grave di tradimento. La classe dirigente era schierata contro di
lui. Sicuramente all’epoca del caso Zivago era ciò di cui veniva rimproverato.
Non tanto perché nei suoi testi malediceva senza indugio la società sovietica
ma perchè faceva il tutto con orgoglioso disinteresse.
Pensa che la letteratura, come mezzo di protesta, sia in
declino, non solo in Russia ma nella società in generale?
Non credo che un’opera letteraria possa rimodellare la società russa
più di altre. Una delle ragioni è probabilmente l’essere sommersi da parole nei
contesti più svariati, Internet come i giornali. Al giorno d’oggi, invece di un’unica, grande, massiccia protesta, esistono
proteste di massa ad opera di milioni di persone in Internet che, data la
portata, possono comunque essere molto efficaci. Penso che continueranno a esistere le proteste sottoforma di opere letterarie, ma, probabilmente, un mezzo
di protesta molto più efficace è rappresentato da mezzi di comunicazione di
massa come Twitter.
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