Nella provincia russa in pochi si interessano alle Pussy Riot, che sono, invece, un caso mediatico a livello mondiale (Foto: Itar -Tass)
È passato poco dalla sentenza con cui un tribunale russo ha condannato a due anni di carcere tre ragazze appartenenti alle Pussy Riot per aver intonato all’interno della Cattedrale di Mosca una “preghiera punk” contro il Cremlino, ma padre Boris, il prete di una chiesa rurale situata a circa cento chilometri dalla capitale russa, ha altre cose per la testa.
“Non ci penso affatto -, afferma. - Io sono un prete e basta. In ogni caso, di quella faccenda se ne è parlato sin troppo”. La sua chiesa, costruita nel 1841 nei pressi di un fiume e circondata da uno splendido campo, sta subendo una radicale ristrutturazione: al pari di molte chiese rurali, nei primi decenni di regime comunista fu completamente distrutta, ridotta a un mucchio di rovine. Mentre padre Boris parla, i lavori procedono a un ritmo sostenuto. “Cosa possiamo fare se esiste la politica? Nulla. Noi ci occupiamo della fede”, conclude con un sorriso.
Se tra il ceto medio, vicino alle proteste, il suo atteggiamento rassegnato apparirebbe fuori luogo, in questo luogo alle porte di Mosca è del tutto normale. Benché in molti abbiano temuto che la vicenda delle Pussy Riot potesse generare una spaccatura all’interno della società russa, una buona parte dei cittadini semplicemente non ci pensa. E non perché non abbia una coscienza civile, ma perché si è presi da altri problemi.
“Il loro comportamento è stato scandaloso, meritano una punizione”, afferma Elena, un’insegnante di musica che nel fine settimana presta servizio come volontaria nel coro della chiesa. “Forse la sentenza è stata troppo dura, ma dipende dal giudice. Non so se sia stato un gesto politico o meno. Non so come siano andate le cose”, aggiunge.
In Occidente le carnevalate delle Pussy Riot erano viste soprattutto nell’ottica di una rivolta politica e femminista: quattro donne con indosso dei passamontagna dai colori sgargianti che all’interno di una chiesa cantano in playback una canzone ispirata al Presidente Vladimir Putin, e che comprende tra l’altro il verso Santa Merd*, di cui poi divulgano il filmato tramite YouTube.
E se il caso ha colpito la sensibilità del ceto medio russo, portato alla rivolta, all’estero ha avuto una risonanza senza precedenti, ed è stato salutato come momento fondamentale nella storia della politica russa.
Osservando i fatti con maggior attenzione, si può notare, però, che a interessarsi alla vicenda è per lo più un ceto medio statisticamente poco rappresentativo. Da uno studio pubblicato dal Centro Levada (organizzazione non governativa di ricerca) il 17 agosto 2012, il giorno stesso del verdetto, emerge che secondo circa il 44 per cento dei russi il processo alle Pussy Riot è stato “equo, obiettivo e imparziale”. Solo il 25 per cento ritiene invece che sia stato frutto di una vendetta personale da parte della Chiesa ortodossa e del Cremlino, mentre il 41 per cento crede che sia nato dal fatto che così tanti cristiani ortodossi si sono sentiti insultati dall’esibizione delle Pussy Riot.
“Sì, c’è stata un’ondata, una forte reazione, ma non direi che l’intera società ha reagito in quel modo-, spiega, secondo quanto riportato da Gazeta.ru, Lev Gudkov, che dirige il Centro sondaggi Levada. - Solo circa il 15-18 per cento delle persone segue la vicenda; gli altri sono per lo più indifferenti”.
Il caso presenta delle implicazioni – come il rapporto tra Chiesa e Stato, e la loro vicinanza, forse eccessiva, e i russi lo sanno, ma questo non desta clamore. “Il processo ha fatto emergere dei problemi già esistenti, ma ogni luogo vive i propri -, afferma Andrei Zolotov, un giornalista di Mosca specializzato in questioni religiose. Nella regione di Voronezh, ad esempio, la gente non si preoccupa tanto delle Pussy Riot quanto dei progetti per la creazione di una miniera di nichel nella zona. Il movimento di protesta contro la miniera si è mobilitato in un modo assai simile a quello delle manifestazioni che furono organizzate a Mosca contro le elezioni parlamentari e presidenziali. In particolare però, proprio com’è accaduto nel caso delle Pussy Riot, molta gente si è domandata quale ruolo potesse avere la Chiesa in quella faccenda. È dalla parte della gente o dalla parte delle autorità? Si tratta di una questione che sta assumendo una certa rilevanza in molti conflitti tra società e autorità”.
Se la società si spacca, non è tanto sul fatto che le Pussy Riot meritino o meno di finire in carcere, ma su questioni più importanti, che esistono da molto tempo. Artem Toropov, un avvocato di Mosca che quest’anno ha partecipato all’ondata di manifestazioni di protesta contro il governo, ha una visione moderata del Cremlino e delle sue iniziative, ma nota con preoccupazione una certa distanza tra le proprie posizioni e quelle di grande parte della popolazione.
“La reazione della gente mi spaventa: tra il 40 e il 60 per cento delle persone ritiene si sia trattato di un processo equo -, dichiara. - Se l’Occidente osservasse da vicino la reazione delle masse, si renderebbe conto che la Russia è tornata al 19esimo secolo, quando esisteva una nobiltà illuminata e un popolo che nella maggior parte dei casi non la sosteneva”.
L'articolo è stato pubblicato sul numero di "Russia Oggi" del 6 settembre 2012
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