La ballerina Petra Conti (Foto: Brescia Amisano Teatro alla Scala)
Una Tatjana italiana dall’animo russo, Petra Conti, è protagonista al Teatro alla Scala di Onegin (dal 7 al 18 settembre 2012), il balletto tratto dal romanzo in versi di Pushkin che il coreografo John Cranko creò nel 1965 su musiche di Tchaikovsky.
La ventitreenne Prima ballerina scaligera è raggiante di interpretare per tre recite (11, 13 e 14 settembre 2012) l’eroina capostipite della letteratura russa, che ha imparato ad amare proprio a San Pietroburgo, dove si è perfezionata per un anno.
Perché scelse di
completare la sua formazione in Russia?
Dopo il diploma all’Accademia Nazionale di Danza di Roma
sentivo il bisogno di migliorare la mia tecnica e tra il 2007 e il 2008 ebbi la
possibilità di studiare con la compagnia del Teatro Mariinskij, il tempio del
balletto. Ad esaminarmi fu proprio l’allora direttore del ballo, Makhar Vaziev,
che oggi è il mio direttore alla Scala. Sarà lui in seguito a chiamarmi alla
Scala, ad affidarmi da debuttante assoluta il ruolo di Giselle - che preparai
con sua moglie, l’ex stella del Mariinskij Olga Cenchikova – e a nominarmi
Prima ballerina, sul palcoscenico del Teatro Bolshoj di Mosca dove eravamo in
tournée.
Fu difficile ambientarsi
al Mariinskij?
Solo per poco. L’eccezione di avere una straniera in
compagnia venne presto superata e i ballerini mi accolsero amichevolmente:
facevo lezione con loro, andavamo a mensa insieme, potevo stare dietro le
quinte ad ammirare gli artisti in scena. E mi aiutavano con il russo, che
all’inizio non conoscevo affatto, ma che dopo tre mesi già parlavo, forse
grazie a una predisposizione per le lingue slave che mi viene dalla mamma
polacca, ex ballerina. Ho stretto belle amicizie, anche con grandi nomi del
balletto, ma soprattutto con le giovani del corpo di ballo, che frequentavo
anche fuori dal teatro.
Cosa ha tratto da
quell’esperienza?
Seguita per un anno da Elvira
Tarasova, ex ballerina ora maître, ho studiato vari ruoli del repertorio -
soprattutto Giselle, con il quale poi
ho debuttato alla Scala - imparando tecnicamente e artisticamente ad affrontare
un personaggio, fino a cambiare del tutto il mio modo di lavorare.
Un’esperienza fantastica, circondata com’ero da mostri sacri del balletto, che
ho osservato da vicino lavorare, così da capire veramente cos’è la danza.
Come si immerse nella cultura russa?
Non è stato difficile, bastava
godersi la città, che offre tutto per chi ama il balletto e la musica: oltre al
Mariinskij, il Teatro Michailovskij, il Conservatorio, la compagnia di Boris
Eifman… E che dire dell’Ermitage? Ma soprattutto mi ha colpita la cultura della
gente comune, anche umile, che ama l’arte, vede ogni spettacolo, segue gli
artisti. Insomma, mi sono veramente integrata, tanto che per un anno mi sono
sentita russa anch’io: lasciare la Russia infatti è stato un dramma.
Evgenij Onegin fu tra le sue
esperienze culturali pietroburghesi?
In Russia ho approfondito la
conoscenza della letteratura russa, che mi appassionava già da adolescente. Ho
riletto anche Evgenij Onegin di
Pushkin, persino in lingua originale, per coglierne il suono poetico. Al
personaggio letterario guardo per il mio ruolo, studiando ogni sfumatura dei
versi di Pushkin, ma è vero che mi rispecchio in Tatjana, così malinconica e
introversa come sono anch’io. Cerco quindi di creare il ruolo anche in base
alle mie esperienze di vita, tra cui l’innamoramento: mi viene naturale, perché
accanto a me in scena nel ruolo di Onegin ci sarà questa volta il mio
fidanzato, il Primo ballerino Eris Nezha.
Un desiderio legato alla Russia?
Tornare a San Pietroburgo, per
rivedere gli amici e… chissà, ballare finalmente su quel palcoscenico del
Mariinskij tanto sognato, proprio come avvenne un anno fa al Bolshoj di Mosca.
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